LA-U dell'OLIVO
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Autore Discussione: L'ULIVO Leader - Romano Prodi (1995-1998, 2004-2007)  (Letto 2895 volte)
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« inserito:: Gennaio 13, 2024, 12:52:50 pm »

Huffington post, Riformista, Fanpage

È giusto e ha senso chiedere lo scioglimento delle organizzazione neofasciste?

editorialista   
di ALESSANDRO TROCINO

La politica è fatta spesso di formule di rito, di slogan, di iperboli e di richieste alla controparte dal retrogusto ideologico anche quando si sa che non possono ottenere risposte con effetti pratici, ma per le quali conta più che altro la formulazione in modalità polemica. In questa categoria si potrebbe inserire la frase pronunciata da Elly Schlein in Aula con la richiesta di scioglimento delle organizzazioni neofascista e riferimento a CasaPound.

Dice Schlein: «Continueremo ad insistere che queste organizzazioni neofasciste vengano sciolte, come chiede la Costituzione, perché rappresentano un pericolo per la pubblica sicurezza. Sono sbagliati i divieti della legge Scelba e della Costituzione? Noi non lo crediamo. Abbiamo presentato una proposta di legge, firmata anche da esponenti di altre forze di opposizione, che raccoglie la spinta delle associazioni antifasciste per rendere ancora più chiara la disciplina, che punisce chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo». Il ministro Matteo Piantedosi ha replicato, quasi contento, perché Schlein sembra avergli dato un assist. Ha spiegato che non ci sono i presupposti, che raramente ci sono stati in passato, che le celebrazioni di Acca Larenzia si tengono da anni sempre uguali e con un numero di partecipanti perfino maggiori e che anche governi di centrosinistra non hanno sciolto alcunché e dunque perché si dovrebbe cambiare rotta.

La materia è complessa e ambigua, ha origine con la dodicesima disposizione transitoria della Costituzione, che vieta in qualsiasi forma la ricostituzione del partito fascista, e poi comprende la legge Scelba del 1952 (modificata nel 1975), che attua la disposizione, e la legge Mancino, del 1993, contro i crimini d’odio. Lo scioglimento può avvenire seguendo la via maestra, che è una sentenza della magistratura, oppure, in casi straordinari di necessità e di urgenza, per iniziativa del governo. La magistratura, dunque, deve accertare la ricostituzione del partito fascista. Fu sciolto così nel 1973 Ordine Nuovo, movimento nato nel 1969 e smantellato dal Ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani in seguito alla sentenza di accertamento della ricostituzione del partito fascista, nel processo in cui era pubblico ministero Vittorio Occorsio, poi ucciso in un attentato rivendicato proprio da Ordine Nuovo. Taviani, in seguito, rivendicò la sua come una scelta politica, visto che la sentenza non era definitiva. Aldo Moro non partecipò alla riunione, in segno di protesta contro la decisione che, a suo parere, somigliava più ai provvedimenti della giustizia fascista che di quella antifascista. Nello stesso modo fu sciolta, tre anni dopo, Avanguardia nazionale, di Stefano Delle Chiaie. Il terzo scioglimento si ebbe nel 2000 e riguardò il Fronte nazionale di Franco Freda.

La norma sullo scioglimento su impulso del governo fu oggetto di grandi polemiche all’epoca della sua approvazione, anche perché Giorgio Almirante temeva che potesse essere usato contro il Movimento sociale italiano (ma anche dal Pci ci furono obiezioni). Alla fine si accettò anche questa strada, ma aggiungendo una necessaria ratifica del Parlamento.

La legge Mancino è una cosa diversa e si applica là dove non si può applicare la Scelba. La norma consente lo scioglimento di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che abbiano favorito la commissione dei reati di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso. È necessario l’accertamento con sentenza definitiva, a cui può seguire un decreto dal Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Nel ‘93 fu sciolto grazie alla Mancino il Movimento politico occidentale, di Maurizio Boccacci.

