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Autore Discussione: Il torero Zapatero  (Letto 6045 volte)
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« inserito:: Agosto 04, 2007, 09:19:15 pm »

SPAGNA / IL BILANCIO DEL LEADER PROGRESSISTA

Il torero Zapatero
di Gianni Perrelli


Conti pubblici in salute. Pil in crescita. Disoccupazione al minimo. Boom del terziario. Cantieri e grandi opere. Il premier macina record. Ma la sua rivoluzione sociale spacca il Paese 

Con il sorriso smagliante di chi sente il vento in poppa il premier José Luis Rodriguez Zapatero decanta alla stampa, nel palazzo presidenziale della Moncloa, l'ultimo record della Spagna socialista. Il tasso di disoccupazione del Paese, che negli ultimi anni ha prodotto i due quinti dei posti di lavoro in Europa, è sceso sotto l'8 per cento. Un traguardo mai toccato dal '78, subito dopo la caduta del franchismo. Attira manodopera non solo dall'Africa, ma anche dalle campagne del Portogallo. Imbarazzando i giornali di opposizione costretti alle acrobazie per cercare il pelo nell'uovo.

La spinta maggiore non viene più dal boom immobiliare che ha cementificato le coste, trasformando il Sud nella Florida dei pensionati tedeschi. "È una crescita sana, equilibrata, non drogata", assicura Stefania Ponte, economista della società di analisi finanziaria Fortis: "Non può scoppiare alcuna bolla". Va a gonfie vele il terziario: servizi e alta tecnologia. Si addita, come fiore all'occhiello del nuovo corso, il parco di ricerca biomedica di Barcellona. "Il futuro modello", sogna il direttore Jordi Cami, "è semmai la California". Sulla scia dell'ottimismo Zapatero annuncia che le previsioni di aumento del Pil per il 2007 scattano dal 3,3 al 3,7. Si avvicina il sorpasso dell'Italia che cresce di appena la metà. "Un risultato spettacolare che può preludere ad altri 20 anni di floridità", conclude Cami sprizzando trionfalismo: "La Spagna 'va a mas': i cittadini debbono esserne orgogliosi".

Fiaccati dall'estate rovente gli spagnoli accolgono con distrazione l'autoincensamento del governo. Più interessati a intasare gli aeroporti da dove, con il proliferare dei voli low cost (fra Madrid e Barcellona operano quasi una decina di compagnie), dirottano sul turismo i risparmi di un benessere non chiaramente percepito. Gli indicatori della macroeconomia mascherano un dato: è vero che i salari e gli assegni pensionistici sono cresciuti, ma il potere d'acquisto dei lavoratori resta al di sotto della media europea. "Con Zapatero", dice Alejandro Perales, esperto di comunicazione, "si ripete la schizofrenia che riguardava in Russia Mikhail Gorbaciov: più popolare fuori che in patria".

Nonostante la raffica di primati, i sondaggi accordano ai socialisti solo un leggero vantaggio. Qualche mese fa, dopo che l'Eta (il movimento terroristico basco) aveva annunciato la rottura della tregua, l'indice del consenso era sceso addirittura per la prima volta sotto quello dei popolari. In vista delle non lontane elezioni (si voterà in marzo, probabilmente il 9) Zapatero gioca d'anticipo. Chiama alla mobilitazione il suo popolo, enfatizzando il cospicuo raccolto. La Spagna è più ricca che mai: avanzo nei conti pubblici, incremento nelle esportazioni, riduzione del debito estero. Ha punte mondiali di eccellenza nell'alta velocità ferroviaria. Ha sospinto all'avanguardia segmenti dell'economia tradizionalmente arretrati, come le banche e la moda. Ha realizzato risultati eccezionali nell'alta finanza, grazie a Telefonica, motore nazionale delle telecomunicazioni, che in termini di capitalizzazione in Borsa ha stracciato i rivali europei.

Eppure la riconferma di Zapatero appare ancora appesa a un filo. Perché l'altra faccia della medaglia è una rivoluzione sociale che ha aperto tutta una mappa di nuove frontiere, dai matrimoni omosessuali al divorzio rapido, dalla legge di violenza di genere (che ha diminuito il numero degli stupri ma non ha frenato il fenomeno degli abusi domestici) a quella di uguaglianza (che introduce il congedo di paternità e combatte la discriminazione femminile), ma ha prodotto una frattura nel Paese quale non si ricordava dai tempi della transizione dalla dittatura alla democrazia. Il 'laboratorio sociale d'avanguardia' di cui va fiera Maria Teresa Fernandez de la Vega, la vicepresidente, ispiratrice delle riforme più avanzate, viene rigettato dalla Spagna nazional-cattolica arroccata nella difesa della tradizione e spalleggiata dalla Chiesa che si identifica ogni giorno di più con la destra all'opposizione.

Girando per le vie delle metropoli è quasi impossibile cogliere questa resistenza. A Madrid il quartiere Chueca, fino a qualche tempo fa un ghetto di degrado, è diventato trendy da quando il glamour dei localini per gay ha cominciato ad attrarre anche la clientela etero. Le ragazze che durante i weekend tirano l'alba, stravaccate sull'asfalto e con le lattine di birra in mano nei vicoli di La Latina o di Lavapiés, non hanno alcuna memoria della condizione sottomessa delle madri: quasi la metà delle liste elettorali è oggi composta da donne che stanno gradatamente scalando anche i vertici dei consigli di amministrazione. Ma scorre parallelo l'universo austero dei potentati reazionari e delle campagne bigotte, cresciuto nel timor di Dio e nei miti della patria e della famiglia ortodossa. Un contropotere agguerrito che bolla come emanazione del demonio e attentato all'identità della nazione il riformismo permissivista di Zapatero.

La Spagna è un paese prospero, proiettato verso la modernità, ma profondamente lacerato. "Zapatero", dice lo scrittore catalano Valentì Gomez, "ha però un grande vantaggio: l'onesta personale che nemmeno i più accaniti detrattori hanno mai messo in dubbio. E una capacità di guardare avanti che gioca a suo favore. Anche i conservatori più illuminati si rendono conto che certe conquiste non si possono più cancellare".

