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Autore Discussione: Dal contrabbando ai poveri Caviale nella mensa di Natale  (Letto 2408 volte)
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« inserito:: Dicembre 20, 2008, 05:06:33 pm »

Il caso I dubbi di don Colmegna: i vasetti sono per noi ma ci vorrebbe altro

Dal contrabbando ai poveri

Caviale nella mensa di Natale

Quaranta chili sequestrati e regalati dal Corpo forestale



MILANO—Miracolo a Milano: sulla mensa dei poveri della città a Natale verrà servito il caviale. Non è il sequel della sceneggiatura di De Sica e Zavattini, che ai senzatetto della metropoli lombarda dedicarono lo splendido film del ’51. E’ tutto vero: il pranzo «da signori » sarà possibile grazie all’idea di un ispettore del Corpo Forestale dello Stato; lui e i suoi colleghi nei giorni scorsi avevano sequestrato 40 chili di caviale beluga arrivati di contrabbando in Italia. Ma quel bendidio, finito nel frigorifero di una caserma, rischiava di deperire e di essere buttato. «E allora abbiamo pensato di regalarlo ai poveri» racconta Juri Mantegazza, dirigente della Forestale di Tradate (Varese) autore del sequestro alla fine di novembre e ora «custode » della prelibatezza per conto della magistratura. Le uova di storione erano state trovate in vasi anche da mezzo chilo nel frigorifero di una casa di Milano: gli inquirenti erano arrivati lì seguendo due «corrieri » sbarcati in Italia da Varsavia con il carico nascosto e destinato a negozi e tavole natalizie di mezza Lombardia. Il valore della merce è di 400 mila euro. «Le analisi — prosegue Mantegazza — ci hanno confermato che il cibo era ancora perfettamente commestibile, ma che non avrebbe potuto essere conservato a lungo.

E così abbiamo pensato di fare un regalo natalizio a chi non può permettersi il caviale». La procura ha tenuto per sé solo un campione di «beluga» ai fini dell’indagine. Il resto ha già preso la strada di mense di carità, ospizi per anziani, associazioni di volontariato. Le quali di fronte a quel regalo inatteso sono rimaste un po’ perplesse. «Tutto quello che viene donato è bene accetto — commenta don Virginio Colmegna, la cui Casa della Carità è tra i destinatari del caviale — anche se la maggior parte dei nostri ospiti non sa nemmeno cosa sono quelle palline nere. Diciamo comunque grazie senza dare troppa enfasi all’accaduto. Basta ricordarsi che i poveri hanno bisogno di diritti e di dignità, più che di generi di lusso». Dello stesso avviso è don Roberto Davanzo, presidente della Caritas Ambrosiana: «Siamo contro tutto ciò che rappresenta uno spreco: se l’alternativa era gettarlo, ben venga il caviale. In fondo anche i poveri e i clochard hanno diritto per una volta ad assaggiare il cibo dei ricchi». Detto questo, però, il responsabile della Caritas di Milano si concede una riflessione più ampia: «L’importante è che gesti così eclatanti non si trasformino in una sorta di spot o in qualcosa con cui crediamo di lavarci la coscienza. Non possiamo purtroppo illuderci di aver risolto il problema della povertà. Io mi rimetto al dettato del Concilio Vaticano Secondo: occorre eliminare le cause che inducono le persone ad avere bisogno. E per questo è necessario un impegno che abbraccia tutti i 365 giorni dell’anno». Al di là di ogni discussione che un caso del genere indubbiamente suscita, lasciamo che i clochard, gli indigenti gli ospiti delle mense di carità giudichino se le uova di storione sono buone o no. Poi magari sentenzieranno che le cose più importanti nella vita sono altre e al pari dei protagonisti di «Miracolo a Milano» pronunceranno quella magnifica frase: «Vorrei vivere in un mondo dove "buongiorno" significa per davvero "buongiorno"».

Claudio Del Frate
Roberto Rotondo
20 dicembre 2008

da corriere.it
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