LA-U dell'OLIVO
Novembre 26, 2024, 10:57:41 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Lo scaricabarile di Tremonti  (Letto 2197 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Giugno 23, 2008, 11:46:57 pm »

Lo scaricabarile di Tremonti

Bianca Di Giovanni


Inflazione programmata troppo bassa? Telefonate alla Bce. Il guizzo di Giulio Tremonti deve aver fatto sobbalzare Jean-Claude Trichet. I banchieri centrali, infatti, ci tengono all’autonomia di tutti. Delle banche e dei governi. Se è vero che la politica monetaria è oggi completamente nelle loro mani, è altrettanto vero che quella economica e di bilancio in Europa è solo nelle mani dei governi. Insomma, su quell’1,7% programmato per il 2009 Francoforte non ha poteri.

Può spingere, avvertire, richiamare. In due parole: può esercitare la moral suasion. Ma non può affatto intromettersi. Neanche con una telefonata: sono i ministri a decidere. Tanto più un ministro che spesso cavalca battaglie da fare in Europa, come quella sui dazi. Figuriamoci se ha le mani legate su una materia di cui è titolare esclusivo. Nell’Unione in molti oggi si chiedono se la missione della Bce così concentrata solo sull’inflazione sia da modificare. Alcuni stati membri guardano all’esperienza della Fed che ha titolarità anche sulle politiche per la crescita. La politica e anche buona parte della ricerca economica si chiede se davvero oggi serva tenere a bada le dinamiche salariali per frenare un’inflazione tutta «importata» dalla speculazione finanziaria. Ma nessuno immagina che i governi siano sottoposti ai diktat della Bce in fatto di politica economica.

Eppure quella del ministro non è solo una boutade: quell’uscita è tremontismo puro. È l’essenza della politica economica che l’inquilino di Via Venti Settembre sta disseminando sui mass-media. Attacco ai cosìdetti poteri forti, ai tecnocrati (la Bce ne è l’esempio massimo in Europa), a quelli «che fumano il sigaro e hanno gli yacht». Con un lampo alla Grosz (quel sigaro fa pensare ai banchieri in panciotto e cilindro disegnati dal satirico della Repubblica di Weimar) il ministro «fotografa» una buona fetta di modernità: la globalizzazione, gli speculatori del grano e del petrolio, la finanza «anglosassone» che ha azzerato il buon vecchio industrialismo renano. Così si mette alla guida di una Jacquerie contro i moderni «parrucconi», nel nome dei semplici, dei piccoli, dei deboli. Cioè di un popolo indistinto che non ha rappresentanza se non nelle corporazioni, non certo nei sindacati. Una mossa che spiazza la sinistra identificata con i forti (in questo caso c’è l’attacco diretto a Tommaso Padoa-Schioppa) e che soprattutto mette in ombra i dati di fatto, le realtà contingenti, tutte evaporate. Il Dpef non serve, la Finanziaria non si fa più, la concertazione nemmeno.

Così scompaiono le responsabilità di cui un ministro dovrà pur rispondere. Come quella, appunto, del dato sull’inflazione programmata. Vero è che Francoforte sta avvertendo da mesi sui pericoli di un’inflazione che si è mostrata più ostinata del previsto. Trichet continua a chiedere moderazione salariale per evitare quella spirale prezzi-salari che imprigionerebbe il potere d’acquisto delle famiglie. Aumentano i primi e poi anche i secondi, quindi ancora i primi e di seguito i secondi. Una rincorsa senza fine che impoverirebbe tutti, tanto che i «custodi dell’euro» definiscono l’inflazione la tassa più iniqua che esiste, visto che pesa di più sui poveri e di meno sui ricchi. Per loro l’inflazione è il nemico da battere (lo prevede lo Statuto) con le armi della politica monetaria, cioè il livello dei tassi di cambio.

Tutto il resto è nelle mani dei governi. Anche loro sono chiamati a tenere sotto controllo i prezzi, ma contemporaneamente devono tener conto delle compatibilità sociali oltre che dello sviluppo dei loro Paesi. Joaquin Almunia ha indicato la strada da percorrere: avviare politiche che tutelano i salari erosi da un’inflazione ostinata. Ed è su questo punto che Tremonti non risponde. Non è certo una politica che protegge i salari quella di un’inflazione programmata irrealistica, o quella della Card per i pensionati più poveri, o quella dell’abolizione Ici (per i più ricchi). E neanche quella di un mini-sgravio sulla parte variabile del salario. Perché l’inflazione colpisce tutti: chi ottiene premi o fa straordinari, e chi non è in quella condizione. Insomma, per tutelare le famiglie dei dipendenti l’unica vera strada è la detrazione fiscale per i lavoratori. Non esistono scorciatoie. Ma di quello non si vede traccia nelle sue proposte.

D’altronde Tremonti pensa a un altro tipo di lavoratore, molto più organico al suo elettorato. Quello dei piccoli artigiani o commercianti, che spesso riceve spiccioli fuori busta dai datori di lavoro e che non è sindacalizzato. Oppure quelle partite Iva per cui sta destrutturando tutta la rete di controlli fiscali costruita da Vincenzo Visco, a iniziare dai registri di clienti e fornitori, unico vero strumento per conoscere l’effettivo fatturato. Per non parlare dei professionisti, a cui ha concesso l’eliminazione della tracciabilità dei pagamenti. Tutto da eliminare in nome della semplificazione. Naturalmente anche in questo caso tutto viene coperto dal nemico esterno, «globale»: gli italiani che fuggono nei paradisi fiscali. Vedremo quanti saranno «pizzicati» dal fisco targato Tremonti.

Pubblicato il: 23.06.08
Modificato il: 23.06.08 alle ore 9.31   
© l'Unità.
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!