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Autore Discussione: BOLOGNA, 28 ANNI DALLA STRAGE  (Letto 3376 volte)
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« inserito:: Agosto 03, 2008, 12:19:51 pm »

2008-08-02 14:22


BOLOGNA, 28 ANNI DALLA STRAGE


 
BOLOGNA - Con il ricevimento dei familiari delle vittime, prima nella Sala Rossa del Comune poi nell'Aula consiliare di Palazzo d'Accursio, sono cominciate le manifestazioni per il 28/o anniversario della strage alla stazione di Bologna (85 morti, 200 feriti), che culmineranno con gli interventi nel piazzale della stazione. In un breve discorso ai familiari e alle altre autorità nella sala consiliare, presente in rappresentanza del Governo il ministro per l'Attuazione del programma Gianfranco Rotondi, il sindaco Sergio Cofferati ha sottolineato l'importanza di questa giornata perché "non venga dimenticato quel terribile giorno". Ma anche perché - ha aggiunto Cofferati - "nessuno possa ignorare la verità storica come quella giudiziaria, lontano dai tentativi troppe volte strumentalizzati di mettere in discussione quello che è stato sancito dal lavoro faticoso e sempre attento dei magistrati".

PARLA ROTONDI, PIAZZA SI SVUOTA PER META'
Non appena il ministro Gianfranco Rotondi ha preso la parola dal palco delle commemorazioni per il 28/o anniversario della strage di Bologna, almeno metà della folla che occupava il piazzale antistante la stazione ferroviaria ha lasciato la piazza. I primi ad andarsene sono stati i rappresentanti dei sindacati di base Rdb e Cub, dietro lo striscione 'Ci vediamo in autunno: sciopero generale'. Insieme a loro anche i militanti di Rifondazione Comunista e moltissima gente comune, tra cui alcuni parenti delle vittime. Nel piazzale, a contestare il ministro, è rimasto un gruppetto di una decina di persone dell'Assemblea Antifascista Permanente, con fischi e grida. "Non mi disturbano i fischi", ha commentato dal palco Rotondi. "Sono i soli che mi considerano un ministro", ha aggiunto scherzando, riferendosi a quel passo dell'intervista dell'assessore comunale Libero Mancuso secondo il quale nessuno si sarebbe preso la briga di fischiarlo perché personalità "incolore e sconosciuta". "Anche questa è par condicio", ha concluso Rotondi.

 


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 NAPOLITANO: COLTIVARE DOVERE DELLA MEMORIA
"Occorre coltivare un dovere della memoria che si traduca in una rinnovata ampia assunzione di responsabilità per la difesa dei valori di democrazia, libertà e giustizia come fondamento del nostro patto costituzionale e garanzia irrinunciabile di crescita politica, culturale e sociale anche per le nuove generazioni". Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato al presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna Paolo Bolognesi, a 28 anni dalla strage che il 2 agosto 1980 provocò alla stazione di Bologna la morte di ottantacinque persone e il ferimento di oltre duecento. "Le immagini di quel crimine così barbaro e vile, che scosse e scuote tuttora nel profondo la coscienza degli italiani - scrive il capo dello Stato - rimangono impresse in modo indelebile nella memoria dell'intero Paese". Il capo dello Stato ricorda che "il 9 maggio scorso, in occasione del 'Giorno della Memoria' dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi, ho ritenuto opportuno promuovere una pubblicazione nella quale compaiono i volti e sono descritti i percorsi di vita di tutte le vittime innocenti dei diversi episodi di matrice terroristica. Si è così voluto, innanzitutto da parte del Parlamento - sottolinea - esprimere un segno di riconoscenza e di omaggio delle istituzioni repubblicane e della nazione tutta nei confronti di coloro che hanno pagato con la vita la violenza cieca e disumana di quegli anni". "Occorre coltivare un dovere della memoria - scrive Napolitano - che si traduca in una rinnovata ampia assunzione di responsabilità per la difesa dei valori di democrazia, libertà e giustizia come fondamento del nostro patto costituzionale e garanzia irrinunciabile di crescita politica, culturale e sociale anche per le nuove generazioni". "Con questi sentimenti di commossa solidarietà - si conclude il messaggio del presidente della Repubblica - rivolgo il mio cordiale e partecipe saluto alla coraggiosa città di Bologna e ai familiari delle vittime, indelebilmente segnati nel loro dolore".