All'opposizione sembra mancare una cultura della proposta. Mariano Rajoy, il leader poco carismatico dei popolari, sa solo rimpiangere il passato. Per rimontare la corrente ha scelto la strada del catastrofismo, urlando a destra e a manca che l'estremismo dei socialisti avrebbe portato allo sfascio il Paese. "Di fatto", obietta il politologo Jaime Pastor, docente all'università madrilena Uned, "Zapatero è un moderato che come il predecessore José Maria Aznar cerca di applicare il liberismo. Ha abbassato le tasse e ha privatizzato". All'accusa di badare più ai diritti dei gay che ai bisogni delle famiglie il premier può obiettare che sta varando un piano per risolvere il delicato problema della mancanza di alloggi per le giovani coppie, ricorrendo magari anche a sistemi stravaganti (una lotteria legata alla concessione di affitti a basso prezzo). Al sospetto di essere venuto a patti con l'Eta per inconfessabili appetiti elettorali, può ribattere di averla subito rimessa al bando dopo il fallimento del dialogo. A chi gli rimprovera di pensare più agli immigrati - quattro milioni, di cui meno della metà regolarizzati - che alla difesa dell'ispanità minacciata dalla paralisi demografica, può replicare che la manodopera straniera a costi irrisori è uno dei motori dell'economia e che proprio nelle scorse settimane ha deciso che il governo regalerà (un po' demagogicamente, anche secondo il fiancheggiatore 'El Paìs') 2.500 euro a ogni coppia che metterà al mondo un bambino. Infine, a chi gli rinfaccia di occuparsi di cosmesi della società più che di innovazione, può sempre dimostrare che la ricerca non è più una Cenerentola: gli investimenti sono aumentati del 55 per cento e nelle energie rinnovabili la Spagna vanta la leadership mondiale.

La destra può far leva solo sul disgusto di vasti strati della popolazione per il relativismo etico che ha fatto della Spagna uno dei paesi più spregiudicati nell'abbattere le barriere del conformismo. L'alleato principale di Rajoy è il clero conservatore. L'apparato della Conferenza episcopale allarmata per la nuova legge che ha abolito l'obbligatorietà dell'ora di religione cattolica e ha introdotto le lezioni di educazione civica bollate come un cavallo di Troia del pensiero laico. La Chiesa ha il suo braccio armato nella Cope, un'emittente radiofonica seguitissima (la seconda per audience nel Paese). In 'Mañana', il programma di maggior successo (tre milioni di ascoltatori), il conduttore Federico Jimenez Losantos, un ex socialista convertito alla dottrina neocon, strapagato come un 'galactico' del Real Madrid, vomita ogni mattina insulti contro il nichilismo di Zapatero, "un vero Hitler", ma randella per la debolezza di muscoli anche Rajoy, senza che il linguaggio non proprio liturgico, che ha indotto il premier a lagnarsi con il Vaticano, crei problemi di coscienza alle autorità ecclesiastiche di Madrid. "L'economia va bene", riconosce con toni politicamente corretti Alfonso Nasarre, direttore della comunicazione della Cope, "ma la polarizzazione creata da Zapatero è una minaccia gravissima. I danni della sua gestione, con la distruzione di tutti i valori, leggi come quella sulla memoria storica rivolta a risarcire le vittime del franchismo, alimentano la spirale dei rancori. Sono di gran lunga superiori ai benefici".

Ad assecondare la febbre di ripicca dei conservatori c'è anche il potente Foro spagnolo della Famiglia. Riunisce più di 5 mila associazioni e ispirandosi vagamente alla Christian Coalition americana (la base elettorale di George Bush) ha saputo portare in piazza decine di migliaia di spagnoli contro i matrimoni gay. Benigno Blanco, il vicepresidente, ritiene un dovere tassativo dimostrare che "la società civile depositaria delle vere virtù non è moribonda come il governo vorrebbe far credere". Nel 2001 è poi sorta Hazteoir.org - fra gli affiliati figurano molti membri dell'Opus Dei e dei Legionari di Cristo - che ha dato alla crociata un tocco di modernità facendo largo uso di Internet e di tecnologie moderne. Remano tutti a favore di Rajoy che contava nelle amministrative della scorsa primavera di espugnare alcune roccaforti dei socialisti per preparare l'assalto finale. Un obiettivo sfumato, anche se gli resta la consolazione di aver conservato la centralista Madrid, oltre a Valencia e Malaga. Oggi, alla vigilia di un Congresso (ottobre) in cui voleranno i coltelli, deve guardarsi dalle fronde interne. Alfredo Piqué, il presidente del Pp in Catalogna, gli ha sbattuto la porta in faccia. E sembra stia accarezzando con altri papaveri fra cui il sindaco di Madrid Alberto Ruiz-Gallardón, l'idea di una scissione che dovrebbe preludere alla nascita di un partito centrista. "La destra si agita molto", dice Ana Etxenique, presidente dell'Unione consumatori televisivi, "ma se fra sette mesi l'economia tira come in questi mesi rivincono di nuovo i socialisti". "Per Zapatero c'è un solo rischio", è il parere di Pastor: "La tentazione verso l'astensionismo di chi resta ancora escluso dal ciclo produttivo e non ha più le motivazioni dell'anti-aznarismo per scuotersi dall'apatia".

