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Autore Discussione: A. CUSTODERO. - Così i servizi spiavano Pci e Msi ...  (Letto 4336 volte)
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« inserito:: Ottobre 19, 2010, 12:03:14 pm »

Così i servizi spiavano Pci e Msi ecco le "veline" sulle attività degli 007

Tre documenti inediti indirizzati a Moro e trovati nell'Archivio centrale dello Stato documentano l'attività di spionaggio nei confronti dei due partiti. Le preoccupazioni maggiori venivano dai comunisti: "Hanno 300mila militanti pronti all'attività eversiva"

di ALBERTO CUSTODERO


L'INCHIESTA
ROMA - I servizi segreti spiavano il Pci e l'Msi. Le prime prove documentali spuntano dalle carte di Aldo Moro conservate all'Archivio centrale dello Stato di Roma. Sono tre documenti inediti con la classifica di "segreto" datati 19 giugno '67, 5 maggio '69 e 3 marzo '70 giudicati di grande interesse storico sia da Armando Cossutta, esponente di spicco dell'Ex Pci, sia dall'ex senatore An Franco Servello, ex federale del Movimento sociale a Milano. In quel periodo il servizio segreto era unico, si chiamava Sid (fondato sulle ceneri del Sifar dopo lo scandalo De Lorenzo), era diretto dall'ammiraglio di squadra Eugenio Henke. E spiava con regolarità comunisti e missini.

Queste tre "veline" confermano i sospetti dell'attuale presidente del Copasir, Massimo D'Alema, sollevati di recente durante l'audizione del direttore del servizio segreto militare Aise, generale Adriano Santini, sull'attività spionistica dell'intelligence rivolta alla politica. Al generale Santini, D'Alema ha chiesto se i servizi svolgano ancora oggi attività di spionaggio nei confronti di partiti o di politici. La questione è diventata di stringente attualità alla luce della denuncia pubblica fatta dal capogruppo Fli alla Camera, Italo Bocchino, di essere stato pedinato in primavera dal controspionaggio dell'Aise nella centralissima piazza romana di San Silvestro. Ma altre presunte attività di spionaggio sarebbero avvenute  -  tra conferme e smentite - nei confronti di numerosi politici, fra i quali il ministro dell'Interno Roberto Maroni.

Durante l'audizione del generale Santini, il presidente del Copasir lo ha invitato ad interrompere, se in corso, ogni attività di "sorveglianza" nei confronti di esponenti di partiti. "Dalla mia esperienza politica passata - aveva detto al direttore dell'Aise D'Alema, alludendo al suo trascorso nel Partito comunista - so che attività di spionaggio avvenivano nei confronti del Partito comunista. Sappia quindi che oggi, se ci fosse qualcosa che non va nei servizi, me ne accorgerei". Le prove dei sospetti di D'Alema, almeno per quanto riguarda l'intelligence tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, riemergono ora dal passato fra le carte dell'archivio dell'esponente democristiano rapito e ucciso dalle Brigate Rosse.

La prima "velina" è datata 19 giugno 1967 e fu consegnata dall'ammiraglio Henke a Moro allora presidente del Consiglio nel suo terzo esecutivo di centro-sinistra. Il Sid, stando a quelle carte, monitorava "l'azione propagandistica dell'estrema sinistra e dell'estrema destra che ha colto spunti offerti da episodi scandalistici per creare fermenti e correnti di opinione contro le pubbliche istituzioni". A proposito del Pci, il Sid scriveva che "in tempo di pace tende ad acquisire il controllo delle masse attraverso una costante alimentazione dell'odio di classe, e attivizzando le organizzazioni di base politiche e sindacali per raggiungere una piattaforma comune per l'azione insurrezionale". "In tempo di guerra", si legge ancora nell'appunto segreto, il Partito comunista mira a "realizzare l'immediato condizionamento psicologico della Nazione e del Governo contro un conflitto armato attraverso l'esasperazione della piazza e, quindi, la strumentalizzazione dei moti popolari per conquistare il potere o, in caso di impossibilità, per iniziare la guerriglia". Gli 007 conoscono tutto dell'organizzazione territoriale del Pci. Sanno che può contare su "organismi fiancheggiatori quali l'Anpi", che "si avvale del supporto della Cgil", che ha la sua forza maggiore "nelle Regioni rosse". Quantificano il suo bilancio annuale in "15 miliardi" di vecchie lire.