BERLUSCONI: GUARDIA ALTA CONTRO TERRORISMO
"Signor sindaco, le sono vicino, come italiano e come presidente del Consiglio, nel mesto anniversario di una delle pagine più tristi e dolorose della nostra storia. La sua città, Bologna, ha pagato un duro tributo al terrorismo e l'Italia intera non dimentica e condivide il suo dolore. Voglio confermarle che il governo tiene alta la guardia contro il riemergere di vecchie minacce e contro l'aggressività delle nuove". E' quanto scrive il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel messaggio inviato al Sindaco di Bologna Sergio Cofferati, in occasione del 28/o anniversario della strage di Bologna.

FINI: SERVE VERITA',SI DISSOLVANO ZONE D'OMBRA
E' "necessario che, dopo tanti anni, si dissolvano le zone d'ombra che hanno suscitato perplessità crescenti nell'opinione pubblica intorno all'accertamento della verità sulla strage" di Bologna. Lo scrive il presidente della Camera Gianfranco Fini nel messaggio inviato al sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, e al presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della stazione di Bologna, Paolo Bolognesi. "Nel giorno del 28/o anniversario della strage alla stazione - scrive Fini - vi giunga il senso della mia vicinanza e della mia solidarietà per l'immane sofferenza di tante famiglie e per l'oltraggio intollerabile alla città inferti dal vile atto terroristico il cui ricordo produce sgomento e indignazione nella coscienza nazionale". "Formulo l'auspicio che la determinazione con la quale le Istituzioni e i cittadini di Bologna ricordano ogni anno l'atroce evento del 2 agosto 1980 possano essere di stimolo all'intero Paese nella costante difesa di quei valori di libertà e convivenza che sono alla base della nostra democrazia, contro ogni forma di fanatismo politico, di odio ideologico e di violenza terroristica. Ritengo in tal senso necessario - sottolinea il presidente della Camera - che, dopo tanti anni, si dissolvano le zone d'ombra che hanno suscitato perplessità crescenti nell'opinione pubblica intorno all'accertamento della verità sulla strage. Sarebbe un servizio prezioso reso alla democrazia del nostro Paese". "In questo giorno di lutto - afferma Fini - tutti gli italiani devono stringersi intorno ai bolognesi in un abbraccio ideale che sia il frutto della coesione e della concordia a testimonianza della solidità delle Istituzioni". "Invio a lei, signor sindaco, ai familiari delle vittime e a tutte le autorità che saranno presenti alla commemorazione - conclude il presidente della Camera - il mio caloroso saluto e i sensi della mia viva partecipazione".

SCHIFANI: VALORE NAZIONE IN CAPACITA'REAGIRE
"Il valore di una nazione, la sua stabilità, la sua solidità morale e civile risiedono nella capacità della società di reagire dinanzi a queste terribili vicende". Lo afferma il presidente del Senato Renato Schifani, nel messaggio inviato al sindaco di Bologna Sergio Cofferati a 29 anni dalla strage della stazione di Bologna. "Più un paese è forte, più è in grado di dare risposte concrete - aggiunge Schifani - perché ciò si avveri, è necessario che il concetto di democrazia, inteso come vera partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica, sia reale e concreto e non rimanga lettera morta". Schifani rivolge "un sentito e partecipe pensiero alla memoria di quanti hanno subito un'inaudita e assurda violenza, ma anche a coloro, i familiari delle vittime, che continuano quotidianamente a subirla nel ricordo drammatico dell'assenza dei loro cari, un ricordo vivo nei loro cuori e nei nostri. La commemorazione rappresenta un'occasione indispensabile - aggiunge - perché tutti, ma le nuove generazioni in particolare, continuino la lotta contro l'oblio e contro il terrorismo". "Con questa convinzione - conclude il messaggio -, rivolgo un cordiale saluto a quanti per questa celebrazione hanno profuso il loro impegno e a tutti gli intervenuti, con uno speciale pensiero ai familiari delle vittime".

