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Autore Discussione: Così cade il re delle t-shirt...  (Letto 2390 volte)
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« inserito:: Luglio 13, 2008, 12:15:56 pm »

Il personaggio: Iniziò lanciando magliette nelle discoteche

«Due milioni in orologi»

Così cade il re delle t-shirt

Nel 2005 doveva partire per l'Isola dei Famosi L'affarista che era in lui lo indusse a rinunciare

 
 
MILANO — «Signor Cambi, con lei ci troviamo davanti al nuovo Briatore?» Alla presentazione del neonato team automobilistico «99 Guru», era il marzo del 2006, la fondamentale domanda rimase inevasa per un inconsulto moto di timidezza dell'intervistato. «No comment», e un filo di rosso sulle gote abbronzate. Quasi un gesto fuori copione, in quel trionfo di mondanità. Come se quell'ambiente, le modelle, le veline, il gossip sui giornali patinati, la fama di «playboy che ha detronizzato il grande Flavio e Tommaso Buti», oltre ad attirarlo gli facesse anche paura. Adesso che è caduto, peraltro con un certo fragore, Matteo Cambi diventa automaticamente l'oggetto ideale per «bastona il cane che affoga», disciplina non compresa tra le specialità olimpiche ma comunque tra le più praticate in Italia. È bello, giovane, è diventato ricco grazie a una maglietta con un fiore disegnato sopra.

Cambiava belle donne come noi ci cambiamo i calzini.

In ordine di apparizione e attribuzione: Eleonora Benfatto, Arianna Marchetti, Fernanda Lessa, Mascia Ferri del Grande Fratello, Flavia Vento, Elisabetta Gregoraci, Stefania Orlando, l'attrice Katia Nauta, un flirt con Anna Falchi — mai confermato dall'interessata — in contumacia del marito Stefano Ricucci, incarcerato all'epoca dei fatti, e una "simpatia", così la definì, con Naomi Campbell, che per qualche tempo ha indossato le T-shirt che lo hanno reso famoso e danaroso. Inoltre, Cambi ha sfiorato l'Isola dei Famosi e centrato in pieno il Billionaire, frequentava il giro di Lele Mora e Fabrizio Corona, ai quali aveva affidato la propria immagine, era finito di default nelle intercettazioni di Vallettopoli, faceva insomma parte di quel presunto jet set che affolla i rotocalchi, tutta gente non propriamente amata dai molti che hanno il problema della quarta settimana. A leggere l'ordinanza di arresto c'è da rimanere basiti. Dal 2004 al 2007, aiutato dalla mamma e dal patrigno, ha speso 7,5 milioni di Euro per arredare le sue case, altri 7 in viaggi privati, 2 milioni solo in orologi, altri 2 per Mercedes, Ferrari e Porsche, uno sproposito per l'acquisto di elicottero e aereo privato, che usava anche per andare da Parma a Milano. Nelle intercettazioni lo si sente mentre ordina l'acquisto di mobili e oggetti d'arte con prezzi da capogiro e conclude la telefonata con un immancabile «lo facciamo figurare…», aggiungendo poi il nome di una delle sue aziende. A forza di prendere, rimane poco. L'indagine del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza bolognese rivela un giro di false fatture che vanno di pari passo con un tenore di vita sempre più sfrenato. D'accordo, gli ingredienti per il pubblico ludibrio ci sono tutti, e in queste ore su molti blog ci sono post che non si fanno mancare nulla. Eppure, la storia di Matteo Cambi dovrebbe ispirare un sentimento diverso dal rancore. È nel 1999 che si si comincia a parlare di questo ragazzo nato a Carpi, figlio di Simona, che gestisce un negozio di maglieria e abbigliamento.

Matteo registra il marchio Guru e ogni notte fa il giro delle discoteche giuste di Milano, lasciando sulle sedie le sue magliette con la margherita sopra, non prima di aver urlato che si tratta di esemplari rari, che non verranno più stampati. È il concetto della «limited edition» che va di gran moda nel marketing di oggi. Ma il ragazzo di Carpi non è uno che ha studiato. Agisce per istinto e fiuto, e azzecca anche la strategia delle «celebrities», lui le chiama così. A forza di stazionare nei privé, convince Maldini, Vieri, Elisabetta Canalis, Inzaghi, Cannavaro, ad indossare la maglietta Guru. Verranno poi le modelle, Naomi, ma anche Stella Tennant, Paolina Kurkova. «Il processo di emulazione è innescato — si autocelebra Matteo in una brochure —, Guru piace alla gente che piace». Vende 200.000 magliette, diventeranno 3 milioni in tre anni. A quel punto, Matteo Cambi entra a pieno titolo nel mondo che ha usato per diventare ricco. Chi lo conosce ne parla come di un ragazzo semplice, non colto ma buono. Uno che dichiara con candore di aver sempre sognato di fare il cantante, e che pagherebbe qualunque cifra pur di duettare con Al Bano. Ma le mille luci del Billionaire rappresentano più di una discoteca, sono un «lifestyle». Matteo si compra un appartamento di 600 metri quadrati a Palazzo Carmi, un edificio del '700 nel cuore di Parma, e ci mette dentro una beauty farm adornata di opere in bronzo raffiguranti il Buddha, decine di luci Swarovski che riproducono la costellazione dei Pesci, il suo segno zodiacale, un toro d'acciaio da un paio di quintali scolpito da Arturo Di Modica, l'autore del toro di bronzo da quattro tonnellate che sta davanti all'ingresso di Wall Street. Ad illuminare la sala da pranzo c'è «Porca miseria», pezzo unico di Ingo Maurer, l'artista della luce che per meno di cinquantamila euro non disegna neanche un interruttore.

Ed è solo la prima casa, che precede quella di Forte dei Marmi, con annesso yacht, e appena fuori Parma la villa Fontanoro che fu di Francesca Tanzi. Già nel 2005 Matteo si trova ad un bivio. Il playboy deve partire per l'Isola dei Famosi, l'affarista che sopravvive in lui, appena premiato come Giovane imprenditore della moda, lo induce invece a rinunciare. «Con quale faccia sarei tornato alle riunioni di Confindustria o con i banchieri?» Quest'anno Matteo si era fidanzato con una ragazza della sua città, matrimonio e figli in vista. Ma il «lifestyle» della compagnia di giro che frequentava gli era rimasto addosso, l'esigenza del lusso sfrenato si coniugava forse con una forma di rivincita sociale. Diceva: «Ricchezza vuol dire anche belle macchine, belle case, belle donne. Ma qui a Parma una Ferrari non la si vedrà mai per la strada. Essere ricchi vuole dire mostrarsi, io una Ferrari non la terrei mai in garage». È per questo che la fine di Matteo Cambi suscita rabbia. Si è fregato con le sue mani, ma il suo «italian dream» era frutto di lavoro e ingegno, di uno che parte da dietro e ce la fa. Nei film e nei romanzi sul sogno americano, quando finisce male, il protagonista che si è fatto da solo sbaglia per avidità, perché va dietro a una visione troppo grande. Qui da noi, si fallisce per inseguire il Billionaire.

Marco Imarisio
13 luglio 2008

da corriere.it
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