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Autore Discussione: Dietro il silenzio di Veronica "Voglio sapere la verità"  (Letto 2750 volte)
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« inserito:: Luglio 05, 2008, 05:01:33 pm »

POLITICA

Smentito il ritorno delle voci di un imminente divorzio. Due ore di colloquio

Lei non commenta le presunte telefonate hot. Il premier in Brianza

Dietro il silenzio di Veronica "Voglio sapere la verità"

di DARIO CRESTO-DINA

 

Ci sono silenzi che nascondono dignità e dolore. Silenzi che pure fanno rumore. È quanto accade a Veronica Lario, la moglie di Silvio Berlusconi. Per lei e per i suoi figli è un altro momento di sofferenza, ma questa volta Veronica non farà alcuna dichiarazione pubblica.

Almeno per ora, la signora Berlusconi non parla. Spiega di non volere entrare in questo "ciarpame", ma ha le idee chiare. Una sopra tutte, come ha confidato a chi le sta vicino: l'inchiesta di Napoli nei confronti del premier e di Agostino Saccà, le intercettazioni telefoniche ordinate dai pm partenopei, sollevano un problema di "morale pubblica". Spostare l'attenzione sul privato significa confondere i temi, significa "distrarsi" e non aiuta il paese a capire "un fatto che potrebbe essere grave".

Non lo dice ma nella sua testa, nel suo modo di pensare, Veronica è ancora più esplicita. A Napoli non si indaga su presunti tradimenti coniugali. I magistrati di Napoli indagano il presidente del consiglio e il responsabile della fiction in Rai per il presunto reato di corruzione. E la corruzione è una morale "che rischia di essere ormai consolidata in tutti gli ambienti". Questa dovrebbe essere l'unica cosa importante, questi i fatti sui quali dovrebbe soffermarsi la riflessione delle istituzioni, della politica e dell'opinione pubblica.
Nessun interesse, quindi a Macherio, sui gossip a luci rosse e sulle telefonate imbarazzanti nelle quali il Cavaliere parlerebbe delle particolari qualità di alcune sue ministre. Da villa Belvedere non usciranno lettere o interviste, anche se Veronica si sente nuovamente ferita, ma non vuole recitare il ruolo della vittima. Se sto zitta, avrebbe detto al marito, non vuole dire che non esisto. In altre parole: ditemi come stanno esattamente le cose.

Per questo motivo ha voluto avere precise spiegazioni sui reali contorni della vicenda sia dall'avvocato del marito, Nicolò Ghedini, chiamato mercoledì, sia dallo stesso Berlusconi che giovedì, dopo avere annullato l'intervento a Matrix su suggerimento di Gianni Letta e Fedele Confalonieri ("Silvio, sulla giustizia hai ragione, ma i modi sono sbagliati", gli avrebbe detto il presidente di Mediaset), è volato a Macherio alle nove di sera, ha cenato con la moglie, ha parlato con lei un paio d'ore, per poi tornare a Roma ieri mattina in tempo per il consiglio dei ministri. Forse più tranquillo, forse anche più avvertito. E non è da escludere che i toni più cauti ostentati nella conferenza stampa successiva al Consiglio siano stati in parte frutto del confronto avuto la sera prima con la moglie.

Silvio è dunque scampato alle unghie di Veronica? Per ora parrebbe di sì. Per ora. E questa è una sottolineatura di non poco conto. Dalle fonti ufficiose di villa Belvedere giunge anche l'ennesima smentita alle voci di divorzio imminente fattesi di nuovo insistenti in questi ultimi giorni di alta marea famigliare. Sono almeno dieci anni che Veronica Lario si trova di fronte a questa domanda. Dieci anni di riflessioni amare e dolorose. In qualche occasione ha risposto con una battuta: "Sono sempre stata lenta nel prendere le decisioni". C'è da credere che ci pensi, ma che ancora una volta rimanderà il passo.