Detto questo, i confini sono molto scivolosi, non c’è un reato di nostalgia e i reati di opinione non dovrebbero avere cittadinanza in un ordinamento liberale. La politica deve essere cauta, a maggior ragione la sinistra, nel chiedere interventi politici di messa al bando di movimenti, organizzazioni, gruppi. Perché la repressione di idee sbagliate, anche orrende, è sempre un pericolo e un boomerang. Si puniscono i reati, non le opinioni. E per questo è la magistratura che deve intervenire, se è il caso. Ma, come ha chiarito la Consulta in passato, le norme vanno contemperate con il diritto di opinione e ci deve essere da una parte la «concreta riorganizzazione del partito fascista», dall’altro un «concreto pericolo per l’ordine democratico».

È utile ricordare quanto ha raccontato Fabio Martini sull’Huffington Post, e cioè che «durante i lavori dell’Assemblea Costituente, il segretario del Pci Palmiro Togliatti riuscì a convincere gli altri leader democratici su un punto delicato: istituzionalizzare i reati di opinione era assai rischioso, anche per i futuri nostalgici di Benito Mussolini. Togliatti si batté per inserire nel dettato costituzionale una fattispecie particolare: un divieto non generico, ma preciso: riorganizzare il disciolto partito fascista». E così, «lo spirito di quella norma ha vissuto per 76 anni, è stata assunta dalla Corte costituzionale, dalla Cassazione e dai tribunali italiani, che hanno via via emesso sentenze che, ad eccezione di alcuni casi specifici, non hanno perseguito né il semplice elogio del regime e neanche le manifestazioni più esteriori di nostalgia. Ma quelle che, appunto, potevano portare, o portavano, alla ricostituzione di organizzazioni fasciste».

Ma c’è di più. Perché, come notava a La 7 il nuovo direttore del Manifesto Andrea Fabozzi, dal piglio molto meno ideologico dei predecessori, c’è un motivo per cui in passato talvolta anche la sinistra ha soprasseduto, non chiedendo scioglimenti o facendo finta di nulla. Perché si è pensato che sciogliere possa enfatizzare invece che risolvere il problema, possa ricompattare, dare il patentino di martiri a personaggi e fenomeni che sono ultra minoritari e ininfluenti nella vita politica di un Paese. E sia anche decisamente inutile, visto che reprimere le associazioni fasciste non cancella il fascismo e che i fascisti rinascono come i ramarri, cambiano forma, nome, casacca e si ripresentano fregandosene dei decreti.

Altra cosa, naturalmente, è la repressione dei reati. Altra cosa l’attività eversiva. Lì non c’è tolleranza possibile, ma sono aspetti che devono essere accertati sostanzialmente dalla magistratura.

L’altro pericolo per Schlein è l’incoerenza. CasaPound prospera a Roma in una casa occupata da decenni, con governi e sindaci di destra e di sinistra. Le braccia si tendono ogni anno da decenni ad Acca Larenzia, per Sergio Ramelli e in mille altre circostanze. La reazione furibonda di quest’anno, e non degli anni precedenti, si spiega naturalmente con il fatto che a Palazzo Chigi è insediata la premier di un partito che è erede dei neofascisti. E quindi si chiede giustamente una presa di distanza chiara, netta, inequivocabile. Ma una cosa è chiedere al governatore del Lazio Francesco Rocca di non fingere di non avere visto le braccia tese, una cosa è chiedere a Meloni di prendere le distanze dai saluti fascisti, una cosa è chiedere che Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato, non prenda in giro l’opinione pubblica con parole ambigue, per poi tornare ad accarezzare i suoi busti casalinghi di Mussolini. Altra cosa è chiedere scioglimenti di organizzazioni e interventi repressivi che sono tecnicamente difficili e sbagliati da un punto di vista autenticamente liberale e democratico.

