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Autore Discussione: Giampiero Rossi. Ai cancelli di Mirafiori piazza del disagio operaio  (Letto 2396 volte)
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« inserito:: Marzo 29, 2008, 06:34:22 pm »

Ai cancelli di Mirafiori piazza del disagio operaio

Giampiero Rossi


Il cambio di turno è una sorta di piazza che si anima soltanto per pochi minuti davanti agli ingressi della fabbrica. Bisogna cogliere l’attimo, perché chi deve entrare non può attardarsi e chi sta uscendo non ha molta voglia di perdere l’autobus o il passaggio in auto che lo condurrà a casa dopo otto ore di lavoro in linea. È questo l’unico palcoscenico possibile per chiunque voglia comunicare qualcosa agli operai e non ha la possibilità di varcare quei cancelli. Eppure, a circa due settimane dal voto, davanti alla porta 2 di corso Tazzoli - quella delle Carrozzerie, quella dove fanno su e giù oltre 5.400 lavoratori politicamente e sindacalmente "vivaci" - la piazza appare tranquilla. L’unico segno visibile di campagna elettorale è una bandiera del Partito comunista dei lavoratori che fa da coreografia a un volantinaggio molto dimesso e accolto dagli operai con inespressiva cortesia. Non era andata molto diversamente, salvo il diverso spiegamento di forze, il giorno prima quando è stato il turno della Sinistra Arcobaleno. Nessun segno di ostilità, ma neanche grandi manifestazioni di "affetto" da parte della folla in entrata e in uscita dai reparti. Ma non c’è nessun "dibattito", davanti alla Fiat, non si formano capannelli e questo rende ancora più insondabile il termometro di Mirafiori. I lavoratori sembrano non avere grande voglia di parlare di politica e se qualcuno risponde a una domanda in proposito lo fa per dire che "sono tutti uguali e a noi non pensa nessuno", oppure perché s’è alle spalle una precisa militanza sindacale e politica. Così un sondaggio artigianale al cancello di Mirafiori rivelerebbe un successo schiacciante dell’astensione, seguita da Bertinotti e compagni, tallonati dalla Sinistra critica di Franco Turigliatto. Ma il tam tam delle Carrozzerie racconta ben altro. Tanto che il segretario della Quinta Lega Fiom, Vittorio de Martino, uno che per competenza territoriale conosce molto bene la strana creatura multicefala di Mirafiori, azzarda un pronostico: dal 30% in su per il centro destra, un 30% al Partito democratico, il resto in prevalenza alla Sinistra Arcobaleno. Insomma, "dopo che nel 2006 gli operai Fiat si erano spostati decisamente nell’area dell’Unione, adesso credo che si concentreranno di nuovo nell’alveo del centrodestra, come nel 2001", chiosa De Martino. Da quali segnali si coglie tutto ciò? "Chi frequenta le assemblee lo capisce al volo, c’è poca partecipazione, i delegati vengono lasciati soli, si direbbe che a nessuno freghi niente di niente. Qui, del resto, la vicenda del protocollo sul welfare ha scavato un solco profondo…".

Ecco il punto: il solco tra la politica (e i sindacati) e gli operai. Mirafiori non perdona niente e nessuno. Non a caso qui dentro dalle urne referendarie quell’accordo tra governo e sindacati uscì pesantemente sconfitto; qui dentro i leader di Cgil, Cisl e Uil - a prescindere dal merito - furono contestati dopo 26 anni che non si facevano vedere tutti e tre insieme; e qui dentro anche l’ultimo contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici ha fatto molta fatica a strappare l’approvazione dei lavoratori. Soltanto il 52,9% di sì, nonostante i 2.300 iscritti alla Fiom su 15.000 addetti complessivi e sebbene i dati delle ultime elezioni delle Rsu siano, in realtà, il segno di un avanzamento del tasso di sindacalizzazione persino rispetto alle stagioni degli autunni caldi. E allora cosa c’è che non va, perché gli operai Fiat (probabilmente tutti gli operai) sono così "incazzati" (inutile trincerarsi dietro al bon ton lessicale: sono proprio incazzati) da ributtarsi - come si teme - a destra? Soldi, sicurezza, fatica sono tre delle voci che rimbalzano più di frequente nel cahier de doleance davanti al cancello 2. Ma attenzione: quando parlano di sicurezza, queste persone non si riferiscono agli infortuni sul lavoro bensì ai delinquentelli - e il riferimento agli immigrati stranieri è pressoché automatico - che avvelenano l’esistenza anche una volta rientrati nei loro quartieri, dopo il lavoro. "E poi, oltre all’ultima speranza per un po’ di salario in più - dice un lavoratore che non si sogna nemmeno di uscire dall’anonimato - chiediamo di non essere spremuti qui in fabbrica, di poter lavorare in condizioni tali che ci lascino un po’ di energie anche dopo le otto ore di turno".