Resta in agguato l'imponderabile, il fattore che con la strage dell'11 marzo nel 2004 spianò a sorpresa proprio la vittoria di Zapatero. La caduta del cavo della corrente elettrica che nell'ultima decade di luglio ha mandato in tilt per tre giorni Barcellona, ribattezzata Carcelona per essere precipitata in un girone dell'inferno, ha spinto in piazza migliaia di cittadini infuriati contro i governi (nazionale e regionale) dei socialisti. Gli amici per strada anziché salutare si chiedevano: "Ma a te è tornata la luce?". I più esasperati hanno chiesto le dimissioni del premier, ritenendo vergognoso che proprio la città simbolo della modernità abbia ottenuto da Madrid lo Statuto di autonomia ma sia poi così trascurata nelle infrastrutture. Zapatero ha drizzato le orecchie. Precipitandosi a ricucire. "La Catalogna", ha sentenziato nella conferenza stampa alla Moncloa, "è la locomotrice della Spagna". Con aria solenne, accantonando per un attimo il sorriso dell'eterno ottimista.

ha collaborato Emanuele Giusto
 
Giù le mani dalle donne
di Emanuele Giusto
 
Ha inventato la Spagna 'scandinava' e l'ha spinta fino ai vertici dell'avanguardia europea nella lotta contro il machismo. Per il primo ministro spagnolo "le leggi antidiscriminazione per ragioni di sesso da sole giustificano la legislatura". La battaglia contro il machismo è iniziata con due riforme copernichiane: la legge contro la Violenza di genere, che ha creato tribunali speciali per i casi di violenza di ogni tipo sulle donne, e la legge di Dipendenza, che solleva le donne dalla responsabilità delle cure dirette agli anziani e alle persone con deficit importanti. Oggi si registrano i primi effetti del terzo pilastro, la legge di Uguaglianza, approvata a marzo del 2007 con l'astensione del Partito popolare, secondo cui qualunque atto discriminatorio per ragioni di sesso è nullo e va punito. Le misure vanno dalla proibizione di dare una immagine stereotipata della donna all'obbligo di presentare liste elettorali equilibrate tra uomini e donne, fino alla previsione di consigli di amministrazione delle grandi aziende che dovranno essere sessualmente paritari, come spiega Maribel Montaño, segretaria generale di Uguaglianza del Psoe.

Perché considerate necessaria, imprescindibile, la legge d'Uguaglianza?

"La nostra società è ancora profondamente ingiusta nei confronti delle donne. La donna spagnola malgrado rappresenti la metà della società non trova posto nel mondo del lavoro alle stesse condizioni rispetto agli uomini. Solo il 28 per cento lavora, i salari sono in media più bassi rispetto ai colleghi uomini e otto contratti a tempo determinato su dieci sono firmati dalle donne. In compenso per ogni uomo che si occupa dei figli e della famiglia, 27 donne svolgono la stessa funzione sociale".

La legge come incide sulla società per correggere il tiro?

"Le misure sono estremamente pratiche. Per esempio, l'uomo potrà chiedere un permesso di paternità retribuito di 15 giorni per la nascita di un figlio contestualmente alla madre. Entro sei anni questa possibilità sarà prolungata fino a un mese. In tre mesi di vigenza ne hanno già usufruito 50 mila uomini. Le imprese dovranno dare spiegazioni se tra gli impiegati gli ingegneri sono tutti uomini e le donne della pulizia sono donne. Entro otto anni i consigli di amministrazioni di tutte le grandi aziende dovranno equilibrare i loro componenti direttivi tra uomini e donne. In politica le liste dei partiti spagnoli devono rispondere al principio di 'rappresentanza equilibrata' tra i due sessi. La predominanza di un sesso dovrà raggiungere il tetto massimo del 60 per cento".

Prossimi passi?

"Le nostre future mosse per ora sono top secret, ma sicuramente nel prossimo programma, per le elezioni politiche del 2008, verrà prevista una ulteriore estensione dei diritti della donna, soprattutto nell'ambito del lavoro domestico".

da espressonline.
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 12, 2008, 04:14:13 pm »

12/4/2008 (11:45)

Spagna, la rivoluzione di Zapatero: "Governo con più donne che uomini"
 
Carmen Chacon, in gravidanza, alla Difesa e Bibiana Ado, 31 anni, all'Uguaglianza. Confermati tutti i principali ministri, 5 i volti nuovi


MADRID
Il governo del secondo mandato di José Luis Zapatero «avrà per la prima volta più donne che uomini», e un «ministero dell’Uguaglianza». Lo ha annunciato oggi lo stesso Zapatero in una conferenza stampa poco dopo aver promesso fedeltà al suo nuovo incarico davanti al re Juan Carlos.

Il ministero dell’Uguaglianza
Al capo del nuovo ministero sarà la giovane andalusa Bibiana Aido Almagro (31 anni). «Ho sempre creduto al valore pedagogico degli atti di governo», ha detto Zapatero, indicando che la titolare dell’Uguaglianza dovrà dedicarsi a combattere la discriminazione e la violenza di genere e a promuovere attivamente la presenza femminile nal mondo del lavoro. Il nuovo esecutivo è composto di 17 ministri, di cui nove sono donne. Zapatero ha anche confermato la nomina della catalana Carme Chacòn (37 anni) al ministero della Difesa.

Le conferme
Confermati quasi tutti i ministeri di maggior peso: la vicepremier de la Vega, Solbes all’Economia, Rubalcaba all’Interno e Moratinos agli Esteri. Restano al loro posto anche il ministro della Giustizia Bermejo e quello delle Infrastrutture, Magdalena Alvarez, di cui non era sicura la riconferma a causa di problemi durante il loro primo mandato. Riconfermati anche Elena Salgado alla Funzione pubblica ed Elena Espinosa all’Agricoltura, che però viene accorpata al ministero dell’Ambiente; come pure Bernat Soria all’Agricoltura, Cesar Antonio Molina alla Cultura, e Mercedes Cabrera alla Cultura e Sport.

I volti nuovi
Oltre al cambio di portafoglio di Chacòn con la sua "promozione" alla Difesa, entrano nel governo cinque volti nuovi: il catalano Celestino Corbacho come ministro del Lavoro e Immigrazione (finora diretto dall’amico personale di Zapatero Jesus Caldera, che dirigerà ora un ’think tank’ socialista); Miguel Sebastian all’Industria e Commercio, Cristina Garmendia al nuovo ministero dell’Innovazione, Beatriz Corredor a quello della Casa e Bibiana Aido all’Uguaglianza.

