LA-U dell'OLIVO
Novembre 23, 2024, 04:02:42 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Propongo un secondo carotaggio - da sciacallo d'argomenti quale sono - nella ...  (Letto 1339 volte)
Admin
Administrator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 30.929



Mostra profilo WWW
« inserito:: Maggio 29, 2024, 01:04:34 pm »

Post della sezione Notizie


Davide Castiglione

Propongo un secondo carotaggio - da sciacallo d'argomenti quale sono - nella polemica poetica recente, ormai così nota nella piccola bolla che quasi non occorre fare nomi.
Se nel post precedente riflettevo sulla natura bifronte del non-intervento, e se il tema andava ricondotto a dinamiche di psicologia e interazione sociale (o social, dove la scomparsa dello pseudoprefisso -e ironicamente andrebbe a indicare un possibile prefisso e-, che sta per 'elettronico', come in e-mail: 'social' sarebbe più correttamente comprensibile come 'e-sociale'), ora mi preme invece calarmi nel nodo accademico-metodologico del contendere - quello oscurato del tutto da una battuta sessista. Il nodo è questo, si articola in almeno due punti e a breve spiegherò perché mi tocca da vicino:
1. l'accusa o perplessità o ammonizione (non riesco a poggiarmi su una sola scelta paradigmatica senza far torto alle sfumature dei commenti) che nell'intervento di Francesco Brancati non figurassero nomi di autrici e
2. il rischio polarizzante-riduttivista (se non persino conservatore-reazionario, a livello di implicazioni politiche) di ricondurre le scritture ai generi (questa, se ricostruisco bene da alcuni commenti di Renata Morresi, la vera ammonizione, da prendere sul serio alla luce dei gender studies)
Quello che dirò qui riprende e rielabora un bel commento di Erardo Gliandoli nei commenti al mio post precedente: ogni convergenza è non solo voluta ma reale, per palingenesi più che per adesione post-hoc. Premetto che ci sono moltissimi livelli in questo nodo-ginepraio, livelli che non mi pare siano emersi esplicitamente nel dibattito. Cerco di esplicitarli qui.
a) Esiste, sul lato metodologico, anzitutto un problema epistemologico di 'operazionalizzazione':
concetti/fenomeni/costrutti/entità quali quelli di attitudine etica (il punto di partenza nello studio di Francesco) e di genere (e in misura forse minore di 'sesso', e comunque punto di arrivo, o meglio conseguenza osservata nello studio di Francesco) sono complessi, proprio nel senso tecnico di non essere atomici: sono multidimensionali, stratificati, per cui occorrerà (nel saggio, non certo in un post fb!) operazionalizzarli, ovvero definirli in maniera articolata, onde garantire la verificabilità degli assunti di partenza e di arrivo. Avendo io per anni lavorato su costrutti multidimensionali quali difficoltà, empatia e saggezza, credo di poterne dire qualcosa.
b) sempre sul lato metodologico, esiste una gerarchia di precedenza, e quindi di enfasi procedurale:
il fattore dell'attitudine etica pesa più che quello sul genere, semplicemente perché la ricerca è costruita in modo che, formalizzando un po', l'attitudine etica è l'explanandum, la cosa da spiegare, e il genere uno dei possibili explantia, cioè uno dei possibili fattori che spiegano/spiegherebbero i risultati. Questa gerarchia non è assiologica, non riflette cioè consapevolmente una scala di valori, ma è un semplice prodotto del metodo di ricerca (che poi sia assiologica a livello 'latente', cioè a livello della scelta di explanandum ed explanans, è un altro discorso, e diventa un discorso di critica cultural-ideologica del metodo scientifico). Tanto è vero che sarebbe possibile, in un tipo diverso di ricerca, invertire le parti, e indagare per esempio se esista una correlazione tra genere e postura etica, e non tra postura etica e genere. Com'è ovvio, invertire la variabile dipendente e quella indipendente in uno studio è rivoluzionare lo studio, l'ordine è significativo come nella lingua e non come nelle sommatorie dove 4+1 è equivalente a 1+4.
c) la critica letteraria autentica è per sua natura induttivista, non parte con degli apriori:
