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Autore Discussione: 13 settembre 2024 Benvenuti nella newsletter Diario Politico . . .  (Letto 705 volte)
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« inserito:: Settembre 18, 2024, 06:51:55 pm »

13 settembre 2024
 
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Che cosa resterà? La foto del boccale di birra e il prosit al campo (quasi) largo? O la rimarcata distanza tra il capo del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e il leader di +Europa Riccardo Magi?
Quanto è accaduto giovedì sera alla festa di Avs ci racconta tanto dello stato di salute dell'opposizione, che va decifrato con una doppia lente, stando ben attenti alla differenza tra ciò che appare e ciò che è.
 
Sotto il profilo comunicativo, e non è poco, cinque primi attori, Conte-Fratoianni-Bonelli-Schlein-Magi in ordine di apparizione in foto, hanno cercato di trovare un terreno comune. Un modo per rispondere anche all'input della segretaria del Pd. Ossia: dobbiamo unirci per essere un'alternativa vera a questa maggioranza. Va bene, quindi, per ora, anche un "patto della birra" in favore di fotografi. Tutti insieme sul palco, tranne Carlo Calenda e Matteo Renzi. Ossia senza una quota significativa del centro del centrosinistra.
 
Ma il punto è un altro. E cioé: uniti su cosa? Prendiamo l'Ucraina. Alla festa di Avs Riccardo Magi ha spiegato che secondo il diritto internazionale un Paese militarmente aggredito ha il diritto di essere tutelato dagli alleati e di difendersi. A quel punto il pubblico ha fatto sentire la propria contrarietà.  Mentre Giuseppe Conte ribatteva che la via diplomatica è quella da privilegiare.
 
La domanda alla quale per prima Elly Schlein dovrà rispondere è se si può creare un campo largo o progressista che dir si voglia, senza trovare una sintesi su politica estera, Jobs Act o agenda Draghi.
Secondo i sondaggi, questa estate, pur con tutti i suoi sussulti, non ha smosso l'equilibrio dei consensi.  All'opposizione, quindi, il tempo non manca. (di Marco Ascione)           
 
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I vannacciani e  l'eredità della fiamma
 di Claudio Bozza
   
Il 19 e 20 settembre, a Viterbo, si terrà «Noi con Vannacci», il primo raduno nazionale di tutti i sostenitori del generale Roberto Vannacci, oggi eurodeputato della Lega eletto con oltre 560 mila preferenze. Sarà una due giorni politicamente molto rilevante, perché mentre Vannacci continua pubblicamente a smentire la volontà di voler costruire un nuovo partito, al contempo i suoi fedelissimi (molti militari o ex) stanno invece lavorando alacremente per mettersi in proprio. Ma non hanno fretta, perché la scissione dal Carroccio avverrà solo al momento opportuno: «La gatta frettolosa fa i gattini ciechi», profetizza Fabio Filomeni, incursore della Folgore che fu istruttore nell’Esercito di un giovanissimo Vannacci. E oggi Filomeni è presidente de «Il mondo al contrario», l’associazione culturale che prende il nome dal libro best seller del generale e che da poco si è trasformata in movimento politico, con tanto di organizzazione territoriale in tutta Italia e diramazioni estere fino in Ungheria e Russia. Un segnale di cui c’è poco da interpretare. Quello di Viterbo, per i vannacciani d’Italia, sarà una prima fondamentale, una ghiotta occasione per dimostrare la propria (eventuale) forza. A organizzare la macchina dell’evento c’è Umberto Fusco, ex senatore del Carroccio: «Organizzo la Pontida di Vannacci: la Lega di Salvini non la vota più nessuno», ha affermato in un’intervista a Il Foglio. Dato quasi per scontato che, prima o poi, il nuovo partito di Vannacci romperà gli indugi, è interessante provare a capire che contenitore sarà. L’obiettivo emerge limpido parlando con una fonte al vertice de «Il Mondo al contrario»: «Ricreare una sorta di Msi in versione 2024, per dare ricostruire tutti quei valori che furono il fulcro della Fiamma e che oggi non sono rappresentati a dovere». Il recinto valoriale e politico di riferimento sarà quindi questo. Nel frattempo, però, Vannacci è già andato oltre: «Con Afd bisogna confrontarsi», ha detto l’eurodeputato dopo l’ultimo boom del partito di ultradestra in Germania. Mentre Fusco promette: «Ne vedremo delle belle».
 

M5S, il «no» a Renzi  che non può cadere
 di Emanuele Buzzi
    
C’eravamo tanto odiati. Sempre. Dietro le incomprensioni e le strategie per far naufragare l’alleanza con Italia viva e il centrosinistra c’è senza dubbio anche il pessimo rapporto con Matteo Renzi dei Cinque Stelle. Movinento  e renziani si sono sempre guardati in cagnesco. La loro antipatia è reciproca. Inguaribile. E va oltre quel «basta veti» chiesto a più riprese da Elly Schlein. Basti pensare allo scontro, con tanto di diretta streaming tra l’allora premier in pectore e leader dem Renzi e l’allora capo politico M5S Grillo. Era il febbraio 2014. «Tu sei una persona buona che rappresenta un potere marcio. Un minuto? Non te lo do. Non abbiamo nessuna fiducia in te», disse l'attuale garante M5S. «Sono uno di quelli che pagavano il biglietto per venire a vedere il tuo spettacolo», replicò Renzi. E ancora: «Esci da questo blog, da questo streaming, è un luogo dove c'è il dolore vero c'è bisogno di affrontare le questioni reali». Grillo se ne va e i rapporti restano gelidi. Nel 2018 dopo la vittoria alle elezioni i Cinque Stelle tendono la mano al Pd per formare un governo. Sembra andare tutto per il meglio, quando Renzi, con un’intervista a «Che tempo che fa», fa saltare il banco. Solo diciotto mesi dopo, il senatore toscano fonda Italia viva e appoggia il governo Conte II. Salvo poi fa cadere il governo. La frattura non si ricompone più. Il presidente M5S bolla Renzi come «un affarista». Il leader di Iv dal canto suo liquida la questione ligure come un fatto privato: «Conte non ci vuole perché non ha ancora digerito la sostituzione con Draghi. Vive di rancore per il passato». Le avverse tifoserie, oggi come allora, sostengono i loro leader con toni più che accesi. E il campo largo ha contorni sempre più sfumati.
   
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