Schlein, evidentemente, pensa di poter puntare propagandisticamente su questo tema, così come il Pd di Enrico Letta del 2021, insieme alle altre forze d’opposizione, chiese lo scioglimento di Forza Nuova, dopo l’assalto del 9 ottobre alla sede della Cgil. Fu approvato un ordine del giorno, con l’astensione di Lega e Forza Italia e il no di FdI. L’allora presidente del Consiglio Mario Draghi lasciò intendere di voler aspettare una decisione della magistratura. Non se ne fece nulla. E anche stavolta, probabilmente, non se ne farà nulla. Fino alla prossima occasione per un comizio d’Aula, un attacco politico a intensità variabile, con la sinistra che parla al vento e la destra che fischietta e minimizza (dall’altra parte del palco, però, c’è l’opinione pubblica, che valuta e poi, alla fine, vota).

Da - Il Punto del Corriere della Sera <rcs@news.rcsmediagroup.it>
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 16, 2024, 07:39:17 pm »

L'Ulivo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

L'Ulivo

Leader   
Romano Prodi (1995-1998, 2004-2007)
Massimo D'Alema (1998-2000)
Francesco Rutelli (2000-2004)
Stato   Bandiera dell'Italia Italia
Sede   Piazza dei Santi Apostoli, 73 - Roma
Fondazione   13 febbraio 1995[1]
Dissoluzione   14 ottobre 2007
Confluito in   Partito Democratico
Ideologia   Socialdemocrazia
Cristianesimo democratico
Cristianesimo sociale
Liberalismo sociale
Riformismo
Europeismo
Socialismo liberale
Collocazione   Centro-sinistra[2][3][4]
Coalizione   L'Unione (2004-2008)
Seggi massimi Camera   
285 / 630
(1996)
Seggi massimi Senato   
152 / 315
(1996)
Modifica dati su Wikidata · Manuale
L'Ulivo è stata un'alleanza elettorale del centro-sinistra italiano. Essa ha costituito:

dal 1995 al 2004, lo schieramento dei diversi partiti politici del centro-sinistra, sotto le cui insegne essi si sono presentati, al Senato e nella quota maggioritaria della Camera, in occasione delle elezioni politiche del 1996 e del 2001;
il soggetto unitario presentatosi alla Camera alle elezioni politiche del 2006 e formato da Democratici di Sinistra e La Margherita, i quali già avevano costituito, alle europee del 2004 e alle regionali del 2005, la lista elettorale denominata Uniti nell'Ulivo, cui avevano altresì aderito i Socialisti Democratici Italiani e il Movimento Repubblicani Europei.
Sorto per iniziativa di Romano Prodi come sintesi tra le esperienze dei Progressisti e quelle del centrista Patto per l'Italia, L'Ulivo ha rappresentato il raggruppamento di forze riformiste riunito attorno a tre sostanziali idee-cardine: la cultura socialista-socialdemocratica, quella cattolico-democratica e quella liberal democratica, cui seguivano un convinto impegno ambientalista ed europeista. Il raggruppamento ulivista è stato al governo negli anni 1996-2001 (governi: Prodi I, D'Alema I, D'Alema II e Amato II) e 2006-2008 (governo Prodi II). Ha inoltre dato l'appoggio esterno al governo Dini (1995-1996).

Sulla "radice" dell'Ulivo è sorto il 14 ottobre 2007 il Partito Democratico, che ha deciso di conservare nel proprio simbolo il ramoscello d'ulivo utilizzato già dal 1996. Con le primarie del Partito Democratico del 14 ottobre 2007, l'esperienza politica dell'Ulivo trova la sua conclusione[5].

Storia
«L'ulivo è forte, resistente, ben radicato nella sua terra. È l'albero di un'Europa mediterranea, che conosce il mare e la montagna, la pianura, i laghi e le colline. Ama il sole e resiste all'inverno. Abbiamo scelto questo simbolo perché finora l'unico albero della politica italiana era la quercia, e occorreva un'altra pianta politica che le si affiancasse, per mostrare che la varietà, una differenza compatibile, è una ricchezza da condividere.»