Ecco la lista dei 17 ministri del secondo governo Zapatero:

- Presidente del Consiglio: Jose Luis Rodriguez Zapatero
- Primo vice presidente: Teresa Fernandez de la Vega
- Economia e secondo vice presidente: Pedro Solbes
- Interno: A. Perez Rubalcaba
- Difesa: Carme Chacon
- Giustizia: Fdez Bermejo
- Esteri e Cooperazione: M. Angel Moratinos
- Industria: Miguel Sebastian
- Lavoro e Immigrazione: Celestino Corbacho
- Edilizia abitativa: Beatriz Corredor
- Funzione pubblica: Elena Salgado
- Agricoltura e Ambiente: Elena Espinosa
- Sanità e Difesa consumatori: Bernat Soria
- Cultura: Cesar Antonio Molina
- Istruzione e Affari sociali: Mercedes Cabrera
- Innovazione tecnologica: Cristina Garmendia
- Sviluppo: Magdalena Alvarez
- Ugualianza: Bibiana Aido.


da lastampa.it
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« Risposta #2 inserito:: Luglio 01, 2008, 04:06:34 pm »

ESTERI

Il premier Zapatero: "Non cambieremo i nostri rapporti con la Chiesa"

"La Ue sta creando norme per Paesi che agivano senza una politica comunitaria "

"La Spagna più forte della crisi così abbiamo superato l'Italia"

di JAVIER MORENO

 

MADRID - Sono stati cento giorni strani. Un partito politico vince le elezioni per la seconda volta con il 43,87% dei voti e ottiene 5 deputati in più rispetto alla legislatura precedente, mentre la formazione rivale sprofonda in una crisi dalla quale comincia appena a riprendersi. Un sogno per qualunque politico. Eppure, al momento di fare il punto della situazione, il leader che ha conseguito tutto questo, il 47enne José Luís Rodríguez Zapatero, scopre che il Partito popolare lo tallona di nuovo nei sondaggi, e le critiche fioccano sul suo governo: lo si accusa di inattività (legislativa), deriva a destra (sull'immigrazione) e occultamento della realtà (crisi economica). In questo scenario, El Paìs ha proposto al presidente un'intervista-esame.

ECONOMIA
Signor presidente, c'è o non c'è la crisi economica?
"Dipende da ciò che si intende per crisi. L'anno scorso la crescita economica ha superato il 3,5%, e quest'anno la crescita si attesterà intorno al 2%. Siamo in presenza di un evidente calo, le cui cause vanno ricercate nel contesto internazionale, e soprattutto nella crisi finanziaria che ha avuto origine negli Stati Uniti, nel rincaro del petrolio e nell'andamento dei tassi d'interesse. Nel nostro Paese è soprattutto il settore edile a comprimere la crescita del Pil e ad aggravare la disoccupazione".

Al di là di quello che dicono gli economisti, per il cittadino comune la crisi c'è...
"Il cittadino è preoccupato perché l'economia va peggio di un anno fa: e ha ragione. È la verità. Ma concetti quali recessione, decelerazione o crisi appartengono piuttosto all'ambito accademico. Per il governo, ciò che conta è poter disporre di più mezzi di quanti ne abbiamo mai avuti per la tutela e l'appoggio sociale: indennità di disoccupazione, aumenti delle pensioni e dei salari minimi. Abbiamo incrementato o introdotto nuovi sussidi per gli alloggi, in particolare per sovvenzionare gli affitti per i giovani, e istituito nuove prestazioni, come il bonus di 2500 euro per ogni figlio a quasi 390.000 famiglie".

Crede che il presidente della Banca centrale europea (Bce) Trichet sia responsabile del rialzo del tasso Euribor? Lei gli ha chiesto più prudenza: è stato imprudente?
"Ci sono due tipi di politica. Quella della Bce è molto orientata al controllo dell'inflazione, ma dovrebbe avere una certa flessibilità, in particolare perché l'inflazione in Europa è dovuta soprattutto all'aumento del prezzo del petrolio e degli alimenti e non a un eccesso della domanda interna. La Federal reserve americana fa un'altra politica e a medio termine vedremo quale delle due è la più corretta. La Bce ha piena autonomia, ma si può anche discutere di quello fa...".

Il governo esclude qualunque riforma del mercato del lavoro senza un accordo tra le parti sociali. Non significa concedere diritto di veto a datori di lavoro e a sindacati?
"Significa qualcosa di molto più importante: il governo non procederà per decreti e non intaccherà i diritti dei lavoratori. In una situazione economica positiva abbiamo attuato più politiche sociali; in questo momento meno favorevole sosterremo soprattutto i lavoratori e i cittadini a più basso reddito. E' questo il segno dell'identità del nostro governo".

Il governo ha fatto previsioni errate in materia di crescita: nell'ultimo quadro macroeconomico si parlava di una crescita del 2,3%, che già allora appariva irraggiungibile...
"Non mi sembra che nessuno abbia mai criticato gli organismi internazionali per aver previsto una crescita del 3,3%, quando noi siamo cresciuti del 3,8%. Le previsioni più azzeccate le ha fatte il governo. Nella situazione attuale la nostra crescita è del 2%, mentre Francia, Italia e Germania sono rimaste ad disotto di questa percentuale negli ultimi 4 anni. Abbiamo appena ricevuto i dati di Eurostat. Per la prima volta il nostro Pil pro capite è in testa alla media europea. E' ormai dimostrato che abbiamo superato l'Italia, e accorciato le distanze rispetto a Germania, Francia e Inghilterra. E in più abbiamo l'eccedenza, che altri Paesi non hanno".

Per giustificare la crisi si parla sempre di fattori esogeni quali il petrolio o i subprime...
"Quando c'è un freno all'economia mondiale, tutti i Paesi ne risentono. E se il prezzo del petrolio raddoppia il nostro Paese perde ricchezza".

Ma si ha la sensazione che negli anni di abbondanza non abbiamo avuto la capacità di cambiare il modello di crescita.
" Abbiamo moltiplicato per sette la produttività. La Spagna e la Germania sono i soli Paesi a non aver perso quote di mercato nelle esportazioni; e nel commercio internazionale abbiamo oggi un più alto livello di competitività. Dobbiamo migliorarla ancora? Senz'altro. Ma in questi 4 anni si è dato un forte impulso al cambiamento del modello di crescita, con l'aumento della produttività e lo sforzo per le infrastrutture: per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione. Gli investimenti pubblici si sono triplicati. La nostra economia oggi è più produttiva".