Ma soprattutto sono al corrente che all'interno del partito "esiste un apparato clandestino dei quadri predesignati a sostituire gli organi centrali in caso di emergenza con compiti politico-militari". Una sorta di servizio segreto del Pci che - scrive il Sid a Moro - "può inquadrare non meno di 300 mila unità tratte dalle leve più giovani degli iscritti e godere dell'appoggio degli altri militanti nell'attività eversiva". Tutti fatti, questi, confermati da Armando Cossutta, allora responsabile proprio di quel "servizio d'ordine clandestino del Pci".

Ma i servizi di Henke spiavano anche a destra. In particolare, l'Msi di Giorgio Almirante. Che, però, non destava allarme "ai fini di una seria azione eversiva, sia per la scarsa consistenza numerica, sia per le finalità nazionali che si propongono nonché per l'attuale assenza di legami con potenze straniere". "L'Msi  -  è l'analisi del Sid -  rilanciando tematiche ispirate a ideologie nazionaliste, ha potuto raccogliere oltre ai superstiti quadri del fascismo, qualche migliaio di giovani influenzati da possibilità di controbattere il comunismo". Anche dell'Msi gli 007 conoscono tutti i segreti. Sanno che è finanziato da ambienti industriali e imprenditoriali. Una curiosità: fra le organizzazioni giovanili come l'Asan-Giovane Italia e il Fuan, il Sid segnala pure "i Volontari Nazionali  - Camicie Verdi utilizzata sporadicamente in compiti di vigilanza interna". La "velina" si concludeva con una chiosa politica tutta filogovernativa. "Oggi  -  scriveva il Sid  -  non sussistono le premesse che facciano ritenere possibile un grave attentato alla sicurezza dello Stato. Peraltro un evento di pericolo si potrebbe determinare in conseguenza di un mutamento delle presenti condizioni di equilibrio interno, sostenuto dalla formula di centrosinistra in atto".

Il secondo documento è del 5 maggio 1969 e arriva a Moro nonostante in quel periodo non avesse incarichi: era stato messo in minoranza nella Dc dopo la fine dell'esperimento del centro-sinistra organico. E dopo le elezioni del 1968 che avevano sancito una consistente diminuzione di suffragi per i partiti della coalizione. Ma l'esponente Dc seguiva attraverso le "veline" degli 007 ogni passo dei comunisti, visto che cominciava a pensare all'allargamento al Pci, la cosiddetta "strategia dell'attenzione". Di lì a poco (il 5 agosto 1969), sarebbe rientrato nel governo come ministro degli Esteri nel secondo gabinetto Rumor e avrebbe conservato quella carica quasi ininterrottamente fino al novembre 1974.

"Erano quelli  -  ricorda Cossutta  -  anni dal tintinnar di sciabole surriscaldati dalla strage di Piazza Fontana, dal tentato attentato a Rumor davanti alla Questura di Milano. E dallo scoppiare della guerra del Vietnam con le maninfestazioni e i cortei antiamericani a Roma". E il Sid di Henke che faceva? Il 5 maggio '69 un appunto intitolato "la costituzione di Brigate capeggiate da ex comandanti partigiani" svelava a Moro che "il Pci, d'intesa con i comunisti dell'Anpi", avrebbe deciso di costituire gruppi segreti nell'ambito delle sezioni del partito delle principali città del Nord. Queste "Brigate composte di 20-30 elementi di assoluta fiducia" avevano il compito di assicurare "il servizio d'ordine in occasione di manifestazioni del Pci". "La difesa delle sedi del partito comunista da attacchi condotti da elementi di estrema destra". "Eventuali azioni contro sedi di partiti e gruppi di attivisti di estrema destra". E "azioni contro le forze di polizia e le Forze Armate nel caso di interventi in ordine pubblico ritenuti eccessivi". "Queste Brigate  -  aggiungeva il Sid  -  dovrebbero rappresentare i primi nuclei intorno ai quali verrebbero rapidamente costituiti più grossi reparti per reagire a un eventuale "colpo di Stato" concordato tra le FF. AA. e le correnti di destra dei partiti di Governo".

