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Autore Discussione: Raffaele Bonanni. La Comencini sbaglia  (Letto 3809 volte)
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« inserito:: Luglio 16, 2007, 12:20:49 am »

15/7/2007 (8:1) - INTERVISTA

Bonanni: "La piazza punirà chi rema contro"

Il leader Cisl: sulle misure l'intesa c'è, lo scontro è politico

RAFFAELLO MASCI
ROMA


Superata la boa del 30 giugno i fondi previdenziali di categoria fanno i conti: la Covip ufficializzerà i risultati complessivi dell’adesione alla previdenza complementare solo a settembre, ma intanto i singoli gestori danno le rispettive cifre preliminari, da cui emerge un incremento delle iscrizioni molto variabile a seconda delle categorie lavorative. Fin d’ora si può dire che circa il 20% dei lavoratori ha scelto in maniera esplicita i fondi negoziali, e gran parte dei conferimenti sono giunti a ridosso della scadenza. L’Ansa ha anticipato i dati di alcuni fondi chiusi: Cometa (metalmeccanici) ha raccolto 410 mila conferimenti su una platea di circa 1 milione di lavoratori. L’adesione tocca il 41% con i 100 mila iscritti nell’ultimo semestre. «Siamo soddisfatti» commenta il presidente del Fondo, Maurizio Agazzi, ricordando che «il 50% dei metalmeccanici è impiegato in grandi aziende». La riforma delle pensioni si è arenata per uno scontro ideologico interno alla maggioranza. Non c’entrano i giovani, né lo scalone e neppure la copertura finanziaria. Prodi prenda in mano la situazione e dia una svolta, entro la prossima settimana. Sennò chi lavora contro l’accordo pagherà con la piazza».

Bonanni, vuole dire che lo scontro sulle pensioni è diventato politico?
«Mi pare evidente e totalmente estraneo al merito della vertenza».

E chi è che rema contro?
«Sono i fatti a dare risposta a questa domanda. Posso?»

Prego.
«La parte più importante della riforma è già stata definita. Faccio l’elenco: la previdenza integrativa, la copertura dei contributi per i periodi di disoccupazione, la totalizzazione di tutti i contributi comunque accumulati, l’innalzamento dei contributi per i lavoratori atipici, l’incentivazione per il part-time lungo, il riscatto della laurea ...»

Abbiamo capito. Venga al dunque.
«Tutte queste riforme riguardano soprattutto i giovani. E poi le donne, i precari, i lavoratori discontinui. Insomma: tutta la parte più numerosa e debole dei lavoratori italiani. E’ questa la grande conquista di questa vertenza. Bene: non c’è stato nessuno di “questi qui” che si ergono a paladini dei lavoratori che abbia speso una parola per dire quanto tutto questo migliori la vita e il futuro dei cittadini italiani».

Chi sono «questi qui»?
«Non voglio fare sigle e nomi. Ci siamo capiti».

E «questi qui» - che potrebbero essere la sinistra radicale - come hanno reagito?
«Hanno fatto dello scalone e del suo abbattimento una questione di vita o di morte».

Franco Giordano, però, ha fatto un’apertura sullo scalino a 58 anni
«Ho letto. Buon segno. Staremo a vedere. Prima bisogna mettere però nero su bianco... e poi ne riparliamo. Ma c’è anche un altro schieramento ...»

Si spieghi.
«Sono quelli che, per contro, hanno fatto del mantenimento dello scalone la linea del Piave su cui morire, utilizzando peraltro i giovani come mosche cocchiere. Le sette-otto cose che sopra ho elencato - mi sia concesso ribadirlo - sono grandissime conquiste che vanno tutte a sostegno dei giovani. Invece niente: per “quelli” è il mantenimento dello scalone che serve per dare un futuro ai giovani. Ma andiamo!»

«Quelli» - che potremmo identificare con i riformisti dell’Unione - in realtà, hanno detto che la priorità è la copertura finanziaria. Prodi ieri ha sottolineato la stessa cosa.
«Copertura finanziaria rispetto a che? Guardi che sui conti potremmo iniziare una disputa infinita. Certo che serve la copertura finanziaria, ci mancherebbe. Ma non è su quello che tutto si è bloccato».

E il sindacato, in tutto questo?
«Il sindacato fa una trattativa col governo. Abbiamo una posizione e vorremmo trattare con una controparte che ne ha un’altra. Non altre due o altre venti».

Sicuro che il sindacato ha una posizione sola? La Uil sembra che si stia smarcando su posizioni molto dure.
«I miei amici della Uil avranno le loro ragioni».

Lei, segretario, ha anche detto che «questo tormentone deve finire perché la gente non ne può più». Epifani ha messo un termine: la prossima settimana. Come si sblocca la situazione?
«Concordo con Epifani: la gente è stufa e reagirà. Come se ne esce? Non sarebbe male se il presidente del Consiglio prendesse la cosa in mano, e desse un “avviso ai naviganti”. Si diano una mossa o qui va tutto a ramengo».