SOCIETÀ
La Spagna oggi è una società molto diversa da quella del 1978, l'anno della firma del Concordato con la Santa Sede. Non crede che varrebbe la pena di rivedere i rapporti con la Chiesa per adeguarli alla società di oggi?
"La cosa migliore è attenersi alla Costituzione, che definisce lo Stato aconfessionale e delega ai pubblici poteri il mantenimento di un rapporto singolare con la Chiesa cattolica, dato che la popolazione spagnola è in maggioranza di confessione cattolica. In base all'interpretazione che si è data di questo precetto costituzionale, esiste un accordo quadro di collaborazione. Abbiamo un quadro giuridico ragionevole. Non sono favorevole a cambiarlo".

Ma è quello che vorrebbero molti esponenti del suo partito.
"Riconosco che su questo tema è in corso un dibattito".

Cosa risponde a questa richiesta di cambiamento?
"La legge sulla libertà religiosa esiste ormai da trent'anni, e in Spagna la realtà è cambiata. Occorre favorire il pluralismo. Oggi i seguaci di altre religioni sono assai più numerosi, e la libertà di coscienza va rafforzata. La legge sarà modificata".

Questo vuol dire più religione?
" Vuol dire garantire i loro diritti a tutte le confessioni, e garantire la libertà religiosa; anche in questo sta la grandezza della democrazia".

POLITICA INTERNAZIONALE
Lei ha attribuito a "supina ignoranza o demagogia irresponsabile" le critiche alla direttiva Ue a sul ritorno degli immigrati irregolari. Ma al parlamento europeo cento deputati socialisti hanno votato contro...
"Si può votare contro la direttiva; è una posizione rispettabile. Ma si tratta di un primo quadro normativo comune per la politica di ritorno (degli immigrati irregolari ai loro Paesi d'origine), che non esisteva; e questo vuoto dava luogo a situazioni anomale. In nove Paesi non esisteva alcun limite di tempo [all'internamento di immigrati privi di documenti]. Se ora abbiamo una direttiva che fissa questi limiti di tempo, sarà un passo avanti; se avremo garanzie giurisdizionali per la gestione del ritorno e per la durata della permanenza nei centri di internamento in tutta l'Ue, avremo ottenuto un progresso. Si può essere d'accordo o meno, ma non sostenere che in questo modo si criminalizza l'immigrazione o si attenta ai diritti umani".

Il fatto che per la prima volta si dica che una persona può essere detenuta per 18 mesi senza aver commesso alcun reato non è rovinoso per la tradizione democratica europea?
"Indubbiamente io avrei preferito un limite di tempo inferiore e maggiori garanzie istituzionali, ma non si può dire che questo sia un disastro. Al contrario. Man mano che andiamo verso una politica comune, si tenderà a dare maggiori garanzie. Ciò che la Ue sta facendo è creare norme comuni per Paesi che in materia di immigrazione si consideravano sovrani e agivano come meglio credevano, in assenza di una politica comunitaria".

POLITICA INTERNA
Ha rinunciato all'idea di risolvere il problema del terrorismo dell'Eta attraverso il dialogo?
"Non è stato il governo a rinunciare al dialogo; è l'Eta che ne ha dimostrato l'inutilità con ciò che ha fatto. Questa via non ha dato i risultati desiderati; perciò non vi sarà dialogo".

All'intervista hanno partecipato i vice-direttori Berna González Harbour e José Manuel Romero; Miguel Jiménez e Miguel González.
Copyright El Paìs -
La Repubblica
Traduzione
di Elisabetta Horvat

(30 giugno 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #3 inserito:: Luglio 06, 2008, 09:25:10 pm »

Psoe, Zapatero rieletto: «Laicità e salari più alti»

Toni Fontana


Tra le lacrime dei delegati e le note de l'Internazionale, si è chiuso sabato nella cittadella avveniristica di Madrid, il campo de la Las Naciones, il 37° congresso del Psoe. Imprimendo una svolta "izquiedista" il leader Zapatero ha conquistato i 995 delegati che lo hanno rieletto segretario generale del partito con il 98,5% dei consensi. Quattro anni fa aveva ottenuto il 95,6% dei voti.

José Luis Rodriguez Zapatero ha assorbito le critiche della sinistra socialista promettendo un'ampia modifica della legislazione sull'aborto, la revisione della legge sulla libertà religiosa (abolizione dei funerali di stato con rito cattolico e dei crocefissi nelle scuole e negli edifici pubblici), l'introduzione del voto amministrativo per gli immigrati con regolare permesso di soggiorno.

La 31enne Leire Pajin, promotrice nel 2003 delle grandi marce contro la guerra in Iraq è stata nominata responsabile dell'organizzazione del Psoe, la numero tre nella gerarchia socialista. Lascerà l'incarico di responsabile della cooperazione con i paesi in via di sviluppo.

Il leader Zapatero doveva ribaltare tre accuse che, dal 9 marzo (vittoria con il 43,87%, 169 deputati, sette meno della maggioranza assoluta), rimbalzano sulla stampa e fanno presa anche tra i militanti: inattività legislativa, cedimento alla destra sui temi dell'immigrazione, occultamento della verità sulla crisi economica.

Zapatero ha risolto la prima questione assicurando che la Spagna «continuerà sulla strada delle riforme per le modernizzazione». E ha elencato le iniziative che sono in cantiere. La revisione della legge sull'aborto (rimasta invariata da 23 anni) appare una priorità. «Nessuna donna che abortisce può essere incriminata» - ha detto sabato Zapatero alludendo a recenti inchieste avviate dalla magistratura. E negli emendamenti approvati ad unaninità si parla di «rispetto della volontà della donna» e di «diritto alla salute e al controllo della maternità».

La vice di Zapatero, Maria Teresa de la Vega, ha annunciato che la revisione della legge «sarà ampia», ma il congresso non è entrato nei dettagli. Né Zapatero, né i documenti congressuali parlano espressamente di eutanasia, ma il leader ha accennato al diritto «ad una morte degna» e nelle relazioni approvate si accenna ad un «aiuto per porre fine all'accanimento terapeutico».

In quanto al contrastato rapporto con la Chiesa cattolica, il leader socialista si è limitato a ribadire «il carattere laico dello Stato», approvando così indirettamente le indicazioni emerse nel dibattito. Al tema dell'immigrazione Zapatero ha dedicato buona parte del suo intervento.

