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Autore Discussione: Musica e legalità  (Letto 3349 volte)
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« inserito:: Giugno 11, 2007, 03:19:00 pm »

Musica e legalità

Nando Dalla Chiesa


Finisce oggi con un grande concerto a Napoli il viaggio degli ’A67. Termina così quello che è stato forse il primo vero tour musicale contro la camorra nel multicolore e fantasioso repertorio delle iniziative che i movimenti per la legalità hanno immaginato in anni e anni di impegno difficile e generoso. Un’emergenza senza fine, la camorra; un gruppo musicale d’avanguardia, gli ’A67 appunto, intriso di spirito e storia delle periferie napoletane.

E ancora, un’istituzione che crede nei progetti di educazione alla legalità, ossia l’assessorato all’Istruzione della Regione Campania; un paio di associazioni che sui diritti sono sempre in prima fila, Libera e Amnesty International. È stata questa la miscela che ha consentito l’ideazione e la realizzazione di un’impresa che non è affatto usuale né ordinaria.

In una Campania devastata dall’impazzimento delle regole, in cui qualsiasi onesta intelligenza deve riconoscere che a poco è valso il lungo governo del centrosinistra a sradicare convenzioni, abitudini mentali, condizionamenti ambientali. In una Campania e in una Napoli che osservano sbigottite la torva capacità di rigenerarsi peggio dell’idra della camorra come “sistema”. In questa Campania raccontata splendidamente da Nanni Balestrini e da Roberto Saviano, si è giocata una scommessa inedita. Quella di promuovere l’educazione alla legalità attraverso la musica. Di riconoscere alla musica la forza d’urto, ma anche di avvolgimento, di penetrazione misteriosa che essa ha svolto storicamente di fronte ai “muri”. Non solo quelli materiali che vengono eretti senza sosta in ogni parte del mondo. Ma anche quelli culturali, mentali; i muri immateriali fatti di quella specifica “sostanza” che è lo spirito dell’uomo.

A Napoli e nella infinita conurbazione Napoli-Caserta ci sono gli uni e gli altri. Ci sono i muri di cinta dei quartieri-fortino, i muraglioni dei caseggiati popolari in cui si alleva e si cementa l’estraneità/alterità alle istituzioni dello Stato e ai loro simboli. E poi - meglio, insieme - ci sono i muri invisibili, le diffidenze spesse, le incomunicabilità che si tagliano con il coltello. Gli ‘A67 conoscono bene questi muri per esserci nati dentro o a contatto, essendo tutti e cinque originari di Scampia. Solo che a un certo punto si sono guardati intorno, hanno preso le misure a se stessi e al loro notissimo quartiere, e hanno scelto di andare oltre. Si sono dati ironicamente il nome napoletanizzato della legge (la 167, appunto) che battezzò i mostruosi agglomerati edilizi destinati a diventare culla di camorra (muri solidissimi, invalicabili...), e hanno deciso di ribellarsi. «Voglie parlà» si chiama infatti, mica per nulla, il progetto che questa anomala rockband sta promuovendo, accompagnata premurosamente da un sociologo come Amato Lamberti, che di Napoli sa tutto e che a Napoli ha dedicato decenni di impegno civile e istituzionale.

Dopo alcune anteprime e manifestazioni primaverili nel resto d’Italia, dal Piemonte alla Calabria, l'ultimo mese di maggio gli ‘A67 lo hanno interamente dedicato alla loro regione. Scampia, Casal di Principe, Ottaviano. I luoghi antichi e nuovi, come i luoghi purtroppo immortali della camorra, sono stati battuti portandoci la rivolta civile in musica, e offrendola a piene mani a migliaia di giovani esposti quotidianamente a ogni genere di messaggi. Giovani davanti ai quali la dimensione musicale è (forse) la sola in grado di gareggiare alla pari con la forza pervasiva dell’azzurrino catodico che trionfa nei bassi come con i valori più arcaici radicati e trasmessi sulla strada nelle generazioni.

Oggi quel messaggio, che ripartirà con il prossimo autunno in un nuovo giro per l’Italia, mirerà diritto al cuore di Napoli, Piazza Medaglie d’oro, per un concerto che sarà aperto da un altro gruppo della periferia napoletana, i Lettisfatti. Una giornata del tutto particolare. Una giornata simbolica per chiudere questo tour. Perché l’11 giugno di dieci anni fa veniva uccisa a Napoli Silvia Ruotolo, con un delitto che colpì e commosse l’opinione pubblica nazionale. Un delitto che spiegò a tutti, semmai ve ne fosse ancora bisogno, che non è vero che «si ammazzano tra di loro». Che muoiono a grappoli gli innocenti, che il clima di illegalità semina morti anche tra le giovani mamme. O, per altre vie, come abbiamo appena visto, tra i giovanissimi che si mettono in testa di andare a fare le rapine e per farle, in mancanza di meglio, usano anche le pistole giocattolo. Quel delitto lasciò senza mamma due bambini. Che sono cresciuti, che ora partecipano alla marcia della memoria organizzata ogni 21 marzo da Libera. E che in quell’occasione sentono fare il nome a loro caro tra altre centinaia di nomi più o meno concosciuti; con i volti gentili e gli occhi umidi, consolati da qualche giovane compagno. Che dopo dieci anni sia la musica a ricordare quel fatto atroce e assurdo, tante volte ripetuto a falciare altre vite, è un segno di vitalità e di resistenza culturale. È la spia inconfondibile di un impegno che non si arrende. È la testimonianza, una testimonianza tra tante, che a Napoli ancora non sventola bandiera bianca.

www.nandodallachiesa.it

Pubblicato il: 11.06.07
Modificato il: 11.06.07 alle ore 8.44   
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