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Autore Discussione: Massimo Franchi. Napolitano e la primavera di Praga  (Letto 6898 volte)
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« inserito:: Febbraio 29, 2008, 08:39:36 am »

Napolitano e la primavera di Praga

Massimo Franchi


Uno spettacolo per raccontare il sogno di una vita, per spiegare come 40 anni fa fu spezzata la speranza del socialismo dal volto umano che aveva ridato gioia ad un paese intero. Uno spettacolo che diventa un pezzo di storia italiana per ciò che nel 1968 successe al comunismo, non solo a Praga.

Mercoledì sera, Teatro India di Roma, "prima" di "La primavera di Praga", monologo biografico scritto ed interpretato da Jitka Frantova, moglie di Jiri Pelikan, direttore della tv cecoslovacca e collaboratore di Dubcek.

A sorpresa arriva il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ascolta la protagonista raccontare di come l'Unità (dis)informò sul processo antisemita con condanna a morte del segretario del Partito comunista ceco Rudolf Slansky negli anni ‘50, di come Pelikan (esule a Roma, dove è morto nel 1999) cercò aiuto dal Pci spedendo lettere a Berlinguer, Segre e Occhetto senza ottenere risposta.

Una sorta di nemesi degli errori commessi dal movimento comunista che proprio Napolitano denunciò per primo come estensore del documento che nell'agosto del 1968 il Partito Comunista diffuse contro l'invio dei carri armati sovietici a Praga. Un documento duro, concordato con tutti i componenti della segreteria presieduta da Enrico Berluinguer. Una denuncia che scosse l'Urss di Breznev tanto da richiamare all'ordine il Pci costretto a fare in qualche modo retromarcia e subendo la scissione del gruppo del Manifesto di quella Rossana Rossanda che ospitò a casa sua gli esuli Pelikan. Il migliorista Napolitano riconobbe poi gli errori del Pci nel non difendere abbastanza Dubcek con gli articoli scritti su l'Unità nel 1988 per il ventennale della Primavera di Praga.

Quando Pelikan cercò aiuto nel Pci Napolitano non era il responsabile agli Esteri, ma negli anni seguenti il futuro capo dello Stato conobbe e apprezzo la figura del leader della Primavera praghese così come l'arte teatrale della moglie nella sua carriera che la porterà, dopo essere stata espulsa dalla Cecoslovacchia e costretta a "cimentarsi" in music hall tedeschi, a recitare con Gabriele Lavia ne "Il giardino dei ciliegi" di Cechov e nelle "Memorie di Adriano" accanto a Giorgio Albertazzi.

Una amicizia che ha portato il Capo dello Stato e a suo moglie Clio ad accettare volentieri l'invito della Frantova e ad emozionarsi, a coinvolgersi emotivamente davanti a quel risarcimento della storia che lo spettacolo in un certo qual modo rappresenta.

A poche poltrone da Napolitano mercoledì sera sedevano Margherita Boniver e Ugo Intini, ex compagni in quel Psi di Craxi che fece di Pelikan un simbolo di lotta politica interna facendolo eleggere al Parlamento europeo nel 1979.

La Primavera di Praga fu quindi un terremoto anche per la sinistra italiana. Il socialismo reale e la sua possibile riforma divisero Pci e Psi. Se in un primo tempo Pelikan ebbe rapporti stretti con molti esponenti del Partito comunista a Roma, il suo avvicinamento ai socialisti ne produsse, nel momento di scontro più forte fra Berlinguer e Craxi, un allontanamento (politico) dal Pci.

Recitazione della Frantova (bionda statuaria) e scenografia a parte, lo spettacolo è però deludente, soprattutto per chi (legittimamente) si aspetta una ricostruzione della primavera di Praga, come promesso dal titolo. Si assiste invece ad un racconto didascalico e piuttosto scontato della vita dell'attrice con la politica che rimane sempre sullo sfondo, eccezion fatta per i filmati dei processi politici e del discorso di Pelikan al congresso straordinario del Pcc appena dopo l'arrivo dei carri armati sovietici.

Quarant'anni sono un tempo lunghissimo per la storia contemporanea. Fa pensare però il fatto che, come confermano le recenti polemiche sulle alleanze elettorali, la diaspora socialista in Italia non ha avuto ancora fine.


Pubblicato il: 28.02.08
Modificato il: 28.02.08 alle ore 17.22   
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