ROTONDI: TAVOLO POLITICO PER MANDANTI STRAGI
"Il Governo è impegnato ad affiancare al tavolo tecnico, che dovrà corrispondere alle richieste legittime dei parenti delle vittime, un tavolo politico istituzionale che intende corrispondere esattamente a questa aspettativa". Ha risposto così il ministro per l' Attuazione del programma Gianfranco Rotondi, a Bologna per la commemorazione della strage del 2 agosto 1980, a una domanda dei cronisti riguardo alle richieste dei familiari delle vittime di individuare finalmente i mandanti politici della bomba alla stazione.  "I fischi non mi spaventano. Mi spaventa semmai la disunità delle Istituzioni". Sono parole del ministro per l'Attuazione del programma Gianfranco Rotondi, arrivato a Bologna per partecipare al corteo e quindi alla manifestazione nel piazzale della stazione in occasione del 28/o anniversario della strage. "L'importante non è la comparsa del Governo - ha detto ancora Rotondi - ma l'unità delle forze democratiche che ha sempre fermato la bestia", ha aggiunto riferendosi al terrorismo.

VELTRONI: MEMORIA E'STRADA DIFESA DEMOCRAZIA
- "Nel triste anniversario di uno dei momenti più tragici della storia della nostra Repubblica, abbiamo il dovere di continuare a ricordare con rispetto,
dolore e solidarietà chi perse la vita in un inaccettabile e scellerato atto terrorista". Così Walter Veltroni, segretario del Partito Democratico, ricorda l'anniversario della strage di Bologna. "Al tempo stesso - prosegue - non deve mai cessare l'impegno e lo sforzo unitario di tutte le istituzioni affinché le verità di quella terribile stagione possano un giorno essere portata alla luce in modo chiaro e definitivo". "La strage di Bologna - sottolinea ancora - resterà per sempre uno dei più vili e pesanti attacchi portati dal terrorismo alla nostra democrazia e l'obbligo della memoria è l'unica strada possibile per consegnare alle nuove generazioni una rinnovata sensibilità e attenzione verso valori fondanti e imprescindibili come la libertà e la giustizia".
 
da ansa.it
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 03, 2008, 07:41:09 pm »

Le parole giuste

Gigi Marcucci


L’antifascismo non è un’opinione, non è di destra né di sinistra, ma è il fondamento della democrazia. Sulla strage di Bologna ogni zona d’ombra va fugata, ma le sentenze della magistratura vanno rispettate. È un discorso normale, da ministro di un Paese normale, quello che Gianfranco Rotondi ha pronunciato ieri a Bologna, in occasione del 28° anniversario dell’attentato alla stazione. E siccome la normalità nei comportamenti istituzionali è una merce rara in questo momento, occorre darne atto a un politico le cui prese di posizione («colpire un magistrato per educarne cento») sono state oggetto di critica sulle colonne di questo giornale.

Nessun agguato, gran parte dell’armata del fischio sempre e a prescindere consegnata in caserma. Lo «scatenamento» della piazza, evocato preventivamente, rinviato a data da destinarsi. E l’inviato del governo, il ministro Gianfranco Rotondi, che incassa applausi oltre ai pochi fischi di qualche irriducibile.

