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Autore Discussione: DIARIO TRI/VENETO (2)  (Letto 68429 volte)
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« Risposta #60 inserito:: Gennaio 08, 2009, 04:06:02 pm »

Immigrati Il Carroccio: segnalarli alla polizia. Il Pdl diviso

«Niente cure mediche ai clandestini in Friuli». E i medici insorgono

Battaglia leghista, il leader era amico di Theo Van Gogh

DAL NOSTRO INVIATO


UDINE — «I clandestini, in teoria non esistono: però ci sono». La sintesi è di Danilo Narduzzi, capogruppo della Lega nel consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. In effetti, i sindacati calcolano che in Friuli gli immigrati irregolari siano circa 20 mila, che tra loro ci siano 11 mila badanti, e che molti altri siano transfrontalieri che vorrebbero regolarizzare (diritti ma anche doveri) la loro posizione.

Insomma, gli irregolari ci sono e le conseguenze sono varie. In materia sanitaria, per esempio: il clandestino se sta male va dal medico, spesso al pronto soccorso, e chiede di essere curato. In questo non si distingue da chi ha il permesso di soggiorno o da un italiano. Ma a quel punto il dottore cosa deve fare? L'azienda per i Servizi Sanitari numero 6, quella di Pordenone, ha invitato con una lettera tutte le strutture pubbliche della Regione a continuare nei programmi di assistenza e cura degli immigrati irregolari avviati dalla giunta di centrosinistra che ha governato il Friuli fino alle scorse elezioni. E infatti: «Bisogna curare e garantire assistenza a tutti, senza distinzione» afferma Luigi Conte, presidente dell'Ordine dei medici di Udine. Lui considera intollerabile la posizione della Lega, che vuole limitare le cure per i clandestini agli interventi urgenti e non differibili, e vorrebbe anche che i pazienti senza permesso di soggiorno fossero segnalati alle autorità. «Il medico non è un delatore» tuona Conte, preoccupato dal pericolo «per gli individui e la collettività» che verrebbe dalla nascita di una «clandestinità sanitaria», o una «sanità parallela» priva di controllo. «Uno dei rischi — spiega — è che aumenti la diffusione di patologie».

La Lega ribatte a muso duro: «Questo è terrorismo mediatico. Epidemie non ce ne sono mai state, al limite il pericolo è quello di attentati» dice Narduzzi. Che poi presenta in questi termini la questione-sanità: «Grazie a progetti della precedente amministrazione di centrosinistra, i clandestini in Friuli godono di assistenza gratuita per prestazioni di ogni tipo, persino la pulizia dei denti... Certo, la Bossi-Fini prevede che chiunque abbia bisogno di cure urgenti debba essere assistito, anche se è irregolare. Noi, però, crediamo che le terapie non urgenti vadano sospese, perché i clandestini sono da espellere». Non tutti, nella maggioranza di centrodestra che governa la Regione, la pensano così. Sia l'assessore alla Sanità Vladimir Kosic, un tecnico, sia il vicepresidente della commissione sanità in consiglio Massimo Blasoni, del Pdl, sono convinti che per questioni di civiltà e tutela della salute tutti vadano curati. «Proporremo una mozione per definire linee di politica sanitaria che seguano i principi del centrodestra — attacca la Lega —. Non solo: chi è curato e non ha il permesso di soggiorno deve essere segnalato».