Qualità della vita, dunque, forse perché alle Carrozzerie l’età media comincia a essere piuttosto alta, ma anche soldi, ovviamente perché non sarà un turno di notte a trasformare una busta paga da 1.100 euro in un reddito sufficiente a tenere a bada la corsa dei prezzi.

Però in questa campagna elettorale si direbbe che tutti quanti abbiamo posto la questione del lavoro dipendenti tra le priorità politiche. Perché ancora tanta sfiducia, allora? "Non ci credo - taglia corto nel giorno del suo compleanno Rosa Carlino, 30 anni di Fiat, delegata Fiom, elettrice della Sinistra Arcobaleno senza grandi aspettative - perché a noi qui bruciano ancora promesse come l’abolizione dello scalone Maroni e della legge 30, poi di fatto rimangiate o corrette dal governo". Anche per questo, sostiene accanto a lei Ugo Bolognesi, compagno di militanza sindacale e politica, "quest’anno non si vede quasi la campagna elettorale nelle nostre bacheche: l’ultima volta vedevi i volantini dei Ds e anche quelli della Margherita, ora davvero poco o niente, a parte un po’ di sinistra". La destra non esiste proprio, almeno da quel punto di vista, salvo poi fare un bel pieno di voti.

Si fanno notare di più i militanti sindacalizzati, dunque, ma anche in questo ambiente lo scenario è molto meno monolitico di quel che appare: "Ho sempre votato per Rifondazione ma questa volta avevo deciso di sostenere il Pd - confida Pina Murru - ma poi, a pochi mesi dalla solita dura vertenza per il nostro contratto, la candidatura di Calearo mi è risultata davvero di troppo. Comunque continuo a sperare che i miei colleghi non caschino di nuovo nella trappola di Berlusconi e votino a sinistra, compreso il Pd, certo ma attenzione a certe candidature: gli operai della ThyssenKrupp esibiti anche dall’Arcobaleno dopo la tragedia… io come operaia mi sono sentita usata". E accanto a lei, una rassegnata Caterina Gurzì, infaticabile militante sindacale non esita a ricorrere a un contro-slogan: "Alla politica, a tutta la politica, dico meno propaganda e più fatti". Certo Mirafiori è da sempre un osso duro, una fabbrica di "bastian contrari", ma è altrettanto vero che l’intero ceto operaio a essere frustrato perché si sente solo sfiorato dalle fasi di crescita è pienamente abbracciato da ogni recessione. "Non è vero che sono tutti di sinistra, figuriamoci - sottolinea Edi Lazzi, sindacalista della Quinta Lega Fiom che segue da vicino le Carrozzerie di Mirafiori - sono soltanto i più visibili, ma anche i più delusi, e non hanno molta voglia di spendersi di nuovo per convincere i tanti silenziosi che voteranno probabilmente a destra".

E il Pd? C’è, eccome, ma paga un doppio prezzo: l’irruenza politica che questa fabbrica cova da sempre e un ritardo organizzativo. "Però mi sono meravigliato io stesso di certi colleghi che si sono avvicinati con interesse a questa proposta che semplifica il quadro politico e taglia fuori partitini e figure come Mastella - dice Antonio Di Florio, delegato alla Rsu apertamente schierato con i democratici - mentre altri mi contestano candidature come quella di Calearo". Scontato, in uno stabilimento metalmeccanico. Ma attenzione: perché gli stessi sindacalisti riconoscono un atteggiamento sottotraccia incline alle relazioni industriali "moderate" in un’ampia fetta silenziosa della platea operaia Fiat. "Infatti quando spiego che un partito che vuole governare deve avere anche un visione strategica di lungo periodo mi stanno ad ascoltare - spiega ancora Di Florio - e a quelli che mi dicono che se portassi Veltroni in fabbrica lo farei coprire di fischi, io non ho dubbi nel rispondere che provino pure loro a portare qui Bertinotti: si beccherebbe anche lui la sua razione di fischi". Questa è Mirafiori.

Pubblicato il: 29.03.08
Modificato il: 29.03.08 alle ore 10.11   
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