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Autore Discussione: Maurizio Chierici. P2 e la memoria che non c’è  (Letto 2509 volte)
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« inserito:: Luglio 22, 2008, 11:26:16 pm »

P2 e la memoria che non c’è

Maurizio Chierici


A volte il giornalista deve fare il postino lasciando ai lettori l’impegno di testimoniare la loro realtà. «La generazione di chi tace e nasconde non può essere una generazione innocente», scrive Giovanni Battista Righetto, Genova: è una delle 43 lettere che raccontano la delusione che avvilisce i protagonisti biologicamente nuovi nella vita del paese. Si sentono chiusi in un limbo artificiale: i nostri ultimi quarantanni affogano nei segreti che non tutelano la sicurezza dello stato, solo la vanità di un certo tipo di personaggi di una politica che vuol dire affari. «Votiamo senza sapere chi sono e con quali virtù si presentano».

«Chi è nato attorno agli anni 80 deve fare i salti mortali per scoprire in quale modo si cominciava a disegnare la società della quale oggi paghiamo i conti», Sandra Losio, Brescia. «Le giovani generazioni non hanno soldi e tempo per recuperare certe notizie», G.R., Cremona. «Mio nipote di 17 anni ripete che se non avesse avuto la sottoscritta, né lui, né i suoi amici delle periferie romane avrebbero saputo e non avrebbero capito cosa è successo a Genova durante il G8, 2001». Doriana Goraci sfuma la rabbia in riflessioni di malinconia: «Non si vive il presente con coscienza individuale e collettiva se non si sa cosa è successo nel passato prossimo». «Le colpe di chi ha messo il lucchetto all’informazione non sono forse tanto gravi, ma impedire che cronache e storia ci spieghino da dove veniamo, suscita sospetti insopportabili», Gualtiero Riccio, Napoli. «Si sono riaccese le luci ed ho guardato il mio ragazzo con la perplessità di chi ha capito quasi niente. Anche lui non aveva capito, ma un po’ sapeva. E mi ha spiegato qualcosa. Sono d’accordo con la proposta di commentare a scuola, ore di storia, ’ Il divo ’, film su Andreotti e i misteri d’Italia. Nessuno ci ha mai detto chi manovrava le stragi e anche delle stragi sappiamo per caso. Niente di chi ha giocato col rapimento Moro, per non parlare di protagonisti a noi sconosciuti come Michele Sindona, Licio Gelli, ombre di un passato che condiziona il nostro futuro», Mirella Galeotti, Massa Carrara.

Il risentimento è il filo che lega meraviglia e curiosità di coloro che si dichiarano «ragazzi» dopo aver compiuto trent’anni. Bisogna dire la verità: lettere che sono la reazione corale (inattesa) alla cronaca dei bisbigli raccolti fra gli spettatori under quaranta davanti al film di Paolo Sorrentino. «L’hanno premiato a Cannes, vuol dire che i francesi sapevano. Perché noi no ?», avvocato Renzo Giudici, Milano. «Sono figlio di un funzionario di banca in pensione e certe cose mio padre le racconta da anni con l’ostinazione dell’anziano che non vuole dimenticare. Conserva libri e ritagli. Ogni volta che Silvio Berlusconi appare sui giornali nell’elenco dei più ricchi del mondo, ripete le stesse parole: so come è nata questa ricchezza. Nessuna informazione speciale: sa solo ciò che un funzionario di banca poteva sapere. Dal 1975, quando a Roma comincia l’impero Fininvest, al 1981, quando la P2 di Gelli viene scoperta, il sistema creditizio italiano ha messo a disposizione di Berlusconi fidi per quasi 200 miliardi di lire ed erano anni nei quali imprenditori e commercianti sudavano sette camice per strappare prestiti da ridere. Mio padre spiega il privilegio con l’appartenenza di Berlusconi alla loggia segreta P2. La Banca Nazionale del Lavoro si era impegnata a mantenere nell’ombra proprietari e soci della società che nasce da quasi niente. Direttore generale della Banca era Alberto Ferrari, amministratore delegato Gianfranco Graziadei, responsabile servizio titoli Mario Diana: tutti fratelli P2. Dopo la scoperta della lista di Gelli, anche il collegio sindacale del Monte dei Paschi di Siena si preoccupa: “l’esposizione di rischio del gruppo Berlusconi ha dimensioni eccezionali grazie ad un atteggiamento molto referenziato”. Non credo sia un caso che un’inchiesta del Ministero del Tesoro concluda: “Pur mancando alcune prove di una formale iscrizione, riteniamo il direttore generale della Banca, Giovanni Cresti, legato all’associazione segreta denominata Loggia P2. Appare più che probabile la sua concreta disponibilità alle sollecitazioni rivoltegli dal fondatore e Venerabile maestro della Loggia Licio Gelli col quale intrattiene rapporti amichevoli”. Io so queste cose da quando andavo all’università, ma come posso a spiegare ai miei due figli cos’è, cos’ha fatto e chi militava nella P2 ? Nessuno ne parla, a scuola e in Tv… ».

