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Autore Discussione: Giuseppe Provenzano Il Pd e la nuova Questione Meridionale  (Letto 2576 volte)
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« inserito:: Gennaio 30, 2009, 10:51:47 pm »

Il Pd e la nuova Questione Meridionale

di Giuseppe Provenzano


Le cronache non se ne sono accorte; ma a un mese di distanza dalla direzione nazionale del Pd sommessamente si può dire: forse, malgrado la lunga stagione della "tramontana", torna il Mezzogiorno. Nella relazione di Veltroni, in molti interventi della prima vera discussione di un gruppo dirigente uscito dall'afasia, è tornato nella sua cogente questione democratica: ora che la crisi, come avvertono gli studiosi, avrà ripercussioni soprattutto sulla sua debole economia. È tornato coi suoi nodi politici, economici e sociali, che fanno impallidire le indagini giudiziarie e che le inchieste, tuttavia, aggrovigliano. Ha fatto capolino l'amara consapevolezza del declino di una stagione di consenso, certificato elettoralmente già ad aprile.

Stagione fallita, s'è detto; ma sia chiaro: apre le porte a una destra frastornante sempre appagata dallo stato delle cose, a un baratro per la tenuta civile dell'intero paese. Una domanda, però, è stata rimossa: dov'era finita la politica, e dove la morale, quando nonostante il governo nazionale e locale - con la possibilità di intervento pubblico, che tanto può fare in un'"economia dipendente" come quella meridionale - arretratezza e squilibrio si sono aggravati? È stata una certa "frigidità" meridionalista del Pd a lasciare proliferare anche a sinistra oligarchie locali con cui la dirigenza nazionale tutto ha osato, subendo e imponendo una nefasta reciproca "non interferenza".

Il Sud si è "demoralizzato" per un vuoto di progetto, in cui si è affermato un modello di società fatto di commistioni improprie tra poteri, del resto assai comuni nelle società scarsamente sviluppate. Chi doveva affrontare le questioni legate all'utilizzo delle leve del governo in un contesto di depressione economica? Di certo, non solo gli amministratori locali lasciati alla deriva di se stessi; in balia di un processo di personalizzazione della politica, favorito anche da legislazioni elettorali (dai vizi a lungo ignorati) che, sommate al rachitismo dell'organizzazione dei partiti, hanno esposto gli eletti all'insostenibile ricatto dei potentati economici locali. Nel cortocircuito democratico, poi, si sono consolidati comportamenti a fianco e fuori delle regole, nell'amministrazione così come nella gestione dei partiti: e non può stupire che in qualche caso siano sconfinati nella violazione di leggi penali.
Ora è tempo di controlli: la loro efficacia dipende non tanto da regole d'emergenza, ma dall'autorevolezza di chi è chiamato a esercitarli. E per far valere una leadership reale occorre una visione condivisa della politica democratica al Sud. Giustino Fortunato parlava di una certa vigliaccheria della politica romana sull'intreccio tra società e classi dirigenti meridionali. C'è stata anche in questi anni. La sghemba Italia d'oggi non può più reggerla. E il Pd, dopo questo trauma, ha il dovere di superarla.


30 gennaio 2009
da unita.it
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