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« inserito:: Luglio 09, 2008, 11:17:28 pm » |
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Bombe a grappolo, che passione
Luigi Bonanate
La dottrina strategica statunitense sta cercando di realizzare armi che uccidano meglio di ogni altra al mondo. Il ragionamento è semplice: le armi servono per essere usate. Punto. Le armi si usano per uccidere. Punto. Più uccidono, migliori sono. Punto esclamativo. Chi potrebbe negare la coerenza di questo ragionamento, che porta il mondo sull’orlo della realizzazione del massimo sogno militare? La guerra-zero-morti è quella che viene teorizzata oggi e deve consentire all’Esercito di condurre guerre che non gli costino neppure un morto — ci saranno morti soltanto dalla parte degli sconfitti! Qualsiasi comandante sogna di liberare i suoi soldati dal terrore di essere uccisi in combattimento. Ed ecco che la scienza e la tecnologia gli vengono in aiuto. Dimenticano i cosiddetti «danni collaterali»; ma che cosa volete farci? se qualche vittima civile viene colpita, ebbene, questa è la dura legge della guerra...
La notizia di oggi è che l’attuale Segretario alla Difesa statunitense (Robert Gates; Rumsfeld non ci è bastato!) annuncia con orgoglio che le bombe a grappolo (cluster bombs), che gli Stati Uniti (insieme a Russia, Cina, India, Pakistan e Israele) si sono rifiutati di mettere fuori legge, in futuro funzioneranno molto meglio di ora e quindi non c’è alcun bisogno di sottoporle a restrizioni. Funzioneranno tanto bene che il rischio che una loro parte rimanga inesplosa e quindi scoppi mesi o magari anni dopo è destinato ad essere annullato dal loro perfezionamento, non perché non scoppieranno più ma perché scoppieranno tutte e subito! Dal 20% di bombe inesplose si passerà all’1% entro il 2018. Ovvero: esploderanno sempre e uccideranno molto di più! Dietro questa notizia c’è tutta una filosofia della guerra che non può venir trascurata, e che incominciò a venir elaborata dopo la fine del bipolarismo, rovesciando il senso della strategia militare dell’età nucleare: allora, le armi nucleari dovevano venire continuamente perfezionate perché soltanto promettendo un rendimento massimo potevano dissuadere il nemico dall’attaccarci. Oggi, al contrario, il perfezionamento delle armi deve consentirci di fare una guerra che non costerà che al nemico, disarmandolo prima che possa colpirci, uccidendolo prima ancora che se ne accorga. Conclusione: le bombe a grappolo non possono essere iscritte tra le armi di difesa perché possono solo offendere.
La «guerra senza spargimento di sangue» (se non del nemico) è il sogno dei quartier generali di tutti gli eserciti del mondo, e trova un profondo radicamento in quella che è stata considerata una vera e propria rivoluzione negli affari militari. Il ruolo delle guerre nel mondo d’oggi presenta caratteristiche e condizioni innovative e originali — e non sempre rassicuranti. Basti pensare a quanto rapidamente stia modificandosi il loro obiettivo: una volta si facevano per il territorio o la conquista, e oggi invece per imporre regimi politici amici. La vittoria in guerra, poi, non tocca più al più forte tra i combattenti (come per millenni è stato) ma al più violento (come i talebani, o al-Qaeda) o a chi rifiuta qualsiasi forma di moderazione. Le guerre tendono ad avere una intensità ridotta rispetto al passato, ma a durare di più. Le forme di lotta perdono la limpidezza strategica delle azioni militari classiche per essere sostituite da manovre e tecniche fondate sull’asimmetria tra le parti, e vanno dalla guerriglia al terrorismo, dalle azioni segrete all’occupazione realizzata da eserciti privati (oggi in Iraq agiscono 150.000 contractors, appartenenti a compagnie private militari).
Ma è proprio vero che il mondo è entrato nell’era dei conflitti asimmetrici? Sotto questa immagine si raccolgono in realtà le innovazioni che stanno modificando il ruolo della guerra nella storia, che si potrebbero riassumere in una sola, semplice, ma straordinariamente innovativa, idea: siamo passati dall’era della guerra-totale (e tali sono state sia la seconda guerra mondiale, sia la minacciata guerra nucleare, non combattuta, ma che ha tenuto in ansia tutto il mondo) a quella della guerra-senza-fine, come quella che si combatte oggi in Afghanistan, dove è iniziata alla fine del 2001 e di cui non è dato di vedere la conclusione, ma anzi appare inarrestabile, seppure mantenendosi «a bassa intensità». Da questa condizione discende una straordinaria innovazione: nelle guerre, così come vanno configurandosi, l’idea della battaglia — classico luogo ideale delle narrazioni e delle mitologie di guerra — è destinata a scomparire (come tante altre cose del mondo d’oggi). Neppure più “le vecchie, care battaglie del tempo che fu”? È proprio così, per il semplice fatto che nessuno si assume più il costo (sia materiale sia morale) della grande operazione campale, che comporta schieramenti di truppe, linee logistiche lunghe, ben organizzate e tanto più costose quanto più efficienti. Le guerre perdono in intensità, ma acquistano in estensione (o durata). Di fronte a un nemico che evita lo scontro diretto, in cui sarebbe sicuramente perdente, e preferisce la guerriglia (ieri erano i vietcong, oggi i terroristi), truppe ben addestrate (oggi l’equipaggiamento di ogni marine costa 25.000 dollari) possono imitarli con una forza di fuoco infinitamente superiore. Alla giungla si è sostituita la città, come in Iraq, e alle operazioni manovrate la caccia lungo vallate e montagne, come in Afghanistan. L’evoluzione di ogni conflitto diventa indeterminabile e l’esito quasi irraggiungibile, tanto più che il suo protrarsi è comunque, per i più deboli, già una vittoria.
Le bombe a grappolo hanno la peculiarità di colpire secondo il principio della cecità pura: uccidono a caso e proprio per questo non verranno mai usate in uno scontro tra eserciti, ma possono essere lanciate su una piazza o in un mercato... Questa è la guerra perfetta, che il Dipartimento della Difesa statunitense sta sognando.
Pubblicato il: 09.07.08 Modificato il: 09.07.08 alle ore 13.13 © l'Unità.
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