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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 13, 2009, 05:15:13 pm » |
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25 anni fa l'assassinio del giornalista
5.01.09 - Giuseppe Fava, il coraggio della verità
“….Bisogna tentare disperatamente, quotidianamente lottare e sperare altrimenti ignoranti, ladri e imbecilli ti affonderanno definitivamente nella merda!...”, queste parole, di drammatica attualità sono state scritte da Pippo Fava, giornalista, scrittore autore, ammazzato dalla mafia 25 anni fa.
Era diventato un bersaglio da colpire perché insieme a pochi altri, non si stancava di denunciare gli illeciti, le corruzioni diffuse, gli intrecci, le relazioni pericolose. Non lo faceva in modo generico ma indicando nomi e cognomi, senza farsi condizionare dalle logiche della vicinanza, della presunta appartenenza, delle convenienze.
Fu ammazzato perchè era diventato scomodo per tanti, persino all’interno della professione era sopportato, considerato un “malato di protagonismo”, la stessa accusa che oggi viene rivolta ai Roberto Saviano e a quanti osano ribellarsi al conformismo imperante. Questa mattina l’Unità ha dedicato due pagine a Pippo Fava ripubblicando un testo apparso nel febbraio del 1983 sulla rivista “I siciliani”. In quel testo con la consueta franchezza Fava si rivolgeva direttamente al cittadino indifferente: “…Non ti lamentare perciò se il generale comandante della finanza si fotte duemila miliardi di denaro pubblico e i massimi finanzieri, ministri, editori, giornalisti, persino il comandante in capo delle forze armate, per avidità di carriera e di lucro, si fanno incastrare da un lazzarone come Gelli in una specie di congiura per impadronirsi delle strade di Italia.”
Fava scriveva nel 1983, molti di quei lazzaroni sono ancora al loro posto, Gelli pontifica dalle tv, gli uomini della P2 sono onorati e riveriti, il presidente del consiglio in carica era un socio della loggia.
Molti hanno ricordato e ricorderanno Pippo Fava. Noi siamo rimasti colpiti dalle parole scritte, sempre sull’Unità, dal figlio Claudio: “Insomma lo sapete o no che nella città che ammazzò mio padre non riuscimmo neppure a pubblicare il necrologio perché spendere in quell’epitaffio la parola mafia non si poteva o non si doveva? Lo sapete o no che l’editore di quel giornale che impedì il necrologio, Mario Ciancio, è ancora al suo posto…? Lo sapete che non uno dei poliziotti, dei magistrati, dei giornalisti e dei ministri che protessero Nitto Santapaola, l’assassino di mio padre, ha mai pagato il prezzo di quell’infamia? Lo sapete o no che le lettere della famiglia Santapaola, padre e figli reclusi al 41 bis, vengono impunemente pubblicate sul quotidiano della loro città? Vi siete accorti che in questo paese della lotta alla mafia non fotte più quasi nulla?....” Queste parole non hanno certo bisogno di generiche solidarietà, ma di un impegno continuo e faticoso per impedire che il silenzio e l’omertà cancellino persino il ricordo di Pippo Fava e degli altri che sono caduti mentre tentavano di ribellarsi alla mafia e ai suoi protettori. Ci fa piacere che gli attuali dirigenti del sindacato nazionale dei giornalisti stiano senza remore dalla parte dei cronisti che tentano di fare il loro mestiere, a Catania, a Trapani, a Catanzaro, a Caserta, ovunque. Per troppo tempo, in tutte le sedi, a cominciare da quelle politiche e istituzionali, sono stati onorati e riveriti i giornalisti da loggia, quelli che non fanno la seconda domanda, quelli che fanno i maggiordomi, quelli che fingono di indignarsi di fronte ai delitti delle mafie, ma non osano mai pronunciare il nome dei mandanti, dei protettori, dei collusi, quelli che non si indignano neppure se in parlamento possono sedere condannati in via definitiva per associazione mafiosa. Questi giornalisti non fanno scandalo, fanno scandalo solo e soltanto quelli che tentano di far luce sui misteri di Italia, che non rinunciano all’indagine e all’inchiesta.
Tra i tanti modi per ricordare Pippo Fava, e tanti altri colleghi e colleghe, ci convince molto una proposta avanzata da Peter Gomez (giornalista rigoroso e sensibile a questi temi), di promuovere una sorta di riconoscimento pubblico da assegnare ogni anno al cronista “che fa i nomi e i cognomi”.
Pippo Fava, Peppino Impastatao, Beppe Alfano, Giovanni Spampanato, Giancarlo Siani, per fare solo qualche nome, furono ammazzati non perché inseguivano lo scoop della vita, ma perché collegavano i fatti, nominavano le persone, indicavano le connessioni, facevano i cronisti. Sono stati ammazzati perché esercitavano nel modo più vero il mestiere del cronista. Questi sono i modelli professionali che dovrebbero essere considerati “normali ed ordinari”, gli altri dovrebbero invece essere considerati una infelice anomalia, una degenerazione della professione giornalistica. Esattamente come un amministratore corrotto dovrebbe essere considerato una metastasi grave della politica. L’osservatorio sul rapporto tra media e mafie (e che ci auguriamo possa diventare immediatamente operativo), fortemente voluto dalla FNSI, dal suo presidente Roberto Natale, dal segretario Franco Siddi, dal consigliere Alberto Spampinato, può rappresentare l’occasione per promuovere questa iniziativa, alla quale ha già dato il suo consenso, non solo Peter Gomez, ma anche Roberto Morrrione portavoce dell’associazione Libera.
Per fortuna, in giro per l’ Italia, non mancano tra gli esempi i cronisti che hanno raccolto l’eredità di Pippo Fava. Pensiamo a Lirio Abbate, alle ragazze e a i ragazzi di Libera Informazione, a Rino Giacalone, a Riccardo Orioles, a Rosaria Capacchione, a Raffaele Sardo, a Saverio Lodato, a Pippo Maniaci, a tanti altri. Tra questi vorremmo ricordare Enzo Palmesano e il piccolo gruppo di cronisti che lavora nel casertano, circondato da mille ostilità, eppure capace di continue, quotidiane denunce. Forse il primo riconoscimento ai cronisti che fanno nomi e cognomi si potrebbe dare proprio a Enzo Palmesano e ai suoi colleghi che operano in quella realtà.
Ci auguriamo che quest’idea possa essere condivisa non solo dalle associazioni dei giornalisti, ma anche dalla fondazione Fava (animata con grande passione civile da Elena Fava) ,da Liberainformazione, dalla fondazione Impastato, dalle fondazioni e dalle associazioni che si richiamano a Falcone, a Borsellino, a Caponetto, a Pio La Torre, per fare solo qualche esempio,da tutte quelle persone che non vogliono rassegnarsi a subire passivamente il tristissimo spirito dei tempi.
Giuseppe Giulietti da temi.repubblica.it/micromega-online
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