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Autore Discussione: Le lezioni di Kabul. Il business della guerra e il nuovo ordine mondiale  (Letto 6958 volte)
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« inserito:: Ottobre 03, 2021, 06:20:34 pm »

Le lezioni di Kabul. Il business della guerra e il nuovo ordine mondiale

“Esportare la democrazia” con le armi ha causato 240 mila morti, di cui oltre 71mila civili, moltiplicando profitti e potere dell’industria bellica. L’ordine mondiale non può più essere assicurato da USA e Nato.

Giorgio Pagano 29 Settembre 2021

Vent’anni fa, tra l’11 settembre e il 7 ottobre 2001, dopo l’attacco terroristico di Al Qaeda alle Torri Gemelle a New York, si scatenò la vendetta degli USA e dei loro alleati contro i “nemici dell’Occidente”. La scelta cadde sull’occupazione dell’Afghanistan, nonostante nessuno degli attentatori fosse cittadino afghano. I terroristi erano in realtà legati all’Arabia Saudita, fedele alleata di Washington. Osama Bin Laden, il saudita che rivendicò l’attentato, si rifugiò in Pakistan, dove fu ucciso nel 2011. La guerra come risposta all’attentato dell’11 settembre si basò dunque su una prima finzione, subito seguita dalle menzogne sulle armi di distruzione di massa detenute da Saddam Hussein, che furono all’origine dell’invasione americana dell’Iraq.
Fu una sorta di crociata. Chi allora avanzava dubbi era tacciato di simpatizzare con Bin Laden. La retorica dominante, guidata in Italia da “la rabbia e l’orgoglio” (titolo di un articolo e poi di un libro di Oriana Fallaci), imponeva una visione salvifica dell’intervento militare, considerato necessario per sradicare il terrorismo e per imporre la democrazia in quei Paesi. Due obiettivi entrambi falliti: nei vent’anni di guerra al terrorismo le vittime della guerra del terrorismo sono state centinaia di migliaia, mentre la democrazia – che non è un set di valori, e quindi un prodotto d’esportazione – non è stata esportata.
Nella generale sconfitta, c’è tuttavia chi ha vinto: il complesso industriale-militare, l’industria bellica che in vent’anni ha visto straordinariamente lievitare profitti e potere. Un mondo che dalla caduta del comunismo nel 1989 all’11 settembre 2001 era entrato in crisi, in assenza dell’avversario epocale, e che fu “salvato” da Osama Bin Laden e dalle guerre disastrose che dal 2001 generarono il grande riarmo degli Stati Uniti, e non solo. Gli Stati Uniti hanno speso per la guerra in Afghanistan più di 2 mila miliardi di dollari, l’Italia almeno 8,5 miliardi di euro. Tutte armi che ora sono rimaste ai talebani. Spiegano Francesco Vignarca e Giorgio Beretta su “il manifesto” del 20 agosto 2021:
« Ultima modifica: Marzo 18, 2022, 02:54:46 pm da Arlecchino » Registrato

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« Risposta #1 inserito:: Aprile 04, 2022, 02:35:17 pm »

LA CASA NELLA PINETA

LA REALTÀ È CHE PUTIN NON PUÒ FARE A MENO DELLO SCAMBIO COMMERCIALE

Per la Russia vendere gas e petrolio ai Paesi occidentali è una necessità vitale, più di quanto lo sia per noi comprarli: per questo la nostra disponibilità a rinunciarvi può essere decisiva nel braccio di ferro in atto

Fondo pubblicato sulla Gazzetta di Parma il 30 marzo 2022 – In argomento v. anche il mio editoriale del 20 marzo, Il monito di Bastiat e la scelta che deve compiere la Cina.

Strana situazione, quella cui stiamo assistendo in questi giorni di scontro frontale fra l’asse USA-UE e la Russia. Il preannuncio da parte dei Paesi occidentali della sospensione della Russia dalle più importanti istituzioni dell’economia e della finanza internazionale – FMI, Banca Mondiale e WTO (l’Organizzazione del Commercio Mondiale, cui il colosso euroasiatico era stata ammesso dieci anni or sono) – parrebbe qualificare la Russia stessa come un Paese canaglia col quale non si possono intrattenere rapporti di scambio di alcun genere, indegno di stare con gli altri in un consesso civile. Poi, però, vien fuori che con quel Paese continuiamo a intrattenere dei contratti di fornitura di gas e petrolio così importanti, che Germania e Italia fanno fatica a rinunciarvi; e quando il Governo di Mosca ci chiede di pagare d’ora in poi in rubli e non in dollari gli imputiamo una “violazione del contratto”: dunque consideriamo pur sempre quella nazione e le sue imprese come soggetti di diritto in un ordinamento giuridico internazionale del quale facciamo ancora parte tutti insieme.

Putin ora chiede il pagamento in rubli perché questi non si trovano facilmente in giro per il mondo: così i Paesi occidentali sarebbero costretti ad acquistarli dalla Banca centrale russa, la quale potrebbe alzare il prezzo a piacimento. La UE gli risponde picche, esigendo il rispetto del contratto. Ora, dunque, Putin deve scegliere se accettare gli euro e i dollari o mantenere la pretesa del pagamento in rubli, che equivarrebbe a un recesso anticipato dal contratto. Se opta per il recesso anticipato, lascia Germania e Italia al freddo, e dobbiamo essere pronti ad affrontarlo, anche subito; ma per il sistema economico-finanziario russo, già in ginocchio, sarebbe il suicidio. Può essere, dunque, che Putin finisca col rispettare il contratto accettando i dollari o l’euro: sarebbe un segnale decisivo del suo tallone d’Achille. E vorrebbe dire che sulle ragioni della guerra possono prevalere davvero quelle dell’economia e della convivenza civile. Una piccola luce in fondo al tunnel.

Da - https://www.pietroichino.it/?p=60993
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« Risposta #2 inserito:: Maggio 17, 2022, 07:30:52 pm »

Le nazioni sono divise in quattro categorie:

"Democrazie complete",

"Democrazie imperfette",

"Regimi Ibridi"  

"Regimi autoritari".


Leggi:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Democracy_Index#

---

La nostra è una Democrazia Imperfetta!
Oppure a scelta una Democratura.

Tutti i nostri problemi nascono da questa realtà conosciuta al mondo e dal fatto che gli Italiani non facciano nulla per Perfezionarla!

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