Il terzo documento è un appunto telegrafico del 3 marzo 1970 e fa riferimento a una spia interna al partito comunista. "Fonte fiduciaria solitamente attendibile  -  così il Sid avvertiva Moro  - riferisce che la Direzione Centrale del Pci, in coincidenza della rinuncia dell'incarico dell'onorevole Rumor, ha disposto il piantonamento delle sedi regionali, provinciali e di zona del partito, per tutto il periodo della durata della crisi governativa. Ha inoltre chiesto la segnalazione della presenza, fuori ordinaria residenza, di ufficiali dei carabinieri e della Ps". Il Pci temeva un colpo di Stato, ma i servizi segreti spiavano ogni loro mossa. E Moro sapeva tutto.

(18 ottobre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/10/18/news/pci_msi_spiati-8176268/?ref=HRER2-1
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 19, 2010, 12:04:04 pm »

L'INTERVISTA

"Il Sid sapeva tutto su di noi ma io scoprii e cacciai le loro spie"

Armando Cossutta, dirigente del Pci, ha sempre saputo che i servizi controllavano il suo partito. "Ma le nostre strutture erano a difesa della democrazia in quei tempi bui"

di ALBERTO CUSTODERO


ROMA - Armando Cossutta sa bene a che cosa si riferisse D'Alema quando al capo dell'Aise ricordò l'attività di spionaggio dei servizi segreti negli anni della Guerra Fredda. Fu l'ex componente del comitato centrale del Pci che fondò quel "servizio d'ordine clandestino", una sorta di servizio segreto del Pci. Fu ancora lui a scoprire ed espellere gli infiltati del Sifar e del Sid nel Pci. "Sì, i servizi segreti erano bene informati  -  ammette Cossutta - avevano delle spie fra di noi. Ero io il responsabile di quell'apparato di sicurezza del partito a cui fa riferimento la velina del Sid del 19 giugno '67". Cossutta, oggi vicepresidente Anpi, leggendo le veline del Sid trovate da Repubblica negli archivi Moro, ricorda con gran lucidità quegli anni. "Scrissi io  -  racconta a proposito dell'organizzazione clandestina citata dai servizi segreti - il documento su come si doveva comportare l'organizzazione comunista fra il '69 e il '70 in caso di emergenza". In caso di colpo di Stato.

"L'inizio della Strategia della tensione  - aggiunge - ci spinse a dare quelle indicazioni. Allora scrissi un editoriale su Rinascita diretto da Gerardo Chiaromonte, intitolato "I compagni sanno", con cui volevo significare che cosa sarebbe dovuto accadere in caso di colpo di Stato o di sovvertimento. Avevamo presente la gravità e la delicatezza del momento. Fu così che abbiamo ridato vigore a quello che esisteva fin dalla Liberazione, cioè il mitico "servizio d'ordine" che aveva compiti concreti: difendere le sedi, come dice la nota dei servizi segreti, le case dei compagni, durante le manifestazioni evitare le infiltrazioni. Il nostro servizio d'ordine non le permetteva". Cossutta torna agli anni Settanta, quando scoppiò la guerra del Vietnam.  "Non ricordo - dice - quante furono le manifestazioni a Roma contro gli americani, e c'era la spinta di gruppi di estremisti di manifestare davanti all'ambasciata Usa. Era il nostro 'servizio d'ordine' ad indirizzare i cortei". Col tempo il "servizio clandestino" del Pci ebbe compiti più precisi.

"Avevamo  -  ricorda Cossutta - compagni addetti a conservare l'archivio del partito che per noi era prezioso. Ma non era così semplice, perché dovevamo dire a un compagno, 'tu stai buono, ti diamo un pacco, non lo devi aprire, ma non devi più fare politica'. Per loro era un sacrificio, ma così diventavano insospettabili". Il "servizio", continua Cossutta, doveva garantire anche "le riserve finanziarie del partito in caso di colpo di Stato e certo le banconote non si potevano tenere in banca. Davamo somme di denaro contante in custodia ai compagni. Sembrano cose da ridere, ma il partito mica aveva lo Stato dietro, si avvaleva del lavoro volontario dei compagni". "Il 'servizio d'ordinè aveva un grande ruolo, non solo di compito di difesa del partito. In quegli anni dal tintinnar di sciabole e pericoli paventati fui incaricato di andare a parlare al presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, e gli mostrai le nostre preoccupazioni. Il Pci era un grande partito democratico che godeva del prestigio delle Forze Armate e di settori più delicati che ci rispettavano. E da loro ricevevamo indiscrezioni, valutazioni, preoccupazioni. Andai da Saragat, dunque, esposi quelle preoccupazioni, ascoltò, mi disse 'hai ragione, ci sono fermenti, ma state tranquilli'. Ci fidammo, era un democratico antifascista, gli davo del tu anche se ero molto più giovane. Alla fine gli ho detto, 'Presidente, tieni conto che il Pci è ben organizzato: se succede qualcosa, tu devi essere salvaguardato per garantire la vita democratica. Noi siamo pronti a proteggerti'. Lui ascoltò e mi abbracciò stretto stretto. Il 'servizo d'ordinè era volto a difesa della democrazia della Repubblica e il nostro partito era il più minacciato in caso di colpo di Stato. E in questo avevamo rapporti stretti con i compagni socialisti e il Psiup e le organizzazioni democratiche. Cercavamo di non coinvolgere i sindacati, ma era chiaro che erano i sindacati il baluardo".