È la stessa querelle che si scatenò a livello nazionale in autunno, dopo la presentazione del pacchetto sicurezza. Un emendamento prevedeva che i dottori denunciassero eventuali pazienti-irregolari. Anche in quel caso i medici si opposero. L'emendamento, per ora, è stato ritirato. Narduzzi spera che venga riproposto in Consiglio dei ministri. Nell'attesa, in Friuli la Lega ha tentato una fuga in avanti. Tanto che l'Udc, che qui è nella coalizione di governo, chiede una verifica: «Qualunque essere umano va assistito — dice il segretario regionale, Angelo Compagnon —. Poi, in seconda battuta, bisognerà segnalare il fatto alle autorità. In ogni caso di tutto ciò non c'è traccia nel programma, la maggioranza dovrebbe sedersi attorno a un tavolo e discuterne». E ancora non basta: da due giorni la Cgil chiede le dimissioni del presidente del consiglio regionale, il leghista Edouard Ballaman, famoso per aver diffuso in Italia il film contro l'Islam radicale di Theo Van Gogh. È accusato di aver tradito «lo spirito super partes del suo ruolo» schierandosi a favore della Lega sulle cure agli irregolari. Il Pd considera la sua uscita «censurabile e inaccettabile». L'Udc sottolinea che «i compiti istituzionali non hanno colore politico». E tutto questo, in fondo, perché è solo nelle teorie che i clandestini non esistono.

Mario Porqueddu
08 gennaio 2009

da corriere.it
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« Risposta #61 inserito:: Marzo 13, 2009, 12:33:33 am »

VICINO A PORTOGRUARO

Orrore sulla A4: ragazza straziata dalle auto

Indagini nel mondo delle lucciole dell’Est

Aveva 18 anni, era ungherese



Il corpo gettato di notte in mezzo alla carreggiata PORTOGRUARO Il corpo sull'asfalto è stato investito dai camion. Di quell'esile corpo è rimasto poco. In tasca un documento ungherese. Katalin Doczi, 18 anni, era una prostituta. E' morta l'altra notte verso le 2 in A4, direzione Trieste, tra Portogruaro e Annone. C'è il sospetto che qualcuno l'abbia fatta volare da un'auto in corsa. Di sicuro lì non ci è andata da sola. Per ora si indaga per omicidio colposo.
La ragazzina, perché questo era Katalin, indossava ancora gli abiti da lavoro. I quattro stracci che la coprivano per renderla appetibile, se l'età non bastava, a chi cerca sesso a pagamento e non guarda certo la carta d'identità delle ragazze. Quella mini, quegli stivali e la maglietta col giacchino erano diventati col corpo una massa informe, quando il tir del camionista ucraino le è passato sopra. Molto probabilmente era l'ennesimo automezzo che calpestava quel corpo. Ma è stato quel camionista a fermarsi ad accostare, a chiamare la polizia stradale per segnalare quanto accaduto. L'unico ad avere pietà. Erano le 2.15 quando sul posto sono arrivate le prime pattuglie della polizia stradale di San Donà. Il camionista ha spiegato agli agenti che non ha potuto far nulla per evitare quel corpo esanime in mezzo alla carreggiata.
L'abbigliamento della giovane ha fatto sospettare subito che si poteva trattare di una prostituta o di una ballerina di qualche locale dove in realtà più che danzare le ragazze si vendono. Poi quei documenti ungheresi e la certezza, grazie agli agenti della Squadra Mobile che quel corpo prima di essere reso irriconoscibile apparteneva ad una giovanissima prostituta. La certezza che fosse Katalin c'è stata quando sono state comparate le sue impronte con quelle presenti in archivio in Questura e prese alla ragazzina. Come avviene in questi casi poi sono state avvertite, attraverso il consolato ungherese, le autorità del suo paese. Terminali per arrivare alla famiglia che, chissà, se sapeva il lavoro che la ragazzina faceva in Italia.
Oggi l'autopsia ordinata dal pm Emma Rizzato per stabilire le cause della morte. Per capire se Katalin era già morta quando è stata travolta dai camion. Le indagini della Mobile ora dovranno accertare prima di tutto come è arrivata sul posto la ragazzina. Non aveva auto, non aveva la patente. Forse l'ha portata un cliente o magari qualcuno del racket a cui non andava bene che lei rimanesse sul Terraglio a lavorare. O perchè, magari, voleva darle una lezione per non aver accettato di lavorare per lui. Di certo non è stato soltanto un incidente anche se il fascicolo aperto dalla pm Rizzato riguarda per il momento l'omicidio colposo. In quel tratto di autostrada non ci sono piazzole di sosta o aree di servizio che possono far pensare che la giovane abbandonata da un cliente volesse attraversare l'autostrada per raggiungere qualche luogo. Come altre volte successo invece in tangenziale o a Villabona. Lì la ragazza è stata porta. C'è il forte sospetto che sia stata buttata da un camion o da un'auto in corsa o che lei abbia cercato di scappare da qualcuno aprendo la portiera in corsa. Perchè? E' la domanda principale a cui dovranno dare una risposta gli investigatori. E naturalmente chi?
Ieri per tutta la giornata i poliziotti della Mobile con l'aiuto degli operatori dei servizi sociali del Comune hanno sentito le ragazze che si prostituiscono lungo il Terraglio alla Favorita. Le ragazze, in buona parte ungheresi, che conoscevano Katalin. Qualcuna forse ha visto con chi è salita la ragazza: l'ultimo cliente o chi la voleva sfruttare. Chissà. Stando a quanto accertato fino ad ora, la ragazzina l'altra sera aveva avuto alcuni clienti. Da quanto hanno accertato gli inquirenti non sembra che la ragazza avesse un protettore. Come del resto la gran parte delle ungheresi e delle romene che lavorano in strada. Ragazze diventate comunitarie e quindi non più ricattabili sul fronte del permesso di soggiorno a cui non sono più soggette. Nessuno infatti le può espellere.

