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Autore Discussione: Processo Aziz, il boia può attendere?  (Letto 2211 volte)
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« inserito:: Luglio 22, 2008, 11:08:21 pm »

Processo Aziz, il boia può attendere?

Toni Fontana


Ziad Aziz, figlio maggiore di Tareq, il ministro itinerante (e secondo molti l´ombra) di Saddam è pessimista e non coltiva più speranze: «Con la detenzione e i processi voglio fiaccare la resistenza di mio padre ed ucciderlo giorno dopo giorno - dice al telefono da Amman - abbiamo appena saputo che a Baghdad c´è stata la prima udienza del processo, il giudice si è scagliato contro mio padre che è malato e cammina solo con le stampelle. Voglio ringraziare tutti coloro che, in Italia e in Europa, fanno qualcosa per impedire al boia di ucciderlo». E tuttavia il pessimismo dei familiari è bilanciato da alcuni segnali secondo i quali la condanna a morte non è alle porte, e forse non verrà mai pronunciata. A poche ore dall´arrivo in Italia del premier iracheno Al Maliki, si rafforzano nella capitale irachena le voci su un possibile «dilazionamento nel tempo». «Il premier sta costruendo una nuova immagine all´estero - osserva una fonte internazionale nella capitale irachena - per vendere il petrolio, del quale tutti sono ghiotti, deve apparire saggio e moderato. Una condanna a morte non gioverebbe a questa strategia. La vicenda Aziz potrebbe avere un esito imprevisto e diverso da quello che si temeva, cioè l´impiccagione». Anche altre fonti confermano che qualcosa si muove. E di questo è convinto anche l´avvocato Mario Lana, presidente dell´Unione forense per la tutela dei diritti dell´uomo e membro del collegio dei difensori di Aziz: «Ben presto mi recherò a Baghdad per incontrare i colleghi iracheni, come Marwan al Chakri, e per vedere Aziz. Abbiamo avuto conferma che la Segreteria di Stato del Vaticano è intervenuta presso gli americani nella capitale irachena e si rafforza la possibilità per i legali di avere un colloquio con il detenuto».

Altri ancora - negli ambienti vicini alla Chiesa cattolica - parlano di un «processo che si protrarrà per più di 10 mesi», altri avanzano il sospetto che, considerando le condizioni di salute dell´ex ministro di Saddam, la nuova dirigenza di Baghdad stia programmando una «morte lenta», speri cioè che Aziz muoia per cause «naturali» nella prigione (Camp Cropper, campo di detenzione Usa sulla strada per l´aeroporto) dove si trova dall´aprile 2003.

Di certo qualcosa si sta muovendo e nessuno nutre dubbi sul fatto che il «dossier Aziz» sarà sul tavolo attorno al quale si siederà Al Maliki nel corso della sua visita in Vaticano. La visita del premier iracheno avviene inoltre in un momento chiave per le vicende processuali nelle quali è coinvolto Tareq Aziz. Ieri si è aperto il primo processo che vede l´ex gerarca imputato con l´accusa di aver ordinato l´impiccagione di alcuni commercianti a loro volta ritenuti colpevoli di aver promosso il mercato nero negli anni dell´embargo. Oggi inizierà invece un altro dibattimento nel quale Aziz compare con una trentina di ex dirigenti del partito Baath ritenuti i mandanti dell´uccisione di alcuni esponenti sciiti, tra i quali Al Sadr, zio di Moqtada. Finora si era saputo ben poco di queste vicende processuali e - come conferma padre Jean Marie Benjamin, che segue da anni il caso - «gli americani avevano sempre detto che il detenuto era nelle mani degli iracheni e che loro si limitavano a garantirne la custodia. Le nostre richieste di visitarlo erano cadute nel vuoto». «Ora - conferma l´avvocato Lana - due legali di fiducia potranno assistere al dibattimento e difendere l´imputato. La mobilitazione internazionale contro la pena di morte sta dando i suoi frutti».

Pubblicato il: 22.07.08
Modificato il: 22.07.08 alle ore 13.05   
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