In realtà la moglie di Berlusconi ha sempre sacrificato i suoi desideri all'equilibrio e alla serenità dei figli e ha combattuto con determinazione e coraggio una battaglia personale per salvaguardare i diritti di Eleonora, Barbara e Luigi nell'azienda del marito, arrivando a tagliare un traguardo importante all'inizio del 2006, quando i tre ragazzi sono stati inseriti nella "Holding quattordicesima" con il 21,42 per cento delle quote Fininvest, la cassaforte dell'impero berlusconiano, la stessa quota detenuta da Piersilvio e Marina, i figli che il Cavaliere ha avuto dalla prima moglie. C'è un futuro da costruire per i più giovani. Luigi studia alla Bocconi, è appassionato di finanza, ha una grande ammirazione per il padre imprenditore e vuole seguirne le orme. Barbara ama la letteratura e l'editoria, pensa di ritagliarsi un ruolo all'interno della Mondadori.

Per il resto le strade di Silvio e Veronica sono separate. Lei ha smesso da molto tempo l'abito della first-lady. Ha scelto la riservatezza, la solitudine. La sua agenda è rigorosamente divisa da quella del marito. Veronica è stata l'ultima volta a Roma lo scorso inverno per la mostra di Rothko, una gita di poche ore. Poi ha dedicato gran parte delle sue giornate al nipotino Alessandro, figlio di appena otto mesi di Barbara, "l'unico uomo di cui sono innamorata".

Infine è stata per quasi due mesi in Cambogia, nel Laos e a Rio de Janeiro. È tornata in Brianza da una decina di giorni, in tempo per scoprire che il dialogo tra il governo e il pd di Veltroni, un confronto nel quale lei riponeva molte speranze, "forse l'ultima chance per l'Italia", è naufragato sullo scoglio della giustizia e dei principi costituzionali. Ora andrà qualche giorno in Sardegna, poi negli Stati Uniti dove studia Eleonora.

Di telefonate a luci rosse non vuole parlare. "Ho già detto tutto ciò che penso un anno fa", ha risposto a un'amica, invitandola a rileggere la lettera inviata a "Repubblica" dopo gli apprezzamenti rivolti dal marito a Mara Carfagna durante la cena di gala dei Telegatti: "Se non fossi già sposato, la sposerei subito". Era il gennaio del 2007. Adesso Veronica pensa che chi allora la criticò oggi, magari, possa ricredersi.

(5 luglio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 05, 2008, 05:04:00 pm »

POLITICA

Il premier ora si lamenta, ma prima si è dato pubblicamente in pasto

Nessuno come Berlusconi ha trasformato il personale in pubblico

Nella terza Repubblica del gossip Silvio vittima del chi la fa l'aspetti

di FILIPPO CECCARELLI

 

La sera dell'8 aprile di quest'anno, all'apice della campagna elettorale, l'uomo politico che in questi giorni condanna gossip negativi e pettegolezzi inquinanti ha rivelato a una sua giovanissima e omonima fan incontrata sui bastioni di Alghero di essere stato concepito dai suoi genitori in un boschetto: "E' per questo che mi chiamo Silvio, che viene da "selva"". E quindi: "Indaga anche tu con i tuoi... ".

Nella penultima campagna elettorale, del resto, nel febbraio 2006, sempre in Sardegna l'allora presidente del Consiglio Berlusconi aveva pubblicamente promesso la propria astinenza sessuale, che sarebbe una faccenda piuttosto privata, in cambio della vittoria. All'offerta votiva, del tutto inedita nella storia politica italiana, era stato chiamato a cerimoniere un incauto sacerdote. Qualche giorno dopo si è saputo che nottetempo, in un estremo e inusitato sforzo propagandistico, il Cavaliere aveva telefonato a una hot-line - trovando peraltro un'operatrice già ampiamente convinta di votare Forza Italia.
L'intemerata berlusconiana contro la "pornopolitica" (espressione coniata alla fine degli anni settanta da Mino Pecorelli) era comunque di là da venire.

Pochi giorni fa, in prima fila alla messa Vip di Portorotondo, il presidente ha ritenuto di aprire platealmente la questione della comunione ai divorziati rivolgendosi al vescovo, durante la liturgia. Che la fede sia una questione personale è tutto da dimostrare, anche se in genere si tratta di argomenti delicati, che non si vanno a strombazzare. Ebbene: di Berlusconi, da un paio di giorni severo cultore della serietà e della riservatezza, il giorno dopo i maggiori quotidiani hanno intervistato non uno, ma due confessori, don Corsani e don Zuliani, entrambi giustamente prodighi di buone parole.