Molti militanti, anche pubblicamente, hanno manifestato dissenso per l'appoggio dato dagli europerlamentari del Psoe alla Direttiva del Rientro che apre la strada alla detenzione anche per 18 mesi nei Cpt.

Intervistato da El Pais, Zapatero si è spinto a definire «progressista» la direttiva di Bruxelles e sabato, per sedare i malumori, ha spiegato che la Spagna si oppone all'immigrazione illegale, ma offre la «piena integrazione» agli stranieri regolari che, ben presto, potranno votare alle elezioni amministrative. Poi ha scatenato l'applauso della platea aggiungendo che «se negli asili non ci sono posti liberi non è colpa degli immigrati e dei loro figli, ma degli amministratori».

In quanto alla crisi economica Zapatero ha ribadito che intende tutelare salari e pensioni e «tutti coloro che sono vulnerabili» e che è fiducioso nelle capacità della Spagna (inflazione in crescita, salari in diminuzione, crescira rallentata) di superare le difficoltà anche perché «gli investimenti stranieri sono aumentati del 50%».


Pubblicato il: 06.07.08
Modificato il: 06.07.08 alle ore 19.05   
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« Risposta #4 inserito:: Luglio 08, 2008, 10:12:40 am »

Zapatero, un premier senza paura

Luigi Bonanate


La parabola delle leadership europee è estremamente volubile: Gordon Brown è in caduta libera, Sarkozy si aggrappa alla Betancourt per avere un po’ di successo in Francia, Berlusconi... beh, lasciamo andare. Invece Zapatero (fresco vincitore delle elezioni, per la seconda volta, sei mesi fa) va a gonfie vele.

Non soltanto gli spagnoli hanno scoperto che non porta sfortuna e non più di una settimana fa ha accompagnato alle vittoria europea la squadra di calcio nazionale, ma c’è di più.

Mentre in Italia facevamo i conti per stabilire definitivamente se il prodotto nazionale lordo spagnolo avesse davvero superato quello italiano, Zapatero — e questa è davvero una notizia — faceva politica. La faceva proponendo la ridiscussione della legge sull’aborto, sulle lungaggini delle pratiche per il divorzio, sulla morte assistita, sulla presenza o meno dei crocefissi nelle aule, sui funerali di Stato cattolici: tutti temi di chiara impostazione sociale su cui il premier ha chiamato al dibattito le assise del suo partito, il Psoe. Zapatero ha capito che la politica deve dettare, più che i contenuti, le procedure secondo le quali evolve una società. Proprio questo è la democrazia in azione: dibattiti e discussioni destinati non a stabilire che cosa sia vero o giusto (anche se tutti abbiamo il dovere di ricercarlo) ma cosa appaia più equilibrato a una pubblica opinione. A questo servono le elezioni. Quando la politica svolge la sua funzione di regolatore della vita sociale anche i treni possono arrivare in orario (come effettivamente in modo stupefacente succede in Spagna) senza aver bisogno del fascismo.

Già, il fascismo spagnolo: è caduto da quasi un quarto di secolo, ma in molti di noi è rimasto vivo lo stereotipo di una Spagna «cattolicissima», che non fu invece altro che uno degli artifici mediatici del regime franchista per accreditarsi come un governo tradizionale e storico. La cultura spagnola — dopo il «siglo de oro» e fino al franchismo — non ha mai sofferto di crisi religiose come è successo alla Germania o alla Francia con le guerre di religione. Si può essere cattolici senza esser fascisti e, a dire il vero, la maggior parte dei fascisti non sono veri cattolici. Sembra proprio questa la chiave di volta che consente a Zapatero di vincere le elezioni sia quando sono politiche sia quando si svolgono all’interno del partito: adesso è stato riconfermato (terza volta) alla segreteria del Psoe: senza rivali. Era successo — chi se lo ricorda ancora? — anche a Bettino Craxi, qui da noi, che venne addirittura rieletto, nel 1984, per acclamazione, suscitando il famoso articolo di Bobbio sulla democrazia dell’applauso. La differenza, con Zapatero, è che al posto della demagogia si fa politica: anche in questo il modello-Zapatero appare tanto diverso da quello della maggior parte dei suoi colleghi europei. Il suo è un governo che lavora tutti i giorni, per così dire, e non si intorcina in improbabili riforme della giustizia, non si disperde nei decreti sulle intercettazioni (tutti i Paesi del mondo hanno una chiara e sufficiente legislazione al riguardo: basterebbe rispettarla) ma cerca di costruire un modello di Stato. Non è proprio questo il compito di quello che chiamiamo «statista»?

In questo quadro, la politica religiosa del governo spagnolo merita di essere considerata per quel che propone, e non sulla base di stucchevoli pregiudizi sull’anti-clericalismo o sul laicismo. La riaffermazione della laicità, invece, è uno dei capisaldi proprio di quelle radici cattoliche dell’Europa che — giova non dimenticarlo — si nutrono anche di universalismo, tolleranza, interculturalità e libertà (anche religiosa: e per tutti). Quale credente vorrebbe mai vedere la sua religione imposta ai non credenti con le baionette? E così Zapatero, al potere da cinque anni, ha sempre seguito una linea coerente senza trasformarsi o piegarsi di fronte a difficoltà occasionali. E curiosamente, i risultati non solo sono giunti senza troppe difficoltà ma anche senza grande chiasso: si è discusso di più in Italia, senza concluder nulla, di coppie di fatto o di matrimoni gay che non in Spagna. In Spagna tutto ciò è ormai acquisito e la società spagnola non si è disgregata, mentre in Italia non se ne è fatto nulla — come dire: abbiamo perso tempo e la società non si è migliorata per nulla, non ha saputo dare prova della benché minima capacità di auto-riformarsi.

