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Autore Discussione: Tahar Ben Jelloun: Lunga vita a sir Salman Rushdie  (Letto 3310 volte)
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« inserito:: Luglio 08, 2007, 11:56:43 am »

SENZA FRONTIERE
Lunga vita a sir Salman Rushdie

di Tahar Ben Jelloun

Il titolo conferitogli dalla regina Elisabetta ha spinto gli estremisti islamici a rilanciare la fatwa contro di lui 
In generale, a un grande scrittore le medaglie non occorrono. Le sue onorificenze sono i suoi libri che entrano nelle case di milioni di lettori, diventandone gli amici per le lunghe serate invernali. Quantunque alcuni scrittori apprezzino di entrare a far parte delle accademie, di essere trattati con onore dai loro paesi o da giurie formate da loro simili, sanno che in fondo ciò che conterà davvero alla fine saranno quei due o tre grandi libri che hanno scritto. La vanità è umana, certo, ma è risaputo anche che è completamente inutile. Fa piacere e conforta lo scrittore per aver saputo contrastare la mediocrità.

Il caso di Salman Rushdie è diverso. Per il fatto di essere stato designato passibile di assassinio nel febbraio 1989 da parte dell'ayatollah Khomeini, per aver osato scrivere 'I versetti satanici', la sua sorte in quanto uomo e scrittore di narrativa ci preoccupa tutti. Non siamo più ai tempi nei quali si bruciavano i libri e si dava la caccia ai loro autori. Possiamo non apprezzare un'opera, possiamo criticarla, ma non si condanna a morte un autore, oltre tutto in modo così circostanziato e incontrollato, ossia con una fatwa, un verdetto religioso, che non ha nulla a che vedere né con la giustizia né con il diritto. Di conseguenza, qualsiasi fanatico musulmano può brandire un'arma e uccidere quest'uomo, venendone in più ricompensato! In qualsiasi epoca l'Islam ha incoraggiato la creazione e la ricerca. È pur vero che i poeti non sono ben visti, ma da lì a ucciderli. Da nessuna parte i testi coranici tollerano l'assassinio.

Pensavamo tutti che questa fatwa fosse stata cancellata, e che la vita di Salman Rushdie non fosse più esposta a tal punto a una morte violenta. Nel 1998 il governo iraniano aveva precisato in un comunicato che non avrebbe applicato la sentenza di morte, ovvero la fatwa di Khomeini che considerava lo scrittore britannico di origini indiane un apostata, il cui sangue poteva essere impunemente versato.

Avevamo considerata chiusa l'intera faccenda, anche se non si poteva escludere a priori il gesto di un pazzo furioso e fanatico. Salman Rushdie aveva ripreso a condurre una vita normale, aveva congedato le proprie guardie del corpo, si era risposato e stabilito a New York. Ma ecco che la regina Elisabetta II, conferendogli il titolo nobiliare, con il suo amabile gesto ha risvegliato la collera e il fanatismo religioso. Una faccenda vecchia di 18 anni ha acquistato nuovo vigore, e nel modo peggiore possibile.

Quando vedo quelle folle fanatiche reclamare a gran voce la testa di un uomo, allorché sento le urla e le istigazioni a commettere un omicidio perché un grande scrittore è stato fatto nobile dalla regina d'Inghilterra, quando i politici ci dicono che l'Islam e i musulmani si ritengono offesi perché Salman Rushdie è diventato sir Salman Rushdie, non posso fare a meno di constatare che l'ignoranza e l'oscurantismo sono di nuovo tra noi, incombono su di noi, minacciano la creazione letteraria e intimidiscono l'audacia che ha fatto compiere allo spirito e alle mentalità rilevanti progressi.

Si sono verificate proteste e manifestazioni che hanno cagionato molteplici morti a causa della pubblicazione di alcune caricature di Maometto, vignette che non possono in alcun modo recargli offesa nella misura in cui questo grande Profeta è un essere immateriale che si colloca al di là del rappresentabile. C'è stata la faccenda del Teatro dell'Opera di Berlino, che ha dovuto interrompere le rappresentazioni perché nell'ultimo atto alcuni profeti erano stati maltrattati dallo sceneggiatore. In seguito c'è stato ancora il caso del testo di Voltaire 'Maometto' che non ha potuto essere rappresentato in Francia. La regressione è nuovamente tra noi. E così pure l'ostilità.

Ciò che occorre dire alle folle riversatesi a forza nelle strade dell'Iran e del Pakistan e di molti altri luoghi è che uno scrittore è un uomo libero, che la fiction appartiene alla sfera dell'immaginazione e non della realtà, che la cultura è di importanza vitale per l'uomo tanto quanto il pane, che la critica è anch'essa libera e che senza tolleranza una vita in comune è irrealizzabile. Ma come riuscire a farsi sentire? Come riuscire a far breccia nella loro anima e nella loro intelligenza? Sappiamo che l'evoluzione del fanatismo ha inizio sopprimendo l'intelligenza e qualsiasi pensiero critico: in seguito morte e violenza trovano la strada spianata.

A fronte di questa ondata di odio che si riversa contro Salman Rushdie, l'Iran ha appena ribadito il punto culminante della sua condanna a morte. L'Hodjatoleslam (titolo onorifico che significa 'autorità sull'Islam', ndt) Ahmad Khatami il 22 giugno ha dichiarato: "Nell'Iran islamico, la fatwa dell'imam Khomeini è sempre valida e immodificabile". Si tratta di una sorta di biglietto di prenotazione per l'aldilà, di un biglietto aereo 'valido ma immodificabile'.

Una organizzazione non governativa, ha deciso di portare la ricompensa per l'assassinio di Salman Rushdie da 100 mila dollari a 150 mila, senza contare il premio ufficiale, di gran lunga più elevato.

Infine, dubito fortemente che coloro che si accaniscono contro Salman Rushdie abbiano effettivamente letto ' I figli della mezzanotte', il suo capolavoro, o 'La vergogna', per non parlare ovviamente dei 'Versetti satanici', opera di fiction, complessa e ricca, che rende onore all'immaginazione del suo autore.

Auguriamo a sir Salman Rushdie pace e lunga vita, perché egli ha ancora molti libri da scrivere e molto di che arricchire di conseguenza la cultura universale.

traduzione di Anna Bissanti

da espressonline
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