Lei ha incontrato Berlusconi. Cerca una sponda a destra su questa vertenza?
«Se il presidente Berlusconi mi vuole incontrare lo vedo volentieri. Ma, finora, di incontri non ce ne sono stati».

Ma come? L’hanno vista entrare a palazzo Grazioli.
«Quel giorno sono stato molto impegnato».

L’ha visto o no, segretario?
«Sono stato molto impegnato».

da lastampa.it
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« Risposta #1 inserito:: Febbraio 04, 2008, 05:25:15 pm »

La Comencini sbaglia

Raffaele Bonanni*


Caro Direttore,

non è affatto vero, come sostiene l´Unità, che ho chiesto alla Rai di escludere dal palinsesto il documentario di Francesca Comencini In Fabbrica.

Nella mia lettera al Direttore, Claudio Cappon, ho solo invitato la Rai a riflettere attentamente prima di mandare in onda un documento storico, che, pur rispettando l´autonomia professionale e la buona fede dei suoi estensori, a mio parere, non rappresenta in maniera corretta e utile la realtà.

L´integralismo e la censura sono concetti che non appartengono alla mia cultura e a quella della Cisl. Ho accettato con gioia l´invito a partecipare alla prima proiezione del film presentato da Rai Cinema e Rai Teche. Abbiamo apprezzato lo sforzo convinto della Rai di voler riportare la centralità dei temi del lavoro e della questione operaia nei palinsesti della televisione pubblica. È stata una richiesta che più volte, Cgil, Cisl e Uil, hanno formulato alla dirigenza della televisione pubblica, proprio per colmare una lacuna esistente nella programmazione della Rai.

Si fanno tante fiction sulla mafia, e su tante altre vicende. Eppure i temi del lavoro rimangono sempre marginali nella televisione. Ma quando si decide, per una volta, di cambiare le cose, lo si è fatto in maniera discutibile. Tutto l´impianto del racconto cinematografico della Comencini è basato, infatti, su di una ricostruzione fin troppo fuorviante e ideologizzata del mondo del lavoro, senza tenere conto del pluralismo sindacale e della diversità di storie,di culture, di sensibilità, esistenti in Italia a partire dal secondo dopoguerra.

Non mi dilungo in particolari. Ma continuo a dolermi per il fatto che alla fine non si è potuta fare a fondo opera di verità. Ed ora, senza un contraddittorio o un dibattito preliminare, si rischia di offrire ai cittadini che vedranno il film un´immagine quasi distorta del mondo operaio.
Non è questo il modo corretto per mostrare «l'etica del lavoro» e avvicinare la gente ai problemi difficili del mondo operaio.

L'opinione pubblica è stanca di cliché e di stereotipi. Qui riposa il fondo della mia critica. Il sindacato nel suo insieme non è riducibile (per fortuna) alla versione antagonista e conflittuale coltivata nel tempo dai partiti e dai movimenti della sinistra radicale. C´è stato, e c´è ancora in Italia, un dibattito forte nella società civile, nel sindacato e nelle fabbriche su quali alternative occorrano per l´incontro e la sinergia di capitale e lavoro, per legare il salario alla produttività, senza rinnegare il momento del conflitto che resta punto fermo e vitale di una autentica democrazia. Purtroppo, questo spirito non circola nel film di Francesca Comencini, che tra l´altro non tocca in proposito nemmeno a fondo, come si dovrebbe, alcuni temi cruciali: dalle sottovalutazioni di una parte del sindacato e della sinistra sul fenomeno del terrorismo nei primi anni settanta, alla spaccatura e l´articolazione delle posizioni sul referendum sulla scala mobile nei primi anni ottanta, che vide la Cisl e la Uil unite nel portare avanti una linea responsabile e partecipativa, fino alle scelte positive e unitarie degli anni novanta per la concertazione, vero e proprio spartiacque nella storia delle relazioni industriali in Italia.

Per questo insieme di questioni, non irrilevanti, il film della Comencini non ci ha soddisfatto, e non tanto per questioni riguardanti la sua qualità di regista. Una rappresentazione è giustamente sempre personale, ma la realtà storica e quella dei fatti non può essere dimenticata o fuorviata.

Altrimenti si finisce col perdere il bandolo del giudizio sulle cause vere che hanno portato il mondo operaio a perdere terreno nella realtà mediatica e nelle stesse vicende politiche, economiche e sociali del nostro paese.

*Segretario Generale Cisl



Gentile Bonanni, con tutta la stima che le portiamo, non riusciamo a leggere nella sua precisazione nulla di diverso da ciò che ci ha spinti a commentare la vicenda in quel modo. Grazie e buon lavoro.
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