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Autore Discussione: L'astensione per scelta condanna silvio e si mette in attesa del PD...  (Letto 2393 volte)
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« inserito:: Giugno 23, 2009, 10:06:43 am »

Il voto nel capoluogo segnale non rassicurante per la Moratti

Lombardia, il Pd svanito e il non voto

La disaffezione al voto è il segnale più forte che esce dalla urne.

Il centrosinistra rifletta sul «fenomeno Penati»


Una sfida a chi perdeva meno elettori: 250 mila tra quelli che il 6 giugno avevano scelto Podestà sono rimasti a casa. Penati è riuscito a contenere le diserzioni: «solo» 91 mila. Troppe comunque e per meno di mezzo punto di vantaggio la Provincia di Milano è passata al centrodestra.

Il miracolo non è riuscito. Rispetto al primo turno, Filippo Penati ce l’ha fatta a recuperare 158 mila voti su Guido Podestà, ma non è bastato: gliene sarebbero serviti altri 5 mila per conservare la guida della Provincia di Milano. E invece anche questa passa al centrodestra. Il candidato Pdl, in un contesto fortemente orientato verso la Lega Nord, è riuscito a spegnere l’unica voce istituzionale del centrosinistra e fa della Lombardia che guarda all’Expo del 2015 un feudo incontrastato del centrodestra. Unica consolazione per Penati è quella di essere stato il più votato a Milano città: un segnale certamente non rassicurante per il sindaco Letizia Moratti.

Al primo turno Penati aveva salvato il centrosinistra dal «cappotto», costringendo il candidato del centrodestra al ballottaggio. La Provincia di Milano era l’unica in Lombardia a essere rimasta in gioco, mentre il Popolo della libertà strappava al Pd le province di Cremona, di Lodi e di Lecco; conquistava la nuova provincia di Monza e si confermava alla guida di quelle di Bergamo, Brescia e Sondrio. Penati era riuscito a evitare il k.o., ma era arrivato al ballottaggio con dieci punti di svantaggio: 38 lui, 48 Podestà. Al secondo turno è stato protagonista di una grandissima rimonta, ma non ce l’ha fatta e si è fermato al 49,80 per cento: meno di mezzo punto sotto il suo avversario: poco più di quattromila voti.

Nella regione di Berlusconi e di Bossi la conquista della Provincia di Milano non aggiunge granché allo straordinario successo del Popolo della Liberta e della Lega già registrato al primo turno.

Il segnale più forte che esce dalle urne è certamente quello della disaffezione al voto. Rispetto al primo turno si contano 587 mila elettori in meno (erano stati un milione e 687 mila) e le defezioni hanno penalizzato soprattutto il centrodestra. Se Penati fosse riuscito a raggranellare quella manciata di voti in più che gli è mancata per battere Podestà, certamente nel centrodestra la Lega sarebbe finita sul banco degli imputati. In realtà l’astensione è stata troppo massiccia per ridurla alle contese sui tre referendum. Forse in molti non sono andati a votare per sottrarsi al macchinosomeccanismo di rifiutare tre schede e ritirare soltanto la quarta, quella del ballottaggio. Ma il partito del non voto ha ben altre dimensioni e forse anche motivazioni.

Il centrodestra lombardo ha dunque davanti a sé una navigazione tranquilla, almeno nell’immediato, anche se all’orizzonte già si intravedono le turbolenze legate alla scelta del futuro presidente della Regione, con Formigoni che si prenota per il quarto mandato e la Lega che vorrebbe un proprio candidato alle Regionali del 2010. Il centrosinistra, invece, deve riflettere sul «Fenomeno Penati», una figura un po’ anomala nel panorama del Partito Democratico, uno dei pochi ad aver compreso che le preoccupazioni in materia di sicurezza non possono essere liquidate come semplici manifestazioni di razzismo. Qualcuno, nel suo stesso partito, lo ha accusato di «leghismo di sinistra», ma l’uomo è di quelli che cercano il consenso più fra la gente che nei salotti. Un Penati «disoccupato» può preoccupare più d’uno nella stanza dei bottoni del Pd: è vero che fra due anni sarà il candidato naturale del centrosinistra per il Comune di Milano, ma nel frattempo?

Claudio Schirinzi
23 giugno 2009

da corriere.it
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