(Romano Prodi[6], 6 marzo 1995)

Con il nome di L'Ulivo si identifica, dal 1995 al 2004, l'insieme dei partiti della coalizione di centro-sinistra, presentatasi alle elezioni politiche del 1996 e del 2001; rispettivamente con i simboli di "L'Ulivo - alleanza per il Governo" e "L'Ulivo con Rutelli - insieme per l'Italia".

Nascita

Lamberto Dini (a sinistra), Romano Prodi (al centro) e Massimo D'Alema (a destra)
La politica italiana, in seguito alla scomparsa dei principali partiti di riferimento che ne avevano segnato la storia repubblicana, come la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano, volge ormai verso la prospettiva del bipolarismo, dopo l'esperienza delle elezioni politiche del 1994, in cui aveva prevalso la coalizione guidata da Silvio Berlusconi, andata in crisi dopo pochi mesi[7].

A tale alleanza di centro-destra si opponevano una coalizione centrista Patto per l'Italia (PPI-Segni-PSDI-PRI)[8] ed una di sinistra Alleanza dei Progressisti (PDS-PRC-PSI-Verdi-RS-CS-AD)[9].

In seguito alla sconfitta del '94 tra i partiti della sinistra riformista e le forze del centro italiano, si svilupparono rapporti di consultazione politica. Dopo la caduta del Governo Berlusconi I nel dicembre 1994 tuttavia, l'Italia fu per un anno governata da una squadra di tecnici guidati da Lamberto Dini, che ebbe il sostegno di un'inedita maggioranza di centro-sinistra formata da Progressisti (meno Rifondazione Comunista), PPI e Lega Nord. La fine del Governo Dini nel 1996 portò dunque a nuove elezioni, nelle quali lo stesso Dini si presentò con un suo partito di natura moderata e centrista: Rinnovamento Italiano, che scelse di entrare subito nel costituendo schieramento di centro-sinistra.

Dall'unione della maggior parte delle forze di centro (esclusi solo i settori centristi di Forza Italia ed il CCD-CDU) e le forze della sinistra riformista, nacque una nuova coalizione di centro-sinistra. Questa era così formata da partiti moderato-riformisti di centro e centrosinistra (PPI, RI, AD, La Rete, PSI) alleati con partiti collocati nell'ambito della sinistra moderata e democratica (Rinascita Socialista, Verdi, Cristiano Sociali, PDS): era così nata la coalizione de L'Ulivo. Tale coalizione riconobbe come proprio leader l'ex Presidente dell'IRI ed ex Ministro dell'Industria Romano Prodi, economista da sempre vicino ai settori riformisti e "morotei" della Democrazia Cristiana e perciò ben visto tanto dai settori centristi quanto da quelli di sinistra dello schieramento.

Questi dunque, come leader del centro-sinistra italiano siglò accordi di desistenza con il principale partito dell'area della sinistra radicale, PRC (che comunque rimaneva fuori dall'alleanza) e portò la sua coalizione alla vittoria nelle elezioni politiche del 1996[10].

Alle elezioni politiche del 1996 infatti, in alcune circoscrizioni, il Partito della Rifondazione Comunista presentò candidati con il simbolo dei Progressisti e con l'appoggio esterno dei partiti dell'Ulivo, in base a reciproci accordi di desistenza.

Così per la prima volta in Italia si creava un unico blocco che oltre ai tradizionali eredi delle culture socialista, socialdemocratica, cattolico-popolare e liberale, coinvolgeva anche i post-comunisti e gli ambientalisti.

Partiti e movimenti fondatori della coalizione erano[10]:

Partito Democratico della Sinistra (PDS) (fino al 1998), nato dalla "svolta della Bolognina" del PCI (guidato da Massimo D'Alema);
Movimento per l'Ulivo (fino al 1999) o Comitati Prodi;
Partito Popolare Italiano (PPI) (fino al 2002), nato dal rinnovamento della DC (guidato da Gerardo Bianco);
Socialisti Italiani (fino al 1998) di Enrico Boselli eredi del PSI;
Patto Segni (fino al 1996) di Mario Segni;
Alleanza Democratica (AD) (fino al 1996) di Willer Bordon;
Federazione dei Verdi (guidata da Carlo Ripa di Meana);
La Rete (fino al 1999) di Leoluca Orlando;
Partito Repubblicano Italiano (PRI) (fino al 2001) di Giorgio La Malfa;
Federazione dei Liberali di Valerio Zanone;
Federazione Laburista (fino al 1998) di Valdo Spini;
Movimento dei Comunisti Unitari (fino al 1998) di Famiano Crucianelli;
Cristiano Sociali (fino al 1998) di Pierre Carniti.
In seguito, faranno parte dell'Ulivo anche:

