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Autore Discussione: CESARE MARTINETTI Generazione Balotelli  (Letto 3055 volte)
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« inserito:: Settembre 21, 2008, 08:37:22 am »

21/9/2008
 
Generazione Balotelli
 
 
CESARE MARTINETTI
 
Attenzione a quei ragazzi con la faccia nera che dicono «oh madonna» e masticano dei «ué pirla» come se fosse chewing-gum. Vengono dalle periferie di Baggio o Cusano. Ma anche da quartieri residenziali di Monza o della Brianza. Sono arrivati nel centro di Milano a urlare «bianchi vi odiamo» con la ruvida parlata lombarda. Sono ragazzi come i nostri, parlano come i nostri, ascoltano la stessa musica nell’iPod, vestono le stesse t-shirt «Armani jeans», mangiano, bevono, sognano le stesse cose dei nostri. Esultano per i gol di Balotelli, ma anche per quelli di Del Piero, sono i compagni di scuola dei nostri.
Sono dei ragazzi italiani, sono quelli che chiamiamo con un ossimoro gli «immigrati di seconda generazione», figli di veri immigrati o anche ragazzi adottati che ieri hanno portato la loro faccia nera dalle parti del Duomo per far pesare quell’essere «neri», anzi «100 per cento neri», come diceva la maglietta di uno di loro, per sottolineare la differenza con i «bianchi».

Anzi, per denunciarla. Bianchi e neri, neri e bianchi. In Italia non s’era mai visto. L’occasione, o il pretesto, era la manifestazione per Abdul, il ragazzo originario del Burkina Faso ucciso a sprangate da un padre e un figlio (bianchi, italiani e pregiudicati) ai quali aveva rubato un pacchetto di biscotti a pochi passi dalla stazione centrale. Ma quei ragazzi che sono arrivati fino a San Babila volevano parlare di loro stessi e raccontavano di questa Italia forse non razzista, ma certamente iniqua, febbrile, sovreccitata, arrogante, criminale che vuol fare la guerra ai clandestini e scopre invece un sabato pomeriggio di settembre nel centro di Milano che una nuova contraddizione le sta già scoppiando in pancia: gli italiani neri che come gli americani neri negli Anni Sessanta sfilano per chiedere «uguali diritti». Con l’accento lombardo. E parlano di noi. In America può succedere che l’afroamericano Barack Obama tra due mesi diventi presidente degli Stati Uniti. Lui che quarant’anni dopo Martin Luther King ha fatto riemergere con il suo corpo e la sua faccia la «questione razziale», dimenticata o forse occultata. E uno studio diffuso ieri dalla Stanford University racconta che un terzo degli elettori democratici ha pregiudizi razziali contro gli afroamericani considerandoli «aggressivi» o «svogliati». Sul piano elettorale questo recondito sentimento potrebbe pesare per il 5 per cento. Ma nessuno azzarda previsioni perché sfugge a tutti i sondaggi. Woody Allen dice che sarebbe «umiliante se Obama non dovesse vincere». Ma quanti elettori democratici si lasceranno condizionare da quella vecchia «questione»? A Parigi la rivolta delle banlieues è scoppiata tre anni fa dopo che a Clichy-sous-Bois due adolescenti erano morti folgorati in una cabina elettrica dov’erano finiti per sfuggire alla polizia. Per mesi la République ha fatto i conti con un popolo sconosciuto che le rivelava la faccia rovesciata dell’ipocrisia di Stato. Non c’era liberté, né égalité, né solidarité nelle «cités» della sterminata periferia parigina dov’era nata e cresciuta una generazione che ai poliziotti che la fronteggiavano con i caschi e gli scudi mostrava il passaporto della République, non permessi di soggiorno. Ma quei fuochi di rivolta che non hanno mai varcato il périphérique, covano ancora nel Paese presieduto dall’ex super-flic Sarkozy che li battezzò tutti con disprezzo «racaille», feccia. Su Le Monde di mercoledì un grand patron come Georges Pébereau, presidente di Alcatel, si chiedeva quando sarebbe scoccata una nuova scintilla («étincelle») rivoluzionaria: «Troppe ingiustizie uccidono la democrazia». Nell’Italia che non ha subito flussi coloniali e post-coloniali, le facce dei ragazzi neri sono comparse improvvise in due rivolte nel breve giro di 24 ore. A Castel Volturno, nella provincia di Gomorra, spacciatori neri si sono ribellati agli spacciatori bianchi e ai loro killer che ne avevano ammazzati sei. Nella pulviscolare Milano, la generazione Balotelli s’è raggrumata e manifestata contro i «bianchi». Due emergenze e due mondi diversi e incomparabili, «prima» e «seconda» generazione. Ma entrambe annunciano che la questione razziale s’è ora ufficialmente aperta in Italia.


da lastampa.it
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 21, 2008, 08:38:34 am »

21/9/2008
 
Non il razzismo ma la violenza il vero dramma
 
 
LORENZO MONDO
 
Tra i molti guai che ci assillano, dobbiamo confrontarci ogni giorno con l’uso improprio di parole, che vengono usate in modo strumentale e fazioso, facendo violenza alla realtà. Giorni fa, a Milano, un giovane italiano di origine africana è stato ammazzato da due bruti (padre e figlio, che bella famiglia) a colpi di spranga. A quanto pare nel corso di una rissa, a causa di un pacco di biscotti sottratti dal malcapitato in un negozio. Subito si sono levate roventi voci di accusa contro l’odio razziale che sarebbe alimentato dalle misure del governo sui temi della sicurezza e dell’immigrazione.

E, si badi bene, non da parte dei soliti noti, ma di uomini dell’opposizione che ci ostiniamo a considerare ragionevoli. In realtà, avrebbero dovuto mettere da parte l’avversione per Berlusconi e interrogarsi, come tutti, sull’indistinta ferocia che si manifesta nei gangli della nostra società e che non può essere rimossa dal razzismo usato come alibi o paravento. Si avrà la faccia di evocarlo anche nel caso di Castelvolturno? In quel lembo di terra campana, che assurge a emblema di un’Italia sottratta al consorzio civile, sei immigrati africani sono caduti, crivellati di colpi, per mano della camorra. Non è questione di pelle bianca o nera ma di una guerra spietata che ha per posta il traffico di droga e la prostituzione. Eppure si è tornati a inveire contro un presunto razzismo (complici i cattivi maestri?) da parte della folta colonia di immigrati che hanno inscenato una furibonda e distruttiva manifestazione di protesta. Per chilometri, sulla via Domiziana, non hanno lasciato intatte vetrine e automobili, telefoni pubblici e segnali stradali. Hanno inoltre rivolto la loro furia contro la polizia come se fosse alleata della camorra. Mentre una miscela esplosiva coinvolge la criminalità locale e l’immigrazione clandestina che raggiunge nell’area punte esponenziali. Non si può fare carico al ministro Maroni di essersi posto in termini generali il problema, di tentare qualche rimedio che, al di là delle parziali riuscite, sarebbe meglio del niente protratto per anni. Senza essere per questo indiziato come responsabile di un razzismo che va perseguito duramente nei fatti ma incide in minima parte su una situazione di per sè drammatica, abnorme.


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