Tormentone di ogni lettera: i ragazzi vogliono controllare quale tipo di credito stiamo affidando alla loro memoria. Non si rassegnano a diventare discariche che accolgono ( più o meno clandestinamente) i rifiuti tossici della storia fatti passare per immondizie innocenti. «Sono un ragazzo di 29 anni», scrive da Milano Edmondo Bottini, laureato di primo livello in ingegneria elettronica. «Voglio fare qualche considerazione sulla generazione alla quale si nega la memoria. Il problema è serio. Nasce, prima di tutto, da un problema scolastico. La storia di questo paese si studia nelle scuole - quando va bene - fino alla seconda guerra mondiale. Chi volesse sapere cosa è successo dopo, l’unica possibilità è iscriversi a un corso di laurea in Storia, (ndr: rispettosamente evocata con la S maiuscola). La stragrande maggioranza dei cittadini italiani non ha un’idea chiara di cosa si parli quando vengono citate strategia della tensione, Ordine nuovo, Brigate Rosse, piazza Fontana. Non parlo di analfabeti; parlo di laureati come me. Abbiamo seguito un percorso ordinario di studi nelle scuole pubbliche. Personalmente sto provando a ricostruire tutta la parte che manca alla mia cultura. Non è facile, come sembra. In televisione certe informazioni non si trovano (ndr: ed è facile capire perché). Fin qui poco male, c’é internet. Il problema è che se un ragazzo della mia età vuole leggere la Relazione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle Stragi, non può, come sarebbe ovvio, andare sul sito del Parlamento Italiano». Negli Stati Uniti tutti possono sapere tutto. Nessun mistero copre gli ordini partiti dagli uffici del segretario di stato Kissinger sul come eliminare Allende. Succedeva tredici anni dopo Piazza Fontana e Piazza Fontana reste avvolta nelle nebbie che i processi non hanno svaporato. Negli Usa basta un clic. Ecco il rapporto sulle torture di Abu Ghraib e Guantamano. L’ Italia é davvero lontana: «Non si può scaricare niente semplicemente perché il sito non esiste», continua l’ingegnere di Milano. «Comincia un lavoro di ricerca on line per scoprire in altri siti il documento che può far capire tante cose a noi che non c’eravamo». Miracolosamente lo trova, non in uno spazio istituzionale: «http://clarence.dada.net\contes società\memoria stragi». Il gruppo Rcs ne possiede il 46,54 per cento. Lo stesso discorso per la Commissione d’Inchiesta sulla P2, presieduta da Tina Anselmi. Nessuna distribuzione ufficiale. Restiamo nel privato: «http://w.w.w.strano.net\stragi\relimp2\index. html». Superata l’iniziale diffidenza nei confronti di siti sulla cui gestione, creazione, proprietà nulla o poco si sa, è finalmente possibile leggere due documenti che dovrebbero essere parte integrante dell’insegnamento scolastico». Irraggiungibile l’Anselmi nella sua campagna di Treviso, chiedo a Giovanni Pellegrino, che ha presieduto per due legislature la raccolta di documenti e testimonianze sulle stragi dal dopoguerra al 2001, come mai il risultato del lungo scavo non sia allargato nell’internet dei ragazzi. Lasciato il Senato, Pellegrino presiede l’Amministrazione Provinciale di Lecce. Per l’editore Piero Manni ha sintetizzato conclusioni ed analisi nel libro «Strage di Stato». Alla vigilia del governo del Berlusconi, ultima seduta della Commissione, Pellegrino crea un ufficio (approvato all’unanimità dalla Commissione) con l’incarico di inserire tutti i documenti «in un supporto informatico». Insomma, internet. L’ufficio è ancora aperto, un funzionario dovrebbe esserne responsabile, ma il sito non c’é. Dal 2001 nessuno ha fatto niente. Perché ? «Bisognerebbe chiederlo al segretario generale del Senato. È un problema grave. La commissione bicamerale aveva acquisito gli atti di altre commissioni, dalla P2 al caso Moro. Inchiesta organica. Raccoglie la storia sotterranea di un’Italia che nessuno conosce. Il senatore Paolo Guzzanti, Forza Italia, ottiene certi documenti per l’ inchiesta della commissione Mitrokhin, ma tutto finisce secretato, perlomeno non aperto ai giovani ricercatori di internet». Dal ’96 al 2002 le commissioni di Pellegrino avevano accumulato e analizzando informazioni con la consulenza di Elisabetta Cesqui, pubblico ministero nel processo a Gelli e ad altri piduisti. Ma i documenti non escono da chissà quali sotterranei. «Mentre dovrebbero essere accessibili nelle sedi istituzionali preposte», insiste Edmondo Bottini, l’ingegnere di Milano, «visto che tali commissioni vengono pagate dai cittadini ai quali devono spiegare cosa è successo negli anni in cui persone innocenti sono morte andando in treno, o in banca, oppure manifestando pacificamente nelle strade. Non parliamo poi della relazione della Commissione Moro. On line utopia. Qui a Milano, i verbali sono disponibili solo alla biblioteca Sormani e solo per consultazioni. Ogni commissione delinea realtà complesse e non è facile capire. Non sono ancora riuscito a trovare il filo che cercavo: identificare un percorso storico dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi».

Il postino non ha facoltà di rispondere può dare solo qualche informazione. Chi cerca può rivolgersi a. Sergio Flamigni, vecchio senatore Pci: ha fatto parte delle Commissioni P2, Caso Moro e Antimafia. Ha scritto per l’edizioni Kaos libri che danno ordine alle carte delle inchieste. Da anni allarga le informazioni con testimonianze conservate in un Centro di Documentazione trasformato in una fondazione disponibile su internet: info@archivioflamigni.org.

All’università di Padova, scienze delle comunicazioni, insegna Raffaele Fiengo, sindacalista storico del Corriere della Sera. Ha regalato all’archivio della facoltà i documenti della commissione P2: raccontano come Gelli sia riuscito a mettere le mani sul grande giornale imponendo un’informazione che fa vergogna rileggere. Il Corriere è rinato con la direzione di Alberto Cavallai, ma impossibile dimenticare la ferita della quale nessuno ha voglia di parlare. Ecco perché restano anni nascosti.

mchierici2@libero.it



Pubblicato il: 21.07.08
Modificato il: 21.07.08 alle ore 8.13   
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