Rinnovamento Italiano (RI) (dal 1996 al 2002), il movimento guidato dal Presidente del Consiglio uscente Lamberto Dini;
I Democratici (dal 1999 al 2002), movimento fondato dallo stesso Prodi nel 1999, erede diretto dei Comitati Prodi e del Movimento per l'Ulivo;
l'UDEUR (dal 1999) di Clemente Mastella;
Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) (dal 1998), guidato da Armando Cossutta e Oliviero Diliberto (nato nel 1998);
Movimento Repubblicani Europei (MRE) (dal 2001) di Luciana Sbarbati, dopo il passaggio al centrodestra del PRI di Giorgio La Malfa.
Le evoluzioni di partiti già esistenti:

il PDS diventerà Democratici di Sinistra (DS) (dal 1998) con l'adesione di movimenti laburisti e cristiano-sociali;
i Socialisti Italiani costituiranno i Socialisti Democratici Italiani (SDI) (dal 1998);
il PPI insieme a Rinnovamento Italiano e ai Democratici costituirà Democrazia è Libertà - La Margherita (DL) (dal 2002).
Partecipano stabilmente, in molte competizioni elettorali, anche partiti regionalisti come:

Partito Sardo d'Azione;
Südtiroler Volkspartei;
Union Valdôtaine;
Lega Autonomia Veneta.
L'Ulivo al governo
«L'alleanza di centro sinistra dell'Ulivo è stata uno dei governi di maggior successo nella storia italiana del dopoguerra. [...] Romano Prodi ha gestito l'arduo compito di ridurre il cronico disavanzo di bilancio dell'Italia, che ha, quindi, permesso al Paese di entrare nella moneta unica europea nel 1998. La coalizione ha anche privatizzato società statali per un valore di 75 miliardi di dollari, ha ridotto l'inflazione dimezzandola e ha ridato crescita economica, sebbene l'Italia ancora rimane indietro alla media dell'UE sia nella crescita che nella disoccupazione. Ultimo ma non di secondaria importanza, i principali pezzi della coalizione sono riusciti a sopravvivere per l'intero periodo della legislatura, benché sotto tre differenti primi ministri in quattro gestioni.[11]»

Nel 1996 la coalizione dell'Ulivo vince le elezioni politiche, prevalendo sul Polo per le Libertà di Silvio Berlusconi, conseguendo un'ampia maggioranza al Senato ma senza riuscire a raggiungerla alla Camera dei deputati, dove necessita dell'appoggio di Rifondazione Comunista (altro partito nato dalla scissione del PCI), con cui aveva stabilito accordi pre-elettorali, denominati "patti di desistenza". Questo provocherà problemi e rallentamenti nei progetti della coalizione, con in particolare la caduta del Governo Prodi I, nell'ottobre 1998[12].

Governo   Periodo
Governo Prodi I   17 maggio 1996 - 21 ottobre 1998
Governo D'Alema I   21 ottobre 1998 - 22 dicembre 1999
Governo D'Alema II   22 dicembre 1999 - 26 aprile 2000
Governo Amato II   26 aprile 2000 - 11 giugno 2001
I cinque anni di governo della coalizione ulivista (dal 1996 al 2001) portano, tra l'altro, all'approvazione di leggi di snellimento burocratico, di liberalizzazione economica, di acquisizione di diritti, di miglioramento economico generale, importanti per lo sviluppo dell'Italia che con il Governo Prodi I ha consolidato la propria appartenenza all'Unione europea in coincidenza con l'avvento dell'euro.

