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Autore Discussione: Stefano Ceccanti. Il Parlamento dei mille ricorsi  (Letto 2373 volte)
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« inserito:: Luglio 20, 2008, 08:29:57 am »

Il Parlamento dei mille ricorsi

Stefano Ceccanti


Lunedì pomeriggio la commissione Affari Costituzionali del Senato inizia ad esaminare la richiesta di conflitto di attribuzione proposta dai senatori Cossiga, Quagliariello ed altri contro la Cassazione sul caso Eluana. In sostanza si accusano i giudici di avere sconfinato sul terreno del potere legislativo. Un terreno che, si dice, le Camere dovrebbero difendere con orgoglio perché quello è il loro mestiere. Benissimo, ma che difesa è quella per la quale anziché fare leggi si denunciano i giudici che in assenza di leggi sono comunque chiamati a dare giustizia ai cittadini? E questo proprio da parte di coloro che sin qui si sono risolutamente opposti a fare una legge in questa materia. Il ragionamento proposto dai promotori dell’iniziativa prescinde purtroppo da quanto Aristotele diceva a suo tempo sulla natura e che è applicabile perfettamente al diritto. Il grande filosofo faceva rilevare che quando da un luogo veniva tolta la materia preesistente, lo spazio veniva immediatamente riempito da nuova materia. La nostra Costituzione, ad esempio, vieta all’articolo 32 i trattamenti sanitari obbligatori: il caso in questione rientra o no in questa definizione? Dove troviamo criteri chiari per individuare la volontà di un malato? In Parlamento, nel Paese e quindi anche tra i giudici si danno risposte diverse: è evidente che se il Parlamento non approva una legge che fa una qualche scelta includendo o escludendo alcune tipologie di cura in quella nozione, chiarendo le modalità con cui dare un consenso, ogni giudice sarà costretto a scegliere direttamente l’una o l’altra interpretazione. Qualcuno sarà convinto di quanto deciso dal giudice A, qualcun altro dal giudice B, ma non c’è in nessun caso sconfinamento né una particolare interpretazione che si possa definire creativa, dato che, in qualsiasi senso il giudice decida, è stato lasciato solo. Si tratta solo di un prodotto del peccato di omissione del legislatore che dovrebbe rimediare con la legge, se ci riesce. In ogni caso non può rifarsi con un conflitto contro coloro che, a differenza del legislatore, si sono dovuti assumere necessariamente la responsabilità di decidere. A questo paradosso del peccatore di omissione che scaglia la pietra su chi è vittima della sua inazione, l’iniziativa ne aggiunge altri. In un Paese in cui le Camere sono due e hanno uguali poteri nell’approvare le leggi, chi volesse promuovere un conflitto sbagliato di tal genere (non a caso sin qui nessuno ci ha mai provato e non sono certo mancati casi analoghi di rimedio al possibile vuoto) bisognerebbe proporre a entrambe le Camere di varare un’identica e simultanea iniziativa. Non è certo pensabile che il Senato decida e che poi la Camera vi sia trascinata dalla Corte, come accaduto per altri temi che non hanno a che fare con la presunta lesione della funzione legislativa.

Così, invece, si introduce un monocameralismo litigioso in un sistema di bicameralismo che resta paritario. Infine c’è il problema insuperabile del rispetto della legge che regola i conflitti (la n. 87/1953): come si può pensare che si possa impugnare una sentenza di rinvio quando tale legge, all’art. 37 parla di conflitto "tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono"? Il Senato della Repubblica rischia quindi di compromettere la sua credibilità se un sussulto di sensibilità istituzionale non porterà almeno alcuni parlamentari della maggioranza a dire di no a una richiesta palesemente infondata. Altrimenti alla Corte non spetterà che ripetere, sostanzialmente, al Senato la frase del Vangelo di Luca 4,23: "Medico, cura te stesso". Il che non sarebbe neanche tanto difficile, visto che per una legge così delicata com’è il lodo Alfano il Parlamento sta decidendo (male) in pochi giorni. Davvero non si può trovare una convergenza ragionevole in qualche settimana, anziché sprecare tempo e denaro del contribuente per una causa persa?

Pubblicato il: 19.07.08
Modificato il: 19.07.08 alle ore 10.24   
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