Cossutta racconta l'episodio a cui ha fatto riferimento D'Alema durante l'audizione al Copasir del generale Santini: come furono scoperte le spie del Sid al Bottegone, infiltrate nel Pci. "Ad un certo punto Longo, segretario del partito (io ero coordinatore della segreteria), mi disse, 'ho la segnalazione che nel nostro apparato ci sono delle spie. Bisogna trovarle il più presto possibile'. Mica facile, risposi. Non era, quella, una dritta dei Servizi dell'Est, ma proveniva da quella parte del mondo militare italiano democratico che ancora oggi credo che ci sia. E allora ci fu un lungo lavoro perché l'apparato era numeroso, un centinaio di funzionari, poi oltre all'apparato centrale c'era quello periferico. Per molti giorni mi misi accanto a Ferdinando Di Giulio, che era capogruppo alla Camera e membro della segreteria. E sfogliammo una per una le schede delle autobigrafie di ognuno dei nosti funzionari. Analizzammo il loro tenore di vita che per regolamento era basso, guadagnavano poco, una paga uguale a quella di un operaio metalmeccanico. Allora misi l'occhio su diversi compagni, in particolare uno, Mario Stendardi, che offriva colazione a tutti e quando qualcuno gli diceva dove prendesse tutti quei soldi, 'eh, diceva, sono un creativo, ho inventato io lo slogan non c'è due senza triplex'. E tutti ci credevano. Allora decisi di tendergli una trappola. Lui era di Milano, aveva la moglie staffetta partigiana, il fratello nella commissione interna alla Brown Boveri, una fabbrica molto combattiva. Una famiglia al di sopra di ogni sospetto. Lo chiamai, pensava fosse una questione di lavoro. Sul tavolo avevo sparso delle cartelline con delle carte. 'Come stai?' mi disse. Veniamo al dunque, gli risposi. Sappiamo tutto di te. Qui c'è il materiale, le prove. Ora ci devi dire tutto. Lui tolse gli occhiali e si mise a piangere. E raccontò come fu arruolato dal Sid. Lui lavorava in commissione esteri, settore delicato, quello del movimento per la pace. E in questa attività viaggiava e aveva conosciuto una persona e poco a poco aveva iniziato a collaborare. 'Ormai ero dentro, confessò, e quando tentai di uscire, iniziarono a ricattarmi: Non puoi più, mi dissero, sennò ti denunciamo'. La collaborazione col Sifar prima e il Sid poi durò qualche anno. Gli chiesi di dirmi tutto. Noi sospettavamo alcune cose, ma lui ci diede la conferma, come ad esempio il fatto che il negozio di tappeti davanti a Botteghe Oscure era in realtà una centrale occulta del Sifar. Non incontrava lì il suo referente, ma in zone anonime. Però da quel negozio, ci confermò, 'sparavano i microfoni dentro la nostra sede che si conficcavano alle pareti'. Avevano preso di mira gli uffici del segreterio e della direzione del partito. Piangendo, mi chiese che cosa avrei fatto. Non ti mandiamo certo in galera, risposi io, ma ti espelliamo per tradimento del partito. Passa in segreteria se hai crediti da incassare, e poi sparisci, non farti più vedere. Lui uscì, ma tornò dopo qualche minuto e mi chiese di non dirlo a suo figlio che era un giovane comunista. Noi tacemmo, ma la notizia uscì su una rivista scandalistica. Prima di andarsene mi ammonì: 'attenti, perrché quando ho cercato di interrompere la collaborazione coi servizi, mi risposero, Non fare l'aristocratico, tanto ne abbiamo un altro che ci fa la spia a Botteghe Oscure'. Capii che c'era un altro infiltrato e con lo stesso metodo stanai anche quello. Misi sotto osservazione un certo Edoardo Ottaviano che lavorava al settore scuola del partito. Lo incastrai e confessò che passava agli 007 tutti i nomi di chi frequentava le Frattocchie. Chissà cosa pensavano i servizi che insegnassimo nelle nostre scuole. E invece si parlava di storia di Risorgimento, e di formazione politica".