Tuttavia nel quinquennio, pur dotato di una certa continuità esecutiva, si possono riconoscere tratti distintivi individuabili nei tre differenti capi del governo che si succedettero. Con Romano Prodi, l'Ulivo al governo si occupò di rilanciare il Paese con un programma riformista, europeista, in concertazione con le forze sindacali. La sua attività si estende per quasi due anni e mezzo, entrando, all'epoca, al secondo posto, nella storia della Repubblica, per durata di un esecutivo (superando il governo Moro del 1966). Con Massimo D'Alema vi fu un periodo caratterizzato da un iniziale rilassamento dopo la corsa per il rispetto dei Maastricht (in questo momento e per i successivi cinque anni, il leader e promotore dell'Ulivo, Romano Prodi, ha l'incarico di svolgere le mansioni di Presidente della Commissione Europea). Termina dopo la sconfitta elettorale nelle elezioni regionali del 2000, di cui D'Alema si assume la responsabilità e si dimette[13]. Sotto Giuliano Amato, per un anno, con ormai un consolidato risanamento economico alle spalle ci fu il tentativo di recuperare negli aspetti più duri ad evolversi nell'economia italiana, come l'occupazione.

Caduta del Governo Prodi I nel 1998
Quando la direzione di Rifondazione Comunista decise di ritirare l'appoggio esterno al Governo Prodi I, i parlamentari eletti si divisero: il presidente del partito, Armando Cossutta, raccolse i favorevoli al proseguimento dell'esperienza di governo, facendo partire una scissione da Rifondazione che portò alla nascita del nuovo Partito dei Comunisti Italiani. Tuttavia questa mossa non fu sufficiente, e per un solo voto il governo venne sfiduciato[12], con il voto determinante di Silvio Liotta di Rinnovamento Italiano[14].

Prodi fu costretto alle dimissioni e il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, avviò le consultazioni per l'incarico ad un nuovo premier: per evitare nuove elezioni e consentire un nuovo governo di centrosinistra, venne costituito un nuovo gruppo parlamentare di esponenti di centro, l'Unione Democratica per la Repubblica (UDR), guidato da Francesco Cossiga e Clemente Mastella, al quale aderì anche il CDU di Rocco Buttiglione, sostenitore della premiership di Massimo D'Alema, che ottenne la fiducia. In un secondo momento, però, il CDU tornerà nella coalizione di centrodestra[15].

Romano Prodi fu quindi, temporaneamente allontanato dalla politica italiana, sostenendolo come candidato alla Commissione Europea.

Riforme della giustizia
L'avvocato Giovanni Maria Flick, che fu Ministro di grazia e giustizia del Governo Prodi I, prima delle elezioni del 1996 si era occupato di scrivere il programma dell'Ulivo sulla giustizia, i cui punti principali prevedevano:

Norme per sveltire i processi e renderli più efficienti.
Norme anticorruzione per rafforzare la lotta a fenomeni come quello di Tangentopoli.
Norme per riequilibrare il potere di accusa e di difesa e renderle totalmente indipendenti dal potere politico.
Pene più severe per corrotti, corruttori e concussioni, ricondotti ad una stessa tipologia di reato. Incentivi per chi si pente e collabora, per rompere il patto criminoso di omertà tra chi ha pagato e chi è stato pagato con le tangenti. Responsabilità penale della persona giuridica, ad esempio per i reati connessi alla politica di impresa.
All'epoca alcuni magistrati si mostrarono scettici sul fatto che tale programma sarebbe stato seguito dall'Ulivo, e prospettarono che invece sarebbero state varate riforme volte a minare l'indipendenza della magistratura e ad affossare le iniziative giudiziarie sulla corruzione.
Piercamillo Davigo: «I progressisti ci distruggeranno e lo faranno con più astuzia di quelli del centrodestra: senza farsene accorgere, senza strillare, e questa volta senza nemmeno incontrare ostacoli dall'altra parte. Saranno tutti d'accordo, quando si tratterà di disarmarci17]. La coalizione si presenta all'appuntamento elettorale formata dagli stessi partiti di cinque anni prima, con l'aggiunta dell'UDEUR di Clemente Mastella (nato sulla scia della vecchia UDR ormai disciolta), che partecipa al progetto politico della Margherita, guidato dal candidato premier[18]. Rimane fuori Rifondazione Comunista, che presenta i suoi candidati autonomamente.