Anche il 2 agosto 1980 era un sabato, ricorda dal palco Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime. Ventotto anni dopo, la piazza che ricorda la strage alla stazione, teatro di perorazioni appassionate e feroci contestazioni degli esponenti del centrodestra, riserva più di una sorpresa. Ha ospitato diecimila, talvolta ventimila manifestanti: questa volta ce ne sono meno, forse cinquemila, comunque tanti per il primo weekend di agosto, con scuole, fabbriche e uffici pubblici chiusi. Quando il microfono arriva nelle mani di Gianfranco Rotondi, ministro per l’Attuazione del programma, chi in altre occasioni avrebbe fischiato (Rifondazione, Rappresentanze di base) abbandona la piazza, in segno di protesta. Dissenso sì, ma composto,

Era un sabato e una bomba cancellava la sala d’aspetto di seconda classe e 85 vite, lasciava segni indelebili nei corpi e nelle menti di 200 persone, modificava il corso di centinaia di esistenze. Sono passati quasi trent’anni, la magistratura ha individuato e condannato gli autori materiali della strage, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, e gli autori dei tentativi di depistaggio delle indagini, a cominciare da Licio Gelli, capo della loggia segreta P2. I familiari delle vittime chiedono che vengano individuati anche i mandanti: perché, come spiegava un vecchio eversore ai suoi allievi, «una strage non ha senso se non vi è chi può coglierne gli effetti politici». Mentre si cerca l’altra metà della verità, il vecchio gruppo dirigente di An, oggi confluito nel Pdl, è deciso a riscrivere tutto, scommettendo sulla pista tedesco-palestinese, confezionata a suo tempo dai servizi segreti deviati e oggi rinfrescata da alcune ardite ipotesi partorite dalla commissione Mitrokhin. All’ombra delle polemiche, Fioravanti e Mambro tornano in libertà. «Hanno sei ergastoli a testa», dice dal palco Bolognesi, «non si capisce per quale motivo oggi siano liberi di fare quello che vogliono». Bolognesi cita i nomi del loro amico Marcello De Angelis, condannato per banda armata e oggi parlamentare; del loro supporter Renato Farina, già agente Betulla, che mentre scrive un libro con l’ex presidente Cossiga, siede a Palazzo Madama. Poi strappa un applauso ricordando Enzo Biagi e le parole con cui raccontò Francesca Mambro: «Nessuno mi ha mai detto: “Non conosco la parola rimorso”. Qualche tarlo, qualche pena tutti ce l'avevano dentro».

Tocca a Cofferati, applauditissimo, e poi al ministro Rotondi, che decide di parlare a braccio e riesce a toccare le corde giuste della piazza. «L’antifascismo - spiega - non è un’opinione, è una ragione costitutiva della nostra democrazia». E riferendosi alle nuove piste, è netto: «Non possiamo permettere che in nome di opinioni si ribalti la verità emersa secondo le leggi del nostro Paese». Applausi. Gli stessi che accolgono la lettura del messaggio del presidente Napolitano: «Occorre coltivare un dovere della memoria che si traduca in una rinnovata ampia assunzione di responsabilità per la difesa dei valori di democrazia, libertà e giustizia»

Pubblicato il: 03.08.08
Modificato il: 03.08.08 alle ore 14.26   
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« Risposta #2 inserito:: Agosto 05, 2008, 10:43:15 pm »

Minniti: «Sulla strage Fini ha agito da leader di parte»

Edoardo Di Blasi


«Ho trovato profondamente sbagliato, lo dico io che pure in altre circostanze ho avuto modo di apprezzare alcune iniziative del Presidente della Camera, il fatto che in occasione di un messaggio ufficiale trasmesso alla città di Bologna nell’anniversario della strage Gianfranco Fini abbia fatto apertamente cenno ad una insoddisfazione per la verità giudiziaria emersa sulla strage». Marco Minniti, ministro dell’Interno nel governo ombra del Pd, parte da qui, ma l’affondo è più profondo. Spiega: «L’ho trovato sbagliato per due ragioni. La prima sta nel fatto che si trattava di un messaggio ufficiale della terza carica dello Stato, e Fini ha invece agito da leader politico non da alta carica dello Stato. La seconda questione è che questo fatto è apparso muoversi sulla scia di un’iniziativa già fatta da parlamentari del suo partito».