L'esistenza di un terzo confessore, don Rossi, "cappellano di Arcore", si deve allo stesso Cavaliere, che ne ha parlato di recente dal palco durante un'altra indimenticabile performance davanti ai circoli di Dell'Utri. Don Rossi "era molto generoso quando gli confessavamo le nostre birichinate, io ero più birichino di Marcello". Nell'accordargli una piccolissima penitenza, secondo Berlusconi, il sacerdote dava conto della propria benevolenza: "Se io fossi nelle sue condizioni, non sa cosa farei!". Il problema, continuava il futuro nemico del gossip fra le risate del pubblico, è che "mia moglie l'è venuto a sapere": dal che don Rossi venne allontanato.

Tutto questo per indicare i contenuti e le modalità espressive attraverso i quali di norma - ma gli esempi possono riempire un volume d'enciclopedia - a partire da se stesso il presidente del Consiglio concepisce, misura e fissa i confini tra sfera pubblica e privata. Ma tutto questo, anche, per chiedersi se ci si rende conto dell'importanza che il gossip ha assunto nel discorso pubblico. Se non sia divenuta l'unità di misura della macchina comunicativa e un elemento distintivo dell'odierna classe politica. E se per caso non sia sfuggito di mano a quest'ultima, con esiti al momento del tutto imprevedibili. Come quel cartello comparso a Vicenza nel corteo contro l'allargamento della base militare americana: "Veronica, scrivi una lettera anche a Prodi!".

Perché Berlusconi può anche aver ragione rispetto ai colloqui telefonici intercettati. O comunque si può umanamente capire. Ma al tempo stesso egli è davvero l'ultimo a potersi lamentare della cultura del pettegolezzo; e non solo per i modelli che da Dinasty al Grande Fratello la tv commerciale ha introdotto nell'immaginario italiano. Il punto vero è che quell'entità che con qualche pigrizia si definisce gossip è la classica arma a doppio taglio. E nessuno come Berlusconi a tal punto l'ha utilizzata da aver trasformato ciò che era personale in pubblico. Vedi il riverbero della sua immagine che straborda, il valore assegnato alla ricchezza, l'energia del lusso, la suggestione dei paesaggi e della compagnia, l'insediamento di uno stile signorile e cortigiano (maggiordomo, cuoco, musico, trainer, guardie, servi). Vedi ancora l'ostensione dei graffi e dei lividi dopo i bagni di folla e la barzelletta, la canzonetta, la battuta galante o machista. E il rito dello shopping, i gioielli alle parlamentari, i cambi di costume di scena, gli interventi estetici e sanitari, il linguaggio, i gestacci, i desideri e tutto quanto insomma da sempre Berlusconi innesca come spontaneo dispositivo per attirare l'attenzione su di sé nel modo più efficace: dandosi in pasto.

Difficile pensare che questa auto-cannibalica visibilità non abbia un prezzo, o non comporti un contrappasso. Così come al netto del moralismo, dell'ipocrisia o di qualsiasi impostazione berlusco-centrica, è facile pensare che nel vuoto delle ideologie e nel deserto dei progetti il gossip sia già diventato qualcosa che certo influenza la narrazione di questa Terza, forse, Repubblica.

Si pensi alla partita giocatasi attorno alla malattia di Bossi; alle vicissitudini coniugali di Fini; alle implicazioni economiche che tengono insieme il leader centrista Casini e il suocero. Si pensi al fatto che durante l'ultimo congresso ds si parlò di "mobbing"; o all'assai plausibile ipotesi che fra le concause del disastro elettorale di Rifondazione ci siano le frivolezze e le vanità mondane dei Bertinotti. Tutto è talmente pubblico, oggi, e tutto è al tempo stesso così terribilmente privato da far venire il sospetto che non si possa fermare vietando o distruggendo delle intercettazioni telefoniche.

(5 luglio 2008)

da repubblica.it
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