Il modello-Zapatero — il potere non logora chi sa far politica (chi vuole lo applichi anche a Berlusconi) — potrebbe esserci particolarmente utile nel momento in cui, ai confini dell’Europa, si annuncia un nuovo grande, intricatissimo, conflitto religioso. O politico? La Corte costituzionale turca sta, verosimilmente, per mettere fuori legge il partito politico che ha espresso niente meno che il Primo ministro in carica, Erdogan, con l’accusa di violazione dei princìpi laici e a-confessionali della Costituzione turca, voluta da Atatürk ormai un secolo fa, al termine di una storia, quella dell’un tempo grandissimo, potentissimo e religiosissimo impero turco. Che politica e religione non dovessero mescolarsi e reciprocamente sfruttarsi è una lezione che i turchi sembrano aver dimenticato tanto che corrono verso una crisi istituzionale estrema che rischia, tra l’altro, di escluderli definitivamente dalla rincorsa del treno europeo.Anche per questo diciamoci che, di religione e crocefissi, di veli che coprono la donna sul capo, sul viso o sul corpo, si può discutere senza che nessuno debba gridare allo scandalo: questa sì sarebbe una bella notizia. Rispettare tutti vuol dire rispettare usi e costumi di chiunque, in quanto portatori di storie, saggezza popolare, tradizioni. Invece che scontrarsi a ogni passo, potrebbero meglio convivere le une con le altre se accettassimo di parlarne e discuterne senza arroganza, senza pregiudizi, sena paura di perdere: in democrazia c’è sempre modo di rifarsi. C’è stato un tempo in cui il crocefisso veniva brandito come una clava: se Dio vuole, proprio i cattolici se ne sono liberati, e ora possiamo darci programmi di discussione evoluti e consapevoli. Si può far politica anche senza anatemi. Anzi, è ancora meglio.


Pubblicato il: 07.07.08
Modificato il: 07.07.08 alle ore 8.20   
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« Risposta #5 inserito:: Luglio 15, 2008, 10:28:04 am »

POLITICA ED ECONOMIA

Le amnesie di Zapatero


di Maurizio Ferrera


Alla fine Zapatero è stato costretto a riconoscerlo pubblicamente: la Spagna è in crisi. Forte del suo secondo successo elettorale, negli ultimi due mesi il premier iberico aveva scelto di ignorare i sintomi sempre più evidenti di rallentamento dell'economia, peraltro chiaramente segnalati dalle principali istituzioni finanziarie nazionali e internazionali. Chiudendo i lavori dell'ultimo congresso Psoe, il 6 luglio scorso, Zapatero ha infranto il tabù, ammettendo peraltro che la crisi ha cause non solo esterne (il prezzo del petrolio, l'instabilità dei mercati finanziari) ma anche interne (soprattutto le difficoltà del settore edilizio, che ha trainato il boom spagnolo dell'ultimo decennio). «Più che le parole a me interessano le decisioni», ha poi aggiunto Zapatero in una intervista televisiva. Ma quali decisioni? In realtà, sul fronte propositivo il premier spagnolo è rimasto finora sul vago. Data la cattiva congiuntura internazionale, nessuno si aspetta ricette miracolose.

Molti cominciano tuttavia a chiedersi: il «modello Zapatero» ha un suo progetto economico, capace di promuovere crescita e competitività? Oppure è solo ed esclusivamente un progetto di modernizzazione civile e sociale? Durante la legislatura 2004-2008, gli ideologi del Psoe avevano teorizzato in forma esplicita che la modernizzazione (in particolare la promozione dell'eguaglianza di genere e di più ampie opportunità per tutti gli outsider) era di per se stessa uno strumento di crescita. L'ingresso di più donne e più giovani nel mercato del lavoro e la valorizzazione dei loro talenti avrebbe dato una bella «scossa» all'economia e stimolato dinamiche di innovazione e cambiamento non solo nella società, ma anche nel mercato e nella pubblica amministrazione. Erano sì previsti anche interventi più tradizionali di liberalizzazione, di riduzione della pressione fiscale, di razionalizzazione della spesa pubblica.

Ma il piatto forte del modello Zapatero era, appunto, il disegno di modernizzazione civile e l'ambizioso pacchetto di riforme varato su questo terreno (nuovo diritto di famiglia, legge sull'eguaglianza fra uomini e donne, diritti delle coppie omosessuali, politiche per promuovere l'autonomia dei giovani) è stato il vero tratto caratterizzante della passata legislatura. Le misure adottate hanno indubbiamente provocato varie «scosse», dando un contributo non secondario al dinamismo spagnolo degli ultimi anni. La scarsa incisività delle politiche economiche (soprattutto sul fronte delle liberalizzazioni) ha però impedito l'attivazione di un circolo virtuoso durevole, basato non solo sull'inclusione degli outsider, ma anche su specifici incentivi volti a stimolare produttività ed efficienza. Per superare la crisi, Zapatero sarà ora costretto a prendere decisioni coraggiose e impopolari proprio su questo fronte. Seguendo l'esempio di Blair, dovrà riformare la pubblica amministrazione, aprire alla concorrenza i settori protetti, riformare fisco e previdenza.

A giudicare dalle dichiarazioni programmatiche formulate in occasione del congresso, il premier non sembra però molto interessato a procedere su questa strada. Nei suoi due discorsi Zapatero ha parlato soprattutto di diritti civili e sociali, laicità dello stato, temi eticamente sensibili (dall'aborto all'eutanasia). Vi è stato il cenno alla «crisi» e alle sue cause. Vi è stato un breve ragionamento sul crescente disagio economico delle famiglie spagnole e sulle necessità di farvi fronte. Il premier non ha tuttavia formulato proposte concrete. Ha sostenuto che il suo governo ha già operato una profonda trasformazione dell'economia spagnola nel segno dell'efficienza e della competitività (una evidente esagerazione), ribadendo generici impegni ad accrescere gli investimenti pubblici in ricerca e innovazione.

E ha annunciato una nuova politica economica «di sinistra», capace di far prevalere «i valori umani al di sopra del denaro e del potere». Sono parole pronunciate durante un congresso di partito, volte a soddisfare gli «spiriti animali» di quadri e militanti ancora molto attaccati alla tradizione operaista del socialismo spagnolo. Nelle interviste successive al congresso, Zapatero avrebbe però potuto chiarire, integrare, precisare. Non l'ha (ancora) fatto. E a chi gli chiede lumi sulle strategie programmatiche, risponde che chiarimenti e proposte saranno presto fornite dal nuovo think tank del Psoe, la Fundacion Ideas. Il nome è un acronimo che sta per: Igualdad, Derechos, Ecologia, Accion, Solidaridad. Si tratta di simboli e obiettivi senza dubbio importanti per una formazione politica di stampo social-riformista.