Lo confermano le parole del sindaco di Roma Gianni Alemanno...
«Tra le dichiarazioni rese dal primo cittadino di Roma ce n’è una che è clamorosamente grave. Quando afferma: “La pista palestinese è più credibile di quella nera”».

Il processo che si celebra senza i tribunali...
«Ci troviamo di fronte al fatto che una voce diventa più credibile di una sentenza passata in giudicato. Io sono convinto che le sentenze non rappresentino le tavole della verità. Nel caso della sentenza di Bologna rimane aperto il tema dei mandanti... Ma addirittura stabilire che una voce, una suggestione che non ha prodotto riscontri investigativi, come ha dimostrato la brillante inchiesta di Gigi Marcucci su l’Unità, diventi più credibile di una sentenza passata in giudicato mi sembra che riveli un eccesso di volontà di rileggere un pezzo di storia».

Per quale ragione?
«Non fare i conti, fino in fondo, con quello che è stato un pezzo della storia del nostro Paese. Come quel cavallo che ogni volta che arriva di fronte all’ostacolo rifiuta di saltarlo. Questa ricostruzione è tesa a sottovalutare, in alcuni casi a rimuovere, la vicenda del terrorismo nero che ha segnato la storia di questo Paese. Una gigantesca, evidente, sottovalutazione. Senza dimenticare che, accanto alla strategia del terrorismo nero, c’è stata poi una sequenza incredibile, e ancora oggi da chiarire, di tentativi di depistaggio».

Lo Stato potrebbe aprire i propri archivi sul ruolo della difesa nazionale negli anni di Piombo...
«Io penso che questo sia uno dei compiti sui quali lavorare, e spero anche che, con la riforma del segreto di Stato, si possa giungere rapidamente a poter aprire questi archivi. Per comprendere cosa c’è stato. Perché non c’è dubbio che dietro i depistaggi si è nascosto il cuore di tenebra vero di una parte della Repubblica italiana».

Cofferati e i parlamentari del Pd hanno reagito alle parole del presidente della Camera...
«La reazione del sindaco di Bologna è stata sacrosanta. Bologna ha pagato un prezzo pesantissimo a questa strategia. Una democrazia non solo non può mai dimenticarlo, ma deve essere profondamente grata a questa città. E il fatto che si metta in campo l’ipotesi di un’altra verità prevalente, tra l’altro sulla base di una suggestione, può sembrare un’offesa a questa città che da sempre è impegnata nella ricerca della verità. Che anche dopo i processi ha continuato a chiedere che si andasse oltre».

Come può accadere che una voce diventi un fatto?
«Siamo davanti a un circuito che si autolegittima. Se l’elemento di autorevolezza di questa attuale suggestione è la commissione Mitrokhin è evidente che la sede non sia legittimata. Basta ricordare come sia nata, vale a dire per dimostrare le responsabilità del centrosinistra sulla vicenda del dossier Mitrokhin, e come è finita, travolta nella sua credibilità e nella sua pratica concreta. Travolta dagli eventi che hanno portato ad un successivo crollo della credibilità di tutti i testi presentati. Con il punto più basso toccato dalla vicenda di Scaramella, poi arrestato per traffico d’armi».

Qui non c’è neanche uno Scaramella...
«Tutto si autoalimenta. Uno mette in campo l’ipotesi. E questa è confermata da una Commissione la cui credibilità è stata colpita al cuore da una sequenza di fatti che hanno portato la commissione a non avere nemmeno i numeri per concludere il suo lavoro».

Come se ne esce?
«Sulla revisione di un processo decide la corte di Cassazione, in base a un sistema di prove. Non si può farla precipitare in una sorta di confuso dibattito politico teso a produrre incertezza e delegittimazione. Una verità giudiziaria può essere messa in discussione se si mette in campo una forza di argomentazioni, e lo si fa attraverso gli strumenti del diritto».


Pubblicato il: 05.08.08
Modificato il: 05.08.08 alle ore 8.11   
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