Carlo Mion

(11 marzo 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #62 inserito:: Marzo 26, 2009, 06:41:45 pm »

Usa pronti a trasferire gli F-16 in Polonia


Aviano. La presenza di «elementi ostili» in regione consiglia lo spostamento verso l’Est Europa


di Marco Bardazzi


 Washington. Nelle scuole di guerra del Pentagono c'è preoccupazione per le condizioni in cui operano le basi aeree di Aviano e Vicenza, anche per la presenza di «elementi ostili» nella società italiana. È uno dei motivi che ha spinto uno stratega militare a ipotizzare di trasferire gli F-16 americani da Aviano alla Polonia. Un'idea, sottolinea il ministero della Difesa statunitense, che al momento è solo «un'ipotesi accademica».

È stato il tenente colonnello Christopher Sage, un ufficiale dello stato maggiore dell'Air Force, a preparare uno studio secondo il quale spostare i caccia sarebbe «nell'interesse nazionale degli Stati Uniti», impegnati a muovere verso Est le forze del proprio comando europeo visto il cambio dello scenario dopo la fine della Guerra Fredda. La Polonia è «un alleato fedele» e Washington, secondo lo studio, ha tutto l'interesse a rafforzare questo legame in un momento in cui la Russia alza il livello della propria retorica.

Il saggio è stato pubblicato su ”Air and Space Power Journal”, rivista accademica dell'Air Force, è rimbalzato sul quotidiano militare Stars and Stripes e da qui in Polonia e in Russia. L'ipotesi del trasferimento sul suolo polacco degli F-16 ”italiani” difficilmente lascerebbe indifferente Mosca, in un periodo in cui è ancora in discussione il futuro dello scudo antimissile americano che la Polonia si è offerta di ospitare nonostante le resistenze russe.

Il Pentagono si è affrettato a precisare che la questione è puramente un'esercitazione accademica. «Non è una proposta presa in considerazione dall'Air Force nè, da quel che ci risulta, da altre organizzazioni (Comando Usa in Europa, Nato, governi interessati) che sarebbero coinvolte in una decisione del genere», ha detto all’A nsa il tenente colonnello Tadd Sholtis, un portavoce dell'Air Force al Pentagono. 

Le idee di Sage, in definitiva, «sono sue e sue sole», afferma il portavoce, sottolineando che, anche se pubblicato solo ora, il saggio è stato scritto dall'ufficiale come studente del Navy War College un anno e mezzo fa. Adesso che Sage ha assunto un ruolo di responsabilità nello stato maggiore, «conferma la sua tesi - spiega Sholtis -, ma non ha altro da aggiungere», come membro di un ufficio di comando.

