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Autore Discussione: Ecco «l'aereo dei matti» Ma gli psichiatri insorgono  (Letto 2462 volte)
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« inserito:: Ottobre 29, 2008, 11:06:53 pm »

Ecco «l'aereo dei matti» Ma gli psichiatri insorgono


Il treno li portò più di un anno fa fino a Pechino. L'aereo li porterà presto in Argentina, Buenos Aires. Nuovo mezzo, altra destinazione, stessi viaggiatori 'matti'. Anche allora, col treno, il viaggio dei 211 cittadini italiani - disabili psichiatrici, operatori, familiari, volontari e giornalisti provenienti da tutta Italia - aveva lo scopo di contrastare e ridurre i pregiudizi nei confronti della malattia mentale. E lanciare piuttosto la dottrina del «fare assieme», proposta dal direttore del Dipartimento di salute mentale di Trento, Renzo De Stefani, e dalla sua equipe come strumento di prevenzione e cura. Ma non tutti gli psichiatri sono d'accordo sul metodo. E questa volta, in particolare, i contrari si fanno sentire.

Non piace infatti all'associazione italiana Psichiatri (Aipsimed) l'iniziativa «Sottosopra: l'aereo dei matti»; soprattutto non piace l'idea che la supporta e che viene promossa: «Non è vero - denunciano - che in Italia i manicomi non esistono più, come gli organizzatori andranno a dire in Argentina». I manicomi invece esistono ancora, «negli sciatti ambulatori della salute mentale, in questi luoghi mentali dell'emarginazione, della non inclusione, della solitaria e non condivisibile sofferenza».

Inoltre, l'iniziativa trascina con sé una serie di semplificazioni e di stereotipi che, secondo gli psichiatri, sarebbe ora di lasciarsi alle spalle. «In viaggio e divisi in due scaglioni che partiranno da Roma - si legge in una nota - ci saranno 239 persone tra pazienti, familiari e operatori provenienti dalle Asl, di ogni regione italiana e da numerose associazioni e polisportive, accompagnati da una ventina di delegati dall'Inghilterra, dalla Francia e dalla Spagna. Ma nessuno ci dice il numero preciso di ammalati, familiari e, soprattutto, di operatori al seguito. Rispetto al treno per Pechino, di fondamentale importanza saranno le magliette indossate dai protagonisti: non più le t-shirt blu con la scritta 'In treno fino a Pechino? Ma siamo matti!', ma magliette bianche con la scritta '30 - 60 - 180', dove le cifre ancorché ricordare la durata, gli anni della Costituzione e il numero identificativo della legge cosiddetta Basaglia, servirà ancora una volta a lasciare intendere, a chi ancora non l'avesse capito, che le persone viaggianti su quell'aereo son proprio quelle che...danno i numeri. Ma che stigmatizzante originalità e quale goliardica euforia!».


A muovere tale attenzione verso i 'matti' secondo gli psichiatri sarebbe più un obiettivo pubblicitario ed economico che un reale interesse sociale. «Allora, come ha reso in termini di efficacia ed economicità la precedente operazione pubblicitaria del cosiddetto "Treno per Pechino"? - chiedono - Sicuramente sarà stato svolto un certosino lavoro di follow up a distanza dall'evento? Cosa oggi s'è installato nell'immaginario collettivo dei cinesi quando si son visti alla stazione il treno contenente operatori (la stragrande maggioranza) e pazienti psichiatrici in carico ai servizi (una vera e risibile minoranza)? Cos'ha prodotto nei legislatori del Catai quest'impatto forte anche di tipo emotivo? Che ne è restato nelle lunatiche menti di quei disagiati che hanno viaggiato per giorni e giorni? Hanno essi raggiunto una maggiore consapevolezza di se stessi, del loro ruolo, della loro funzione e, al limite, della loro strumentalizzazione?» Tante domande ingombranti. E per loro una risposta amara: «Non lo sapremo mai».

E il motivo non è difficile da indicare: «La collettività è disposta a spendere i fondi concessi dall'allora ministero della salute, ma a patto che ce ne sia un ritorno, anche morale o, almeno, una relazione delle ricadute di quell'evento. Si dice che questo progetto riguardi persino un'azione per la parità dei diritti tra uomo e donna, ed a tal punto da ricevere contributi dal ministero delle Pari opportunità: nulla quaestio visto che paradossalmente in Italia uomini e donne ricevono lo stesso tipo di scadente assistenza senza differenza di genere».

Quindi meglio lasciare da parte le facili metafore. Gli psichiatri infatti si chiedono ancora: «Regge ancora la metafora del viaggio, anche aereo, come passaggio per una liberazione o per una segregazione come nel caso della "nave dei folli", quella che ci ricordava Foucault? Ma non volevamo che fossero banditi tutti gli appellati quali matto, folle, pazzo? Non pensavamo che la vera liberazione passasse per l'autonomia del soggetto disagiato che viaggiasse si, in maniera protetta anche, ma senza sbandierare al mondo intero la sua intima essenza: la follia!».

Nel caso del treno, come dell'aereo invece è proprio l'intima essenza dei viaggiatori, la relativa definizione terminologica, a farne mezzi di trasporto "eccezionali". Un'eccezione che se per alcuni può sembrare degna di merito e rinnovo, per altri fa «tornare indietro all'epoca del ventennio fascista quando una ventina di aerei, sempre gli stessi, venivano portati in parata nei maggiori aeroporti italiani per dimostrare che l'Italia era ben preparata per la guerra imminente. «Anche oggi trattasi di aerei, ma "sottosopra", utilizzando nuovamente e da sempre ciò che immediatamente connota e identifica l'oggetto dell'intervento psichiatrico, vale a dire gli utenti un po' picchiatelli e, quindi, "sottosopra"».


Pubblicato il: 28.10.08
Modificato il: 29.10.08 alle ore 15.33   
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