(18 ottobre 2010) © Riproduzione riservata
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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 19, 2010, 12:05:28 pm »

L'INTERVISTA

"Ho sempre pensato che i servizi ci spiassero e provassero a infiltrarci"

Il ricordo di Franco Servello, negli anni 70 federale di Milano dell'Msi. "Il gioco era di mettere la destra contro la sinistra"

di ALBERTO CUSTODERO


ROMA - "Avevo sempre avuto l'impressione che i servizi segreti, e anche i carabinieri, seguissero ogni nostro movimento. E che cercassero contatti non sempre corretti per sollecitare l'attività dei nostri giovani che individuavano nella mia persona (e anche nel partito di allora), un elemento di conservazione rispetto ai progetti rivoluzionari che loro sognavano". Franco Servello, 89 anni, già federale milanese dell'Msi negli anni Settanta ("Mio zio, il giornalista Franco De Agazio, fu ucciso dalla "volante rossa" il 14 marzo '47 mentre dalle colonne del Meridiano d'Italia stava conducendo un'inchiesta sulla sparizione dell'oro di Dongo e sulla fucilazione di Mussolini e Claretta Petacci), avvalora quanto contenuto nelle veline del Sid inviate a Moro alla fine degli anni Sessanta. Sì, conferma Servello, "anche l'Msi era spiato dagli 007".

"Quando mi accorsi che i carabinieri tentarono di infiltrarsi tra di noi - ricorda - chiesi dei chiarimenti al servizio investigativo dell'Arma. Li sollecitai a smetterla con quel doppio gioco che facevano. Ero talmente esasperato che mandai una lettera di protesta al comandante generale della Lombardia". Quel doppio gioco, secondo Servello, "costò la vita a Giancarlo  Esposti, un giovane molto sognatore del nostro ambiente". Era il 1974. Il 29 gennaio fu decretato lo stato d'allarme nelle caserme italiane. Violenze e aggressioni fasciste si consumarono in tutta Italia e culminarono il 28 maggio con la strage di Brescia di piazza della Loggia. Due giorni dopo, a Rieti, a Pian del Rascino fu scoperto un campo paramilitare fascista. Un drammatico conflitto a fuoco si svolse tra fascisti e carabinieri. Rimase ucciso uno squadrista di Avanguardia Nazionale, Giancarlo Esposti. II gruppo eversivo stava preparando un altro attentato, forse per la parata militare del 2 giugno. "Fui io a cacciare dal partito quel giovane, Esposti - racconta oggi l'ex federale Msi di Milano - quando mi accorsi che era un elemento di quelli a contatto con l'ambiente dei carabinieri o dei servizi. Ed era stato in un certo senso convinto che scattasse prima o poi una specie di rivoluzione nell'ambito delle istituzioni".

Il gioco degli 007 allora era "era di mettere la destra contro la sinistra in maniera che prevalesse la scelta politica democristiana. Ci sono riusciti in molte situazioni estremamente difficili perché era facile stimolare i giovani sul terreno rivoluzionario. Ma io ero quello che li frenava e cercava di salvarli, anche se non sempre mi hanno ascoltato tanto che qualcuno ci ha rimesso la vita". Noi dell'Msi "eravamo esposti a tutti i venti e le procelle perché avevamo contro la magistratura, i servizi e la stampa. Non era facile sopravvivere a quegli eventi. Io me la cavai brillantemente perché rimasi sempre fuori da tutte le trame". "Il 12 aprile 1973, a Milano - conclude Servello - una delle bombe colpì in pieno l'agente Antonio Marino del 3° reparto Celere, uccidendolo sul colpo. Fu a quel punto che venne intentato una specie di processo contro la destra col tentativo di arrivare, addirittura, a una soluzione di scioglimento dell'Msi".

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