Il saggio apre una finestra sulle preoccupazioni che nelle scuole di guerra americane si percepiscono sulla realtà italiana. Sage sottolinea che l'Italia è un alleato fedele degli Usa, «ma i governi cambiano, e persiste in alcuni settori della società italiana un atteggiamento politico e sociale che offre poco sostegno alla politica estera americana». Citando le manifestazioni contro la base Usa a Vicenza, l'ufficiale sottolinea anche che ci sono «elementi ostili nella società italiana che presentano anche preoccupazioni di sicurezza e protezione delle basi». La Polonia offrirebbe invece maggiori opportunità di addestramento per gli americani, minori restrizioni allo spazio aereo e disponibilità di aree dove i piloti possono esercitarsi.

(26 marzo 2009)
da ilpiccolo.gelocal.it
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« Risposta #63 inserito:: Marzo 31, 2009, 04:03:14 pm »

31/3/2009
 
Il Nord-Ovest va in gol con Expo 2015
 
 

BRUNO VILLOIS
 
Il conto alla rovescia per l’Expo 2015 è in corso, il tempo corre, tante e fondamentali sono le cose da fare. Quelle che resteranno, le infrastrutture, avranno un ruolo chiave per la modernizzazione a Milano e dintorni, ma non solo lì. Importante sarà la capacità dei territori confinanti, Province lombarde e Regioni, di offrire una convinta candidatura per porsi a fianco della capitale lombarda con proprie iniziative in grado di attrarre visitatori e sviluppare business indotti. Riconosciuto che l’iniziativa è stata conquistata dal sindaco di Milano, tocca ai politici e alla società civile farsi avanti con progetti e risorse. Il Veneto lo farà sulla linea Verona-Padova-Venezia, un potenziale enorme per le attrattive artistiche delle tre città, cui si abbina un grande parco giochi in grado di richiamare interi nuclei familiari.

Più complessi spazi e ruoli del Nord-Ovest piemontese, tenuto anche conto che montagna e vendemmia conteranno poco a causa del periodo, marzo-settembre. La Liguria, con il porto di Genova per le crociere e il Golfo del Tigullio, con Portofino e Santa Margherita primattori, e il sole e il mare di piena estate, avrà naturali vantaggi. Il Piemonte dovrà fare lo sforzo maggiore per ottenere ruolo e spazio attrattivo. Servirà un trasporto veloce Torino-Milano, Torino-Malpensa di primo livello, un’ora al massimo dovrà essere il tempo di percorribilità. Poi servirà un’identità caratterizzante che in primavera e a fine expo potrà essere l’enogastronomia, con Alba e Asti a farla da regine, mentre in estate il tanto annunciato e mai terminato itinerario delle regge sabaude, dopo l’apertura di Venaria, sarà il punto di riferimento, magari potenziato da una grande mostra disposta su più sedi piemontesi.

Mancherebbe ancora un evento caratterizzante e di forte fascino. Il grande alleato della Moratti per vincere è stata l’Africa: un torneo di calcio Europa-Africa, ideato con la Fifa e successivamente itinerante, potrebbe diventare l’evento clou in giugno, della durata di tre settimane. Il torneo mondiale Fifa sarà nel 2014, quello continentale Uefa nel 2016, ben ci sta una primogenitura italiana per un terzo appuntamento a scadenza quadriennale tra il vecchio e il più arretrato continente, che però già sforna campioni sparsi in mezzo mondo. Il calcio, piaccia o no, è una formidabile attrattiva. Se si affida l’evento a un medium potente a livello globale come Sky, si ottengono risorse da sponsor e si attraggono moltitudini di spettatori, soprattutto africani e asiatici, ai quali poi offrire il meglio delle piazze sabaude.

