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Autore Discussione: Bettini: alleanze larghe Dall’Udc a Rifondazione  (Letto 2608 volte)
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« inserito:: Luglio 05, 2008, 05:10:27 pm »

Bettini: alleanze larghe Dall’Udc a Rifondazione

Andrea Carugati


«La situazione è pesantissima, il premier e il governo ormai hanno sotterrato ogni intenzione di dialogo e dichiarato guerra a Veltroni e al Pd, scegliendo la strada dei colpi di mano per difendere ancora una volta interessi personali. Sarà opposizione dura». Goffredo Bettini, coordinatore politico del Pd e braccio destro di Walter Veltroni, pone una domanda a palazzo Chigi: «Il decreto blocca-processi toglie la possibilità di avere giustizia per reati gravissimi come rapina, stupro, corruzione, frode fiscale. Si parla di 100mila processi che saranno sospesi: è questa la sicurezza di cui parlavano? In realtà è un indulto mascherato».

Alla luce di tutto questo, è pentito dei mesi di dialogo con Berlusconi, prima e dopo il voto?
«Assolutamente no. Berlusconi all’inizio fece dichiarazioni di grande apertura e disponibilità a costruire almeno sulle regole un dialogo con l’opposizione. Un nostro rifiuto pregiudiziale sarebbe stato un errore. Ora che Berlusconi capovolge totalmente la sua posizione noi abbiamo ancor più legittimità nel dare a lui ogni responsabilità della rottura e dello scontro e abbiamo più forza nel dimostrare alla maggioranza degli italiani quanto le sue promesse siano state vane».

E il Pd come deve reagire a questi colpi di mano sulla giustizia? Giusto non partecipare alla piazza girotondina dell’8 luglio?
«La nostra opposizione sarà molto forte e visibile e costruita su tempi medi e lunghi, con due obiettivi: convincere la maggioranza degli italiani e unire i temi della giustizia alla grande priorità che investe il Paese, e cioè la drammatica riduzione del valore degli stipendi e delle pensioni. Una vera alternativa riformista non si può accontentare di lanciare grida d’allarme ma deve mettere in campo proposte meditate e persuasive».

E la piazza?
«È per le ragioni che ho appena illustrato che non abbiamo condiviso la piattaforma della manifestazione dell’8 luglio. Il messaggio di quella iniziativa ci appare estremista, urlato, e anche un po’ confuso. Alla fine tendono a restringere il consenso e le alleanze e sbagliano i bersagli, tant’è che alcuni dei promotori se la prendono soprattutto con il Pd e con Veltroni, che sono la vera alternativa a Berlusconi, e attaccano anche il presidente Napolitano, un adamantino democratico impegnato a garantire il rispetto delle regole».

Insomma, per voi niente da spartire con Flores?
«Ci sono modi diversi di protestare. Quello non è il nostro, non è adatto a una grande forza riformista, anche se a quella manifestazione hanno aderito tanti amici per i quali nutro una grandissima stima e che considero compagni di lotta. Penso a Furio Colombo, che peraltro ha espresso forti perplessità sugli atteggiamenti più esasperati».

In piazza però ci saranno anche dirigenti del Pd, come Parisi...
«Ognuno è libero di manifestare la sua voglia di opposizione nelle forme che crede, ma nel gruppo dirigente nazionale del Pd c’è stata una valutazione unanime su quella iniziativa».

Niente piazza, dunque. Come si vedrà la vostra dura opposizione?
«Con una nettissima battaglia parlamentare. Se si confermeranno le scelte annunciate, a partire dal decreto sulle intercettazioni, utilizzeremo tutti gli strumenti regolamentari per rendere difficile la strada al governo e per segnalare il punto di guardia a cui si è arrivati. E poi pensiamo a forme di petizione popolare da far firmare ai cittadini nelle nostre feste, nei tanti incontri che organizzeremo prima della grande manifestazione di popolo di fine ottobre».

E il vostro rapporto con Di Pietro? Temete che punti ai vostri voti, quelli più “radicali” sui temi dell’antiberlusconismo?
«Se il Pd avesse ancora il complesso di una critica alla sua sinistra dimostrerebbe di essere immaturo. Il semplice antiberlusconismo non ci ha mai fatto vincere. Il nostro compito è di essere noi, proprio noi, credibili agli occhi degli italiani per guidare il Paese. Il viaggio in campagna elettorale con Di Pietro è stato proficuo, in quella fase è stato leale e collaborativo. Poi ha cambiato linea. In parte lo capisco, stando all’opposizione ha voluto riconquistare uno spazio di manovra e di visibilità che si raccorda meglio alla sua storia politica. Ciò non toglie che in ogni occasione possibile le opposizioni devono collaborare e unirsi».

L’asse tra Veltroni e Casini può aprire all’Idv nuovi spazi?
«Di fronte agli strappi e alle prepotenze della maggioranza è utile allargare e unire il fronte di chi si oppone. Usciamo dall’assillo se dialogare di più da una parte o dall’altra. Dobbiamo dialogare con tutti e per quanto riguarda le future alleanze per il governo costruire il fronte più ampio sulla base di una seria coesione programmatica».

Una alleanza con Idv, Udc e la sinistra? Non rischiate di rifare l’Unione?
«Il punto è costruire il campo più largo possibile di alleanze a partire, come dice sempre Veltroni, da una rigorosa verifica di convergenze sui programmi, che poi devono essere rispettati quando si governa. Non è un processo che si verifica a priori, ma nel fuoco della dinamica politica».

E la vocazione maggioritaria?
«La sfida che abbiamo lanciato affermando la nostra vocazione maggioritaria non significa autosufficienza, e lo abbiamo ripetuto fino alla noia, ma ambizione di mettere in moto e di innovare tutto il campo delle forze di centrosinistra per spingerle a mettere al primo posto la coerenza tra le promesse agli elettori e i comportamenti che poi si perseguono dal governo».

Dunque non vedrebbe come fumo negli occhi una coalizione dall’Udc al Prc?
«Oggi sarebbe davvero irrealistica. Se poi si creano le condizioni di innovazione che ho indicato non vedrei come fumo negli occhi nessuna alleanza nel campo democratico. Ma non sarebbe la vecchia Unione, bensì un nuovo centrosinistra più coeso e credibile con un forte baricentro riformista».

Torniamo alle intercettazioni. Lei come le regolamenterebbe?
«È un tema delicatissimo che investe una giusta esigenza di privacy dei cittadini da tutelare integralmente senza rendere più difficili le indagini dei magistrati. È evidente che mancano del tutto i requisiti di necessità e urgenza per un decreto. Ma sono per arrestare una diffusione barbara di conversazioni private che non hanno rilievo penale».

Se si tratta di conversazioni in cui un leader politico raccomanda delle attrici è giusto che i cittadini sappiano?
«Se sono conversazioni private e senza rilievo penale, no».

Se Berlusconi dovesse rinunciare al decreto potreste dialogare su questo tema?
«Si tornerebbe a un normale confronto parlamentare per regolamentare questa materia».

Lei dopo il voto aveva proposto un congresso anticipato del Pd. È ancora di questa opinione?
«Se la spinta sincera alla costruzione comune del Pd dovesse venir meno perché covano prospettive politiche legittime ma diverse, allora sarebbe meglio il congresso. È una mia opinione personale: in quel caso sarebbe meglio una discussione franca e democratica che ridia la parola ai cittadini e agli iscritti. Non ho mai paura del confronto in mare aperto, temo lo sfarinamento e la opacità delle manovre di potere».

Pubblicato il: 04.07.08
Modificato il: 04.07.08 alle ore 13.19   
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