1/3/2008 (7:
- INTERVISTA
"L'Italia va divisa in macro-regioni"
Maroni: «Vogliamo tornare a Padania, Centro e Sud, come diceva Miglio. Nel '90 era utopia, oggi è realtà»
MARCO CASTELNUOVO
ROMA
Onorevole Maroni, ora che è stato siglato il programma con il Pdl, a cosa serve la riunione del parlamento del Nord di domani a Vicenza?
«A individuare i punti programmatici indispensabili per la Padania».
E non basta il programma del Pdl con cui siete alleati?
«No, è incompleto. Chiediamo di più. Ci rendiamo conto che non tutto si poteva mediare, e quindi presenteremo il programma rivendicativo della Padania».
Ancora con il mito della Padania? Guardi che è previsto il federalismo fiscale, nel programma.
«Per noi è solo un punto intermedio. Noi vogliamo un federalismo extra-strong».
Cioè?
«Prima di tutto la piena attuazione del federalismo fiscale. La nostra ricetta è semplice: un regime fiscale transitorio lungo dieci anni in cui si trasferisce il 90% del gettito fiscale e poi, a regime, si trattiene direttamente il 50% delle imposte dirette e il 50% dell’Iva più altre imposte, con tutte le perequazioni del caso».
E poi?
«Via al federalismo già teorizzato da Miglio nel 1990. Allora poteva sembrare eversivo. Oggi può diventare realtà, perché rappresenta la piena attuazione della normativa giuridica europea. Certo, bisogna aggiornare il quadro. Non più le tre macroregioni, ma tre Euroregioni: Padania, Centro, Sud. In Europa ci sono già degli esempi anche molto vicini: basti pensare alla Alpe-Adria».
Ma già la regione Lombardia prima e il Veneto poi hanno cominciato un’iter per ottenere più poteri a costituzione vigente.
«Che infatti è esplicitato nel programma. Ma non ci basta: noi abbiamo un obiettivo finale più ambizioso che ovviamente non piace a tutti gli alleati, lo presenteremo in Parlamento e vedremo chi ci sta».
Ho l’impressione che alla fine si riduca tutto a una questione di soldi.
«Per nulla: rivendichiamo autonomia in totale per cinque capitoli: di fisco e federalismo abbiamo detto. A questi aggiungiamo sicurezza, infrastrutture e immigrazione. Ce n’era un sesto, famiglia e società (quozienti familiari e bonus bebé), che è già stato pienamente recepito dal programma di governo».
Certo, la Lega che si fa un programma suo non deve entusiasmare gli alleati.
«Ma le nostre rivendicazioni non sono "contro" qualcuno, anzi. Diciamo che completano quello principale con i punti irrinunciabili per la Padania».
E quali sono?
«Su temi come l’immigrazione e la sicurezza, che pur tenendo separati hanno qualche punto di contatto, siamo intransigenti. Pensi che a Vicenza la relazione sulla sicurezza la terrà il sindaco di Cittadella Bitonci. Uno che potrà avere posizioni all’apparenza durissime ma certamente appoggiate dal 99% dei nostri cittadini».
Esempi?
«Nessuna pietà con i clandestini e no al voto per politiche o amministrative agli extracomunitari, come pensano di fare anche alcuni nostri alleati».
E sull’economia?
«Innanzitutto i dazi temporanei: temiamo lo tsunami cinese in settori tipo il tessile. Vogliamo imporre dazi per uno o due anni, dando così il tempo alle nostre imprese di ristrutturarsi in vista dell’invasione cinese. E poi i salari territoriali».
Cioè le gabbie salariali. Sa che è un argomento tabù?
«Noi li chiamiamo salari territoriali, ma il concetto è quello.Nel programma non ci sono perché non è competenza del governo, ma dei livelli contrattuali e vengono decise dalle parti. Ma se determiniamo una nuova fiscalità per il Sud significa abbassare il costo del lavoro, no?»
da lastampa.it