se formula leggi generali (come nell'ambito di poetica e semiotica), lo fa partendo dalla lettura di un bacino o dataset di testi. Francesco, da lettore specialista qual è, ha formulato-proposto un'ipotesi, che, come tutte le ipotesi, è un qualcosa da sottoporre all'interrogazione dei dati (e della loro interpretazione) ed eventualmente da affinare o confutare (se scrivo come un seguace di Popper, è perché lo sono, e lo ero ante-litteram anche prima di leggerlo). Ciò che conta, dunque, oltre all'operazionalizzazione dei concetti di cui ho discusso in a), e della 'sintassi' della formula di ricerca discussa in b), è che il dataset in c) sia il più possibile differenziato, tale da riflettere con buona approssimazione la biodiversità delle scritture esistenti. Francesco si è mostrato apertissimo a suggerimenti e integrazioni, e (giustamente, credo, per quelle che sono le mie conoscenze) solo i nomi di Valentina Murrocu e di Claudia Crocco sono stati suggeriti, in base all'esplicitazione delle premesse di cui al punto a).
d) la scrittura creativa non è per sua natura determinista ma probabilista, il suo modello non è la fisica classica ma la sociologia o l'economia.
Pertanto, l'inferenza, che so, 'le donne/gli uomini non scrivono così' è assurda, quasi quanto la variante fatalista 'le donne/gli uomini non possono scrivere così'. Va riformulata, come mi pare Francesco abbia fatto, in termini probabilistici: 'esiste una tendenza più forte negli autori di sesso maschile (dove non si dia iato fra sesso e genere) a scrivere con questa attitudine, rispetto alle autrici, o a chi comunque non si identifica nel paradigma dell'uomo bianco cis-gender rappresentato dagli autori presi in esame'. Parlare di tendenze è diagnostico, ma non esclude la possibilità di controesempi, proprio perché il controesempio invalida solo le leggi scientifiche.
Non ha senso, per confutare la proposta, fare nomi di autori uomini che scrivono diversamente, o di autrici donne che scrivono in maniera simile. Il paradigma è quello probabilista, non quello determinista.
e) resta il problema delle conseguenze 'politiche' dei risultati o perfino delle premesse,
ovvero, del rischio che una descrizione dell'esistente possa scivolare in una prescrizione dell'esistente. Questo rischio non dovrebbe però limitare a monte la libertà di ricerca, non dovrebbe insomma agire come un'autocensura preventiva. Immaginiamo che il team di un politico neo-fascista si ispiri, per scrivere i discorsi del proprio candidato, a studi che analizzano retoricamente le strategie discorsive dei candidati avversari: dovrebbero forse i linguisti sentirsi corresponsabili di conseguenze al di fuori del proprio controllo? Dovevano preventivamente autocensurarsi? No, perché ricercare è la loro professione, e qualsiasi prodotto della ricerca, una volta pubblico (e quindi una volta entrato nel mondo 3 di Popper, il mondo semiotico) è manipolabile, strumentalizzabile, e si può solo sperare in anticorpi sociali e contronarrazioni. Lo intuì benissimo WH Auden quando di Yeats (e di sé, in filigrana), disse che le parole di un morto si trasformano nelle viscere dei vivi.
f) ultimo punto/aneddoto personale.
Anni fa scrissi un saggio sul realismo empatico in poesia (lo potete trovare su academia.edu). Volevo affrontare una gamma di scritture accumunate da una narratività estroflessa, oggettivante, omodiegetica o extradiegetica ma non psichica, e mi sono stupito, a cose fatte, di non aver quasi incluso nessuna autrice (lo sottolineo in coda al saggio). Ora, è possibilissimo che io abbia sbagliato in a) (nel rendere operativi i concetti di empatia e narratività secondo criteri troppo stringenti o selettivi quando non fuorvianti) o in c) (nell'attingere a un bacino troppo omogeneo), però non mi sembra un'ipotesi campata del tutto in aria quella di ipotizzare una tendenza maggioritaria in autori uomini verso l'estroflessione narrativa (archetipi: Dante, Whitman) e una tendenza verso l'introflessione psichica (archetipi: Petrarca, Dickinson) nelle autrici. Ipotesi ( = non affermazione ma postulato di realtà) e probabilistica ( = non affermazione né implicazione di determinismo - tanto più che autrici come Marianne Moore, Elizebeth Bishop, Cristina Annino, ma anche Rosaria Lo Russo nel 'Nosocomio' e in parte Giulia Rusconi in Linoleum, hanno forti tratti 'estroflessivi')
Da FB del 11 marzo 2024
Registrato

Admin
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!