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« inserito:: Giugno 02, 2008, 11:53:04 am » |
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Debutto «mondano» al Colle per Berlusconi
«Pertini mi disse: un giorno lei sarà qui»
Il Cavaliere: «Io qui in futuro? No, penso a Letta». Ma poi rivela la profezia
Dopo Napolitano, cui contende la scena per lunghi tratti, il Cavaliere è l'ospite più salutato, riverito e omaggiato della festa ai giardini del Quirinale. Vogliono la sua attenzione per una stretta di mano, per parlargli di un'idea, chiedere un appuntamento, ricordargli una promessa, ma anche solo per presentarsi.
Come impone l'occasione lui ha una parola, o una battuta, per tutti: «Ambasciata del Nicaragua», si manifesta un diplomatico. Il premier: «Beh allora il clima umido di oggi pomeriggio lo ha portato lei...». La prima volta da premier, dal '94 ad oggi, dopo una lunga serie di inviti andati a vuoto, Silvio Berlusconi la trascorre amabilmente a fare relazioni pubbliche. La sua presenza è la vera notizia di un ricevimento che lo ha sempre visto assente, il clima di concordia istituzionale è forse la ragione del sacrificio, ma il presidente del Consiglio è quello solito, sincero come forse l'etichetta sconsiglierebbe: «Ho sentito il dovere di venire, ma questa volta l'invito mi è stato rivolto in modo particolarmente cordiale ».
Eppure, un attimo dopo aver messo piede sui prati curatissimi che precedono la Coffee House, tiene a precisare una cosa, in modo quasi innocente, leggero come l'atmosfera rilassata e informale che accoglie gli ospiti sino ai grandi tavoli di un buffet d'eccezione: «Io sono allergico alle feste, tutti mi descrivono sempre molto mondano ma non è così, ve lo assicuro». Mondano è però il clima che lo circonda, i ministri si presentano con le mogli, che gli rivolgono sguardi riconoscenti, oltre che ammirati. Arriva Scajola, poi Fitto, quindi Alfano, il sottosegretario Giro. Lui, rivolto alle mogli: «Quando cerco suo marito non lo trovo mai». Le mogli: «Non solo quando lo cerca lei». Lui ancora: «Allora mi telefoni, così almeno parliamo noi due, io sono un tipo simpatico ». Si diverte il Cavaliere: intorno a lui, mai troppo distante, Gianni Letta è l'altro centro di gravità. I due si appartano per parlare con il capo della polizia, Antonio Manganelli, per scambiare due battute riservate con Claudio Cappon, direttore generale della Rai, incrociano gli sguardi mentre Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, sussurra le sue opinioni istituzionali a un interlocutore che nei giorni scorsi non ha trattato con i guanti bianchi la categoria delle toghe. Si discute anche di intercettazioni. Il premier difende il diritto alla privacy: «Ogni italiano ha il diritto, quando alza la cornetta, di non essere intercettato. E comunque in Parlamento non si tratta di fare cose straordinarie: penso a multe per gli editori che pubblicano intercettazioni. In Europa le intercettazioni si fanno solo per il crimine organizzato e per il terrorismo, ci dobbiamo adeguare». Un signore polacco lo ringrazia per una cosa che Berlusconi stenta a ricordare, altri ancora si fanno avanti per proporre un dossier che vorrebbero arrivasse sino alla sua scrivania, «anche per essere dopo cestinato». Lui con tutti si schermisce: «Guardate che da quando sono di nuovo a Palazzo Chigi non ho più alcun potere, mi è rimasto solo il Milan». Gli si avvicina Giovanni Floris, conduttore di «Ballarò»: «E lei ora dove lavora?»; ma poi arrivano i complimenti: «Lei è il più bravo di tutti: non lo dico così per dire, ma perché lo penso». Ovviamente non può mancare, è nell'aria, un riferimento al futuro del Cavaliere. E' una delle battute del ricevimento, provoca il suo sorriso quando uno degli ospiti la pone come domanda: «Sta prendendo le misure della residenza?». Risposta: «Non è bello parlare di queste cose quando c'è un presidente in carica». I cronisti insistono: «No, a me non penso, ma per il futuro un nome già ce l'ho: è Gianni Letta». Poco distante si ricorda un aneddoto, che a sua volta è stato raccontato più volte, nel corso degli anni, da Berlusconi stesso. Nello staff del premier la chiamano «la profezia di Pertini ». Siamo circa nel 1980, al Colle un giovane quarantenne, non da molto Cavaliere del lavoro, ha un colloquio con il presidente della Repubblica. L'ospite non apre quasi bocca. Alla fine, prima di congedarsi, Pertini guarda Berlusconi e gli dice: «Mi sa che un giorno la ritroveremo qui, dalla mia parte della scrivania». Mentre diceva Letta, forse il Cavaliere pensava al suo aneddoto.
Marco Galluzzo 02 giugno 2008
da corriere.it
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