Ma l'economia dov'è? Dove sono la crescita, la produttività, la competitività? Se non si occupa seriamente di queste tematiche è ben difficile che il modello Zapatero riesca a fronteggiare la crisi economica in cui la Spagna sembra essere improvvisamente precipitata. Su alcuni blog spagnoli di centro-destra, comincia a circolare una tagliente battuta: «con Zapatero, pais bananero». Ossia politiche pasticciate, eccessi laicisti e «buonisti», misure estemporanee da «Repubblica delle Banane», appunto. Si tratta di una caricatura fattualmente inesatta e politicamente ingenerosa. Le riforme sul terreno dei diritti civili e sociali hanno davvero portato una salutare ventata di modernità nella società spagnola (una ventata di cui avrebbe tanto bisogno anche il nostro Paese). Ma Zapatero deve ora dimostrare di essere efficace anche sul piano economico. È troppo presto per la frutta: il premier deve proporre un nuovo e diverso «piatto forte» per la legislatura appena iniziata, resistendo alle sirene del massimalismo vetero-socialista e del trionfalismo auto-celebrativo.

14 luglio 2008

da corriere.it
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« Risposta #6 inserito:: Settembre 08, 2008, 10:23:11 pm »

8/9/2008 (7:20) - IL CASO

Zapatero apre al suicidio assistito "Abolire il dolore"
 
Il primo ministro spagnolo Zapatero con il governo socialista sta portando avanti numerose battaglie sui diritti

Le nuove sfide della Spagna dei socialisti


GIAN ANTONIO ORIGHI
MADRID

Il governo del premier socialista Zapatero prosegue la sua offensiva laica con altre due katiusce ad alzo zero contro la Chiesa e non incluse nel suo programma elettorale: non solo il diritto alla dolce morte, ma persino quello al suicidio assistito. L’annuncio viene dal ministro della Sanità, il noto scienziato specializzato nella riproduzione assistita Bernat Soria, 56 anni, in un intervista concessa ieri al filo-governativo El País. «Vogliono liquidare la gente a spese dei contribuenti», ha commentato Gonzalo Pons, portavoce dei popolari di centro-destra mentre le associazioni osservanti come Médicos Católicos stigmatizzano «la cultura della morte» zapaterista.

In una Spagna sempre più colpita dalla crisi economica (la disoccupazione ha raggiunto il 10,44%, la più alta d’Europa), a pochi giorni dall’annuncio della ministra della Uguaglianza, l’iperfemminista Bibiana Aidó, che entro il 2009 l’Esecutivo amplierà con un quarto caso la depenalizzazione dell’aborto, lo squillo di tromba è giunto da Soria, punta di diamante del premier per i temi più sensibili. Il ministro palesa subito il suo noto ghibellinismo dicendo: «Non mi preoccupa l’idea di ritrovarmi un’altra volta i vescovi nelle piazze (accadde nel 2004 quando vennero approvare le nozze ed adozioni gay, ndr). L’unico mandato che ho, come ministro e come deputato socialista, è quello con i cittadini».

Soria parte dall’eutanasia, che Zapatero aveva promesso di depenalizzare già nel programma elettorale del 2004 ma che poi, per mere ragioni elettorali, aveva parcheggiato e contro cui aveva addirittura votato quando lo spinoso tema venne portata alle Cortes dai comunisti di Izquierda Unita nell’ottobre scorso, benché i sondaggi indicassero che era favorevole il 76% degli spagnoli. «Faremo in modo che il diritto del malato ad una dolce morte sia reale. La battaglia contro la morte non la vinceremo, ma quella contro il dolore sì - ha esordito il ministro -. Deve essere il cittadino a decidere. C’è chi pensa che il proprietario del corpo sia una religione, un’istituzione, un partito politico. Noi socialisti diciamo: il proprietario del tuo corpo sei tu, e tua deve essere la decisione».

«Noi rispettiamo l’opzione del cittadino affinché possa decidere che non vuole essere sottomesso alla tortura che spesso significa lo sforzo terapeutico - continua Soria, da sempre nemico giurato dei cattolici -. Deve essere il malato a stabilire se desidera o no ricevere una cura assicurando che muoia o viva senza dolore». Dopo questo primo squillo, è arrivato il secondo, clamoroso. Il suicidio assistito, finora possibile, quando il malato è cosciente e assume volontariamente farmaci letali preparati da un medico, soltanto in Svizzera, Olanda e Belgio.

«Non è legale in Spagna - ha spiegato Soria -. Ma il Codice Penale è già stato cambiato molte volte. Inizieremo, insieme al ministero della Giustizia ed a una commissione di esperti una riflessione che può durare anche un anno e mezzo. Poi toccherà al governo decidere».
I popolari, il maggior partito dell’opposizione che già accusavano il governo di introdurre il dibattito sull’allargamento della legge sull’aborto per nascondere i flop in economia, hanno replicato subito. Dalle antenne della Cope, la radio dei vescovi, Gonzalo Pons ha tuonato: «È ancora fumo negli occhi. Il governo parla di suicidio assistito per nascondere le vittime della disoccupazione che sta provocando la nullità professionale di Zapatero». Ed ha aggiunto: «Se la storia del suicidio assistito non funziona, tireranno fuori la proposta che i toreri scendano nell’arena senza cravatta o che le processioni della Settimana Santa diventino laiche».

«Il governo trasforma lo scontro con la Chiesa nella linea principale della sua politica», prediceva non a caso proprio ieri La Vanguardia parlando della nuova legge sull’aborto. I cattolici, già mobilitati contro la futura legge sull’interruzione di gravidanza, sono all’attacco, ma due sondaggi online rivelano che il 78% degli spagnoli è a favore del suicidio assistito e dell’eutanasia. «Cercare la dignità dell’essere umano non è aiutarlo a morire, ma a vivere», commenta dal Cope la biologa Dolores Vila-Coro.
 
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