L’expo dev’essere un grande momento di popolo, un momento in cui si fondono umanità, scienza, sport, cultura, ricavarne un ritorno che duri e conti nel tempo è cosa fondamentale per il Piemonte. Le Olimpiadi invernali hanno ridato slancio e lasciato infrastrutture, molte, troppo inutilizzate o peggio ancora da demolire (i gianduiotti di Giugiaro in piazza Solferino fanno gridare allo scandalo per l’abbandono in cui sono). L’Expo non è di Torino, ma per Torino: anche utilizzando quale cassa di risonanza i 150 anni dalla nascita del Regno d’Italia, può diventare, attraverso proposte illuminate, una grande ulteriore occasione di farsi conoscere. Una volta attratti, i turisti saranno stupiti da tanta bellezza e la città sabauda e dintorni, con pieno diritto, potrà assurgere a meta stabile del turismo internazionale. Riuscirci dipende dalla capacità di fare il gol, già, proprio quello.

bruno.villois@unibocconi.it
 
da lastampa.it
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« Risposta #64 inserito:: Novembre 04, 2009, 03:28:18 pm »

A Cargnacco, in Friuli, le salme di migliaia di militari identificati e "ignoti"

Un tempo il sacrario era meta di pellegrinaggio, ora la situazione è molto diversa

Nella cripta dei Caduti in Russia scende il silenzio sulla Storia

di JENNER MELETTI

 
CARGNACCO (Pozzuolo del Friuli) - Non suona più "il Silenzio", per i Caduti in Russia. Non ci sono più bambini con le bandierine, sindaci con il tricolore e i picchetti dei soldati - dieci anni fa si vedevano anche nei Tg nazionali - per l'ultimo saluto alle salme recuperate nelle pianure dell'Est e riportate nei cimiteri italiani. "Nell'ultimo anno - dice don Primo Minin, parroco di Cargnacco e del tempio nazionale dei Caduti in Russia - non ci sono state consegne. Solo l'anno scorso, il 4 novembre, sono arrivate a Redipuglia 14 cassette di zinco. C'era anche il presidente Napolitano. Poi sono state portate qui da noi, quelle piccole casse. E anche loro sono finite nel sacrario dei senza nome. Ma sono tanti anche i soldati che sono stati identificati ma sono rimasti qui, nel sacrario. Sa, dopo tanti anni, le mamme non ci sono più, anche le mogli sono scomparse o sono molto anziane e non tutte le famiglie hanno voglia di occuparsi di un parente di cui hanno solo sentito parlare".

La ritirata di Russia è finita qui, nella grande cripta della Madonna del Conforto. Secondo i dati ufficiali, dietro le piccole lapidi ci sono 518 militari identificati e 595 "noti ma non identificati". "Quando si trova un elenco dei morti si sa che nella fossa ci sono persone di cui si conoscono i nomi: ma non si può attribuire un'identità certa ad ognuno di loro".

Sono dodici anni che don Primo segue i vivi della parrocchia e i morti del Sacrario. "Secondo me, nella cripta, ci sono mille identificati e altri mille noti non identificati. Le cifre ufficiali vanno controllate meglio. Sarebbe tempo anche di cambiare i registri che sono nell'atrio della cripta, dove sono scritti tutti i nomi dei dispersi in Russia. Li preparò il mio predecessore, don Carlo Caneva, un cappellano degli alpini che ha costruito il tempio. Chiese a tutti i Comuni italiani di mandare l'elenco di chi era partito per la Russia e non era tornato. Ma tanti Comuni non hanno risposto. Bisognerebbe confrontare questo elenco con le liste di Onorcaduti, l'organo del ministero della Difesa che si occupa dei cimiteri militari e delle "campagne" di recupero delle salme in Russia".

