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Autore Discussione: GIUSEPPE BERTA Malpensa, l'hub degli errori  (Letto 2210 volte)
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« inserito:: Gennaio 05, 2009, 10:57:59 am »

5/1/2009
 
Malpensa, l'hub degli errori
 
GIUSEPPE BERTA
 
Sono di nuovo alti i toni del confronto sull’aeroporto di Malpensa, a riprova che in Italia la questione delle infrastrutture è destinata ad accendere continui conflitti. Ieri ha levato la propria voce il sindaco di Milano, Letizia Moratti, per invitare il governo a ripensarci e a fare in modo che Cai non scelga l’alleanza con l’Air France, bensì con la Lufthansa. In gioco ci sarebbe, ancora una volta, la sorte dell’aeroporto lombardo, che da anni si dibatte fra le velleità di diventare un grande hub internazionale e la realtà dei ridimensionamenti, scanditi negli ultimi anni dalla vicenda Alitalia.

L’appello di Letizia Moratti viene dopo giorni di polemiche intense, sollevate dalla Lega Nord fra le forze di governo (che di Malpensa ha fatto una delle proprie bandiere) e dal presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, nel campo del centrosinistra. Penati ha puntato il dito contro l’Assolombarda, accusando la presidente Diana Bracco di appoggiare la cordata degli imprenditori di Cai, in palese contraddizione con gli interessi del territorio lombardo. Ma anche il sindaco Moratti non s’è tirata indietro, esortando il governo a non lasciar decidere da soli gli imprenditori guidati da Colaninno. Insomma, la soluzione Cai - pensata per superare i contrasti che avrebbe suscitato la cessione dell’Alitalia ai francesi - sta provocando uno scontento radicale e diffuso sul territorio e fra le istituzioni della Lombardia.

All’origine vi è la sospensione del servizio cargo, cioè del trasporto merci, a Malpensa, che diverrebbe operativa dal 13 gennaio, con l’avvio della nuova gestione dell’Alitalia e dell’alleanza con l’Air France. Quest’ultima riconosce evidentemente un solo grande hub, quello di Parigi, dove convoglierebbe il traffico internazionale di passeggeri, ma anche di merci. Una ferita mortale per Malpensa, che si troverebbe spogliata di colpo del proprio ruolo commerciale. Sarebbe un guaio peggiore che la chiusura dell’Alfa di Arese, ha detto la Moratti: a Malpensa lavorano 4500 persone, con un fatturato di 400 milioni di euro. Ma il danno sarebbe irrimediabile, ha rincarato la dose Gianfredo Comazzi, presidente del Comitato Malpensa, perché penalizzerebbe l’intera area del Nord-Ovest, cioè la più robusta concentrazione economica del Paese, che realizza un export annuale del valore di 120 milioni di euro, privata di uno scalo merci essenziale.

È certamente vero che, se si fosse guardato a questa logica, l’Alitalia avrebbe dovuto avere come proprio centro Milano e non Roma. Ma l’errore, nel passato, è stato quello di perseguire la strategia definita «multi-hub», cioè con più poli nazionali. La soluzione Lufthansa viene oggi indicata dalle forze locali della Lombardia perché multi-hub, ma si dimentica di aggiungere che in Germania questa non è stata una scelta, bensì una necessità: saturato l’aeroporto di Francoforte, è stato naturale rivolgersi a quello di Monaco per potenziarlo.

Malpensa, al contrario, non è stata mai un vero hub, né per dimensioni né per volumi, come si accorge facilmente da sé ogni viaggiatore in transito nei maggiori scali europei. Si è creduto erroneamente che il suo destino dovesse essere legato a quello dell’Alitalia per rendersi malamente e tardivamente conto che non è così. È pensabile, al punto in cui sono giunte le cose, che con una contromossa la compagnia aerea tedesca venga preferita, all’ultimo momento, a quella francese? E che questo basti ad assicurare solide prospettive per il futuro di Malpensa?
La confusione è acuita dalle incertezze sull’altro aeroporto milanese, Linate. Ma è difficile immaginare di consolidare Malpensa senza ridurre ulteriormente lo scalo minore, che al più può essere un «city airport», privo di traffico internazionale.

Il nodo di Malpensa, insomma, fa precipitare tutte le questioni irrisolte che da anni accentuano le fragilità del nostro Paese sul terreno delle infrastrutture. Proprio perché Milano e la Lombardia sono forti, avrebbero dovuto slegare da tempo Malpensa dall’Alitalia e perseguire l’obiettivo di fare di quest’aeroporto un ganglio importante di una catena internazionale di collegamenti. In concreto, ciò avrebbe significato agire per accelerare la liberalizzazione degli slot e, soprattutto, creare le condizioni per radicare a Malpensa un grande operatore estero, capace di valorizzare quelle risorse territoriali su cui insistono adesso gli amministratori lombardi. Si è scelta, invece, la via italiana di cementare una combinazione di interessi sostanzialmente collusiva, nella convinzione di poter raggiungere un punto di mediazione, ora rivelatosi impraticabile. Ecco perché appare così nebuloso e preoccupante il futuro di Malpensa.

Va detto, infine, che alle grida e alle proteste della Lombardia fa riscontro il silenzio delle altre realtà settentrionali. Né in Piemonte né in Veneto il problema di Malpensa ha suscitato reazioni significative. Così come, d’altronde, in questo che è per le infrastrutture un vero e proprio «inverno dello scontento», il riemergere di un altro tormentone eterno come la Tav Torino-Lione mobilita passioni soltanto fra Torino e la Val di Susa, ma non nel resto del Nord. Una delle facce più evidenti dell’ormai abusata «questione settentrionale» è proprio l’assenza di una piattaforma comune delle Regioni e delle forze locali sulle infrastrutture. Fin tanto che essa non sarà definita e perseguita in modo condiviso, perdurerà la debolezza del nostro sistema dei trasporti e della logistica.

da lastampa.it
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