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Autore Discussione: Referendum Non prendeteci gusto. E Altro . . .  (Letto 833 volte)
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« inserito:: Settembre 26, 2024, 12:00:07 pm »


Giovedì, 26 settembre 2024

Referendum
Non prendeteci gusto
La bella notizia del raggiungimento delle cinquecentomila firme necessarie per il referendum sulla cittadinanza non dovrebbe far dimenticare alcuni rischi. La possibilità di firmare online, tanto per cominciare, ha reso il compito assai più facile. E se oggi la sinistra se ne compiace, domani potrebbe dolersene, come osserva Antonio Polito sul Corriere della sera. «Niente impedirebbe, per esempio, ai seguaci di Vannacci (manco a farlo apposta cinquecentomila preferenze alle europee) di indire un giorno un proprio referendum per allungare invece i tempi della cittadinanza», o peggio. Più in generale, nell’accumularsi di referendum sui temi più diversi, dalla cittadinanza all’autonomia differenziata, passando per i referendum sul lavoro della Cgil, è alto il rischio che tante diverse campagne finiscano per intralciarsi a vicenda, e soprattutto per stancare. La via referendaria all’opposizione è lastricata di buone intenzioni, ma finisce quasi sempre malissimo.
Leggi l’articolo di Mario Lavia su questo argomento

Ucraina
Minacce nucleari
Non è facile orientarsi tra tante contraddittorie notizie e analisi sulla guerra in Ucraina. L’unica novità che di sicuro non stupisce è la definitiva scelta di campo di Donald Trump, con i suoi commenti sempre più sprezzanti verso Zelensky e sempre più amichevoli verso Putin. In questo quadro confuso, mi pare quindi utile, e anche di buon auspicio, tenersi fermi a un dato statistico segnalato da Anna Zafesova sulla Stampa. «Nei più di due anni e mezzo di invasione russa dell’Ucraina – scrive – è diventata ormai evidente una correlazione ricorrente: Vladimir Putin torna a parlare di schiacciare il pulsante dell’attacco atomico soltanto quando le sue truppe sono in difficoltà».

Istituzioni
La Russa, Sala e la crisi internazionale di San Siro
In queste ore cariche di tensione per le sorti del mondo, meriterebbero forse maggiore attenzione le parole pronunciate dalla seconda carica dello stato a proposito della grave crisi internazionale che ha portato la Uefa a non assegnare la finale di Champions League del 2027 a Milano, per via dei lavori di ristrutturazione dello stadio (e la difficoltà di mettere d’accordo Milan e Inter sul da farsi). «La responsabilità è tutta di una giunta comunale inadeguata», ha dichiarato martedì il presidente del Senato, Ignazio La Russa. «In attesa di capire se a sinistra si arriverà mai a un “campo largo”, ci saremmo aspettati nel frattempo una maggiore difesa del “campo di San Siro” e di decisioni che andassero nell’interesse della città». Inevitabile la replica del sindaco di Milano, Beppe Sala, che ha giustamente sottolineato quanto fosse improprio un simile comportamento da parte del presidente del Senato, peraltro già molto impegnato nel promuovere una sua personale soluzione al problema dello stadio, con cui non annoierò il lettore. Mi interessa piuttosto notare come oggi un’intervista della seconda carica dello stato al Corriere della sera sia finita per queste ragioni nel taglio basso di pagina tredici, da dove La Russa non manca di controreplicare con questo folgorante incipit: «Trovo strano che Sala non si sia accorto che per un atto di pura cortesia istituzionale non ho mai nominato il sindaco, ma sempre la giunta, dando quindi la colpa non a lui ma all’eterogeneità di chi lo appoggia e che gli rende impossibile prendere decisioni. È un complimento implicito non dovuto. Se fosse attento avrebbe dovuto ringraziarmi».
Le uscite del presidente del Senato non hanno nulla di folcloristico e andrebbero anzi meditate con attenzione
Certo sono molto lontani i tempi della deprecata Prima Repubblica, in cui le presidenze delle Camere andavano alle personalità più prestigiose di maggioranza e opposizione, motivo per cui la guida del Senato era tradizionalmente la migliore premessa per aspirare alla stessa presidenza della Repubblica (e meno male che quei tempi sono lontani). Ma anche dopo l’introduzione del maggioritario e il cedimento alla logica dello spoils system, per quanto non siano mancati, di conseguenza, personalità di minore caratura politica e istituzionale, il ruolo ha pur sempre garantito, diciamo così, un minimo di autorevolezza e imparzialità. Sia stato per un residuo di quelle antiche consuetudini, mai abbastanza rimpiante, dei tempi del proporzionale, o magari per quella che nella chiesa chiamano «grazia di stato», fatto sta che i presidenti delle Camere erano rimasti tra le poche figure di garanzia ancora in piedi. Oltre, ovviamente, al presidente della Repubblica. Ecco perché l’elezione di La Russa alla guida di Palazzo Madama e le sue uscite pressoché quotidiane non hanno nulla di folcloristico, ma andrebbero sempre meditate con attenzione, insieme con la riforma presidenziale (ed elettorale) con cui questa destra vorrebbe portare l’opera a compimento.

da Linkiesta
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