Nella grande cripta gran parte dei nomi sono in ordine alfabetico. "Soldato Riolo Settimio, artigliere Riondato Giorgio, generale Rossetti Augusto, artigliere Scandola Antonio, fante Soffritti Vittorio, soldato Scognamiglio Giovanni...". Piccole lapidi senza date. C'è chi ha lasciato qui il proprio padre o nonno perché "in un sacrario la tumulazione è eterna", c'è chi non ha risposto alla lettera di Onorcaduti che avvertiva del ritrovamento. Altre famiglie, dopo tanti anni, non sono state trovate. "Certamente - dice don Primo Minin - sui caduti in Russia sta scendendo il silenzio. Ogni mese arrivano qui tre o quattro pullman e abbiamo calcolato che i pellegrini - io li chiamo così - siano 20.000 all'anno. Ma negli anni '60 e '70 erano diecimila al mese e si dovette comprare un grande terreno per il parcheggio, ora quasi sempre vuoto".

"L'ultima campagna - dice il tenente colonnello Paride Massaro, di Onorcaduti - l'abbiamo fatta in Russia nel 2007, ma abbiamo raccolto soltanto resti sparsi in fosse comuni. Per questo abbiamo sospeso il lavoro di recupero che era iniziato nel 1991. Siamo comunque orgogliosi del nostro lavoro. In questi anni abbiamo riportato in Italia 11.601 salme. La maggior parte, 9.762, erano in Russia. Le salme identificate erano 2.244 e 1.960 sono state consegnate ai parenti. In Ucraina abbiamo recuperato 1244 "noti", e 1.035 sono stati portati nei cimiteri di famiglia. A Cargnacco ci sono 8.518 salme, e 7.405 sono quelle non identificate. Abbiamo fatto tutto il possibile, per dare risposta a chi ha aspettato un funerale di un proprio caro per 60 anni".

C'è anche un ufficio del ministero della Difesa, a pochi metri dal Sacrario di Cargnacco. Il maresciallo Matteo Clemente fornisce informazioni a chi viene a chiedere di un parente e fa anche la guida volontaria nella chiesa-cripta, soprattutto quando arriva qualche scolaresca. Su un muro, il testo della legge 204 del 9 gennaio 1951. L'articolo 7 prescrive che "le salme dei Caduti in guerra o nella lotta di Liberazione, sepolte in cimiteri civili, sono esenti dai normali turni di esumazione". Ma ci sono Comuni che, per spostare una salma da una tomba privata a un luogo di "tumulazione eterna", chiedono che le spese siano rimborsate dal ministero.

Quando ancora c'era la cortina di ferro - e il ritorno delle salme era un sogno impossibile - il tempio di Cargnacco era il luogo dove le famiglie mettevano una lapide in bronzo per ricordare chi era stato mandato nei ghiacci della Russia con le scarpe di cartone. "Luigi Divari. Cadde sulle steppe del Don con negli occhi il cielo d'Italia". "Ettore Di Liegro. Con la tua mamma ti ho atteso tanto". "Pirazzoli Luigi. Da sempre e per sempre nei cuori di tua moglie e di tua figlia". Più di diecimila sono tornati, ma gran parte di loro - 6.979 "ignoti" - sono finiti dietro una parete segreta. E' una cripta nascosta alla quale, come in un libro di Dan Brown, si accede attraverso una "porta a scomparsa", mascherata fra le lapidi della cripta ufficiale. In questo luogo segreto, senza cerimonie ufficiali, sono state messe le salme arrivate dall'Est e prima depositate nell'ossario di Udine e al sacrario di Palmanova. Le povere ossa sono su ripiani in metallo, dentro a urne di bronzo e anche in sacchetti di plastica. Da una fossa comune in Russia o Ucraina a un'altra "fossa comune" nascosta nel sacrario. Il maresciallo Matteo Clemente si arrabbia. "Non è una fossa comune. Accanto ad ogni urna ci sono i numeri dei verbali che ci dicono dove e quando questi poveri resti sono stati raccolti". Nessuno dei pochi visitatori sa però della cripta nascosta. "Sentirò Onorcaduti", dice il maresciallo. "Potremmo mettere una lapide: "Dietro questa parete riposano 6.979 Caduti ignoti"".

© Riproduzione riservata (4 novembre 2009)
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