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Autore Discussione: Un Paese di avvocati fuori dagli standard europei  (Letto 2311 volte)
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« inserito:: Gennaio 31, 2009, 11:43:19 am »

Un Paese di avvocati fuori dagli standard europei

di Marco Bucciantini


La Repubblica democratica di Sao Tomé e Prìncipe è uno staterello di due isole nel Golfo di Guinea. Secondo la popolazione creola vi si beve il miglior caffé del mondo, secondo la Banca Mondiale - nell’ultimo rapporto Doing business (consigli su dove conviene investire) - questo pezzo di terra alla deriva è più “affidabile” dell’Italia. Il parametro è il sistema giudiziario civile, riferimento che sembra affascinare le imprese.

L’Italia, dunque, è centocinquantaseiesima, scritto in lettere come nelle cambiali: questo è il costo della giustizia che non va. Per la sentenza “civile” in un procedimento di recupero di un credito originato da una disputa commerciale bisogna aspettare 1.210 giorni. Laggiù nel paese dei tropici si fanno anche cacao e olio di palma. Gli abitanti sono 157mila mentre gli avvocati in Italia sono 213mila: sono più numerosi degli abitanti di Sao Tomé e in generale dei 22 Stati meno popolosi del pianeta. Una Repubblica a parte, un contingente cinque volte maggiore che in Francia. L’Italia è un paese «dove tutti i giorni ogni avvocato deve produrre una citazione, un’eccezione, qualsiasi cosa per testimoniare la sua esistenza» e allungare i processi, si lamenta Giuseppe Maria Berruti, togato del Csm, che sposta il mirino: «I giudici invece sono allo stremo, disperati per lo sfascio amministrativo che complica il lavoro».

Lo sfascio
«Lentezza e rassegnazione» i nemici della giustizia additati al Palazzaccio. Il paziente è malato, i sintomi si confondo con le patologie. Nel capitolo “Le principali cause della crisi” si riconoscono cause esterne e interne. Fra le prime: l’irrazionale distribuzione delle sedi giudiziarie. In Italia ci sono 165 tribunali e 220 sezioni distaccate: nella metà di questi uffici lavorano meno di 20 magistrati, con costi di gestioni altissimi e incagli futuri da verificare, se passerà la riforma che impone il collegio giudicante.

Ci sono tribunali con 4 magistrati (a Sulmona) e Regioni con 19 tribunali (la Sicilia, con 4 corti d’Appello!). «In attesa di un riordino - i virgolettati sono della relazione del presidente della Cassazione Vincenzo Carbone - si potrebbero trasformare i tribunali periferici in sezioni distaccate del tribunale del capoluogo di provincia». La legione degli avvocati è anch’essa colpevolizzata, causa ed effetto che si intersecano, dunque: se un processo è infinito, interverranno più avvocati, che alzeranno il tasso di litigiosità e di contenzioso, allungando i dibattimenti. Fra i fattori interni si condanna l’esposizione mediatica dei magistrati e il «narcisismo» che induce alle «sentenze in contrasto con gli indirizzi giurisprudenziali».Quanto all’aspetto sentimentale, «la rassegnazione» mette in discussione «la natura del servizio essenziale di giustizia per lo sviluppo di una collettività». E la «sfiducia» è un chiodo conficcato nella «credibilità delle istituzioni democratiche».

I debiti
Non è un problema di forze (lo stesso rapporto abitanti/magistrati di Francia e Germania) né di finanziamento del sistema: l’Italia spende quanto gli altri Stati, ma altrove s’investe, mirando i finanziamenti. In Francia è aumentato il bilancio per le nuove tecnologie, «mentre da noi la rigidità nell’utilizzo delle risorse non consente di migliorare le funzioni né di premiare il personale meritevole».

Così la giustizia drena denaro e produce debiti, anche per «i gravi e assurdi costi della legge Pinto», che prevede il risarcimento danni per l’eccessiva durata del processo ed è costata allo Stato 80 milioni di euro, liquidati «in parte con pignoramenti nei confronti del ministero della Giustizia, che non può onorare il debito». La stessa legge «sovraccarica le corti dei processi istituiti per denunciare il ritardo di altri processi». Sono 40mila i casi di “autodenuncia” (11mila contro la procura di Napoli). Una storia che ricorda la lucertola che si morde la coda, che tanto poi ricresce.


31 gennaio 2009
da unita.it
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