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« Risposta #1 inserito:: Maggio 24, 2008, 10:22:32 pm » |
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24/5/2008 (8:11) - BOCCIATO ACCORDO RAGGIUNTO DAL GOVERNO COL CREDITO
"Sui mutui 20% di interessi in più" Le associazioni dei consumatori preparano class action contro banche
VANNI CORNERO TORINO
Il popolo dei mutui va all’attacco dell’accordo tra Abi e governo sulla rinegoziazione. A guidare gli scontenti sono le associazioni dei consumatori: «il rischio è di pagare interessi aggiuntivi del 10-20% - spiega Paolo Landi di Adiconsum - e molte famiglie rischiano di essere indotte ad una scelta sbagliata». Inoltre, secondo l’associazione, è indispensabile un incontro con l’Abi «per chiarire alcuni aspetti tecnici» e con il Governo «per sapere come intende utilizzare i 20 milioni di euro previsti nella Finanziaria per i mutui a favore delle famiglie disagiate». Altre due associazioni, Adusbef e Federconsumatori, vanno oltre, annunciando una class action contro Abi e banche, perchè, sostengono: «L’accordo è una sanatoria mascherata del decreto Bersani, violato ripetutamente dalle banche e che il governo deve far rispettare».
Insomma, secondo Adusbef e Federconsumatori, l’accordo, preceduto dalla minaccia del ministro Tremonti, di un giro di vite fiscale sul credito «si limita ad offrire una soluzione che alcune banche già proponevano da quando i tassi hanno cominciato ad impennarsi». Questo il meccanismo: se la rata non è sopportabile si riduce e quanto corrisposto in meno, rivalutato da tassi di remunerazione per la banca, viene accodato alla fine del mutuo e ne comporterà l’allungamento. Quindi, accusano le associazioni dei consumatori «le banche ci guadagnano due volte, sia fidelizzando il cliente con l’allungamento del mutuo, sia incamerando maggiori interessi e commissioni sulle rate». La soluzione proposta da Adusbef e Federconsumatori sarebbe di sostituire il decreto con una nuova norma che obblighi le banche a dar seguito, a costo zero, alla ristrutturazione del mutuo.
«Al legislatore resterà poi la responsabilità - concludono - di valutare se introdurre un tasso predefinito, come avvenne per il decreto Amato del 2000». Ma i banchieri non ci stanno e il direttore generale dell’Abi, Giuseppe Zadra, risponde alle critiche dei consumatori che l’operazione del governo «comporta oneri economici e non vantaggi al sistema bancario». Un intesa «nell’interesse del mercato finanziario del Paese», dunque, tanto che Unicredito, Intesa Sanpaolo, Ubi e Banco Popolare, le quattro maggiori banche italiane potrebbero subire un impatto negativo di 371 milioni di euro dall’accordo siglato tra governo e Abi. Quest’ultima previsione viene da uno studio della banca d’affari Cazenove.
Intanto un rapporto Abi indica che la crisi bussa anche alla porta delle banche a causa della crisi dei «subprime», della congiuntura economica negativa e dei carichi fiscali. I principali gruppi italiani hanno chiuso il 2007 con un utile netto in crescita (20,24 miliardi di euro +17,1% sul 2006), ma quasi solo grazie a fusioni e concentrazioni. Senza i risultati di queste operazioni l’utile d’esercizio del settore bancario scende a 16,4 miliardi di euro, con una flessione del 10%. Dati che trovano conferma anche dalla nuova classifica delle big europee in termini di capitalizzazione, ma nonostante il calo del proprio valore di Borsa, Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno scalato posizioni importanti in graduatoria, attestandosi ora saldamente nella top-five delle banche del Vecchio Continente. La crisi non ha fatto sconti a nessuno: la prima della classe, la britannica Hsbc, ha visto scendere la propria capitalizzazione da 160 a 133 miliardi di euro, Ubs, seconda nel 2007, è scesa da 98 a 44 miliardi, passando dal secondo posto all’ottavo. Male anche Royal Bank of Scotland, che lascia sul terreno 47 miliardi di euro e scende, con soli 43 miliardi, dal terzo al nono posto.
da lastampa.it
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