L'Ulivo non regge il confronto con il centrodestra di Silvio Berlusconi e perde le elezioni[15]. Tra le cause della sconfitta:

Il mancato raccoglimento in un fronte unito e compatto, di tutte le forze in contrasto con il comune antagonista, che porterà alla sconfitta in diversi collegi in bilico. In queste elezioni corrono da soli Italia dei Valori di Antonio Di Pietro (in contrasto con le riforme giudiziarie approvate dall'Ulivo), Rifondazione Comunista (a parte la cosiddetta non belligeranza nei collegi uninominali della Camera) e qualche altro parlamentare uscente dai partiti della coalizione;
L'incapacità di comunicare i risultati del suo operato, giudicati dal centro-sinistra positivi per il paese. La coalizione, infatti, è apparsa, in una seconda parte della legislatura, in diversi momenti ferma, poco reattiva, piuttosto timorosa riguardo alle proprie azioni, facilmente ritenute deboli, poco sostenute di fronte all'opinione pubblica;
Differente dalla forza e originalità propagandista dell'avversario vittorioso. Berlusconi infatti ha utilizzato una nave da crociera girando l'Italia, oltre che aerei che lo reclamizzavano. Ha fatto inviare opuscoli alle famiglie italiane e ha disposto un formale e rituale pubblico giuramento in diretta televisiva, il cosiddetto "contratto con gli italiani". Sono stati affissi, infine, innumerevoli manifesti e sono stati trasmessi vari spot televisivi.
Gli anni della XIV legislatura sono stati caratterizzati dal ruolo di opposizione ai governi di Silvio Berlusconi e, dal punto di vista interno, anni di fervente riorganizzazione e riavvicinamento con le forze del centrosinstra rimaste fuori dalla coalizione Ulivista. Infatti, i partiti dell'Ulivo puntarono a consolidare le proprie strutture e a semplificare il quadro politico complessivo: lo fecero i Democratici di Sinistra, che celebrarono un congresso straordinario per rilanciare l'azione del partito; lo fecero i partiti dell'area di centro che si riunirono in un soggetto unitario, La Margherita. Come opposizione al Governo Berlusconi, inoltre, la coalizione riaprì un dialogo con soggetti che precedentemente erano rimasti fuori, in primis Rifondazione Comunista e Italia dei Valori, che stipularono un patto con i partiti riuniti nell'Ulivo per far nascere forme di collaborazione nel contesto delle amministrazioni locali ed anche nelle istituzioni nazionali. Durante questi anni da opposizione, l'Ulivo (ed il centrosinistra in genere), sin dagli appuntamenti elettorali successivi al 2001, comincia a recuperare consensi soprattutto alle elezioni amministrative del 2002, 2003 e 2004.

Lista Uniti nell'Ulivo

Lo stesso argomento in dettaglio: Uniti nell'Ulivo.
In vista delle elezioni europee del 2004, Romano Prodi, che si apprestava ormai a divenire nuovamente leader del centro-sinistra, propose alle forze dell'Ulivo di presentarsi congiuntamente in una lista unitaria[19]. Accolsero l'appello i Democratici di Sinistra, la Margherita, i Socialisti Democratici Italiani e il Movimento Repubblicani Europei (non vi aderirono invece i Verdi e i Comunisti Italiani)[20]. Fu così che l'Ulivo da coalizione si trasformò in una federazione di partiti. Parallelamente, lo schieramento di centro-sinistra assunse prima la denominazione di Grande Alleanza Democratica[21] e successivamente l'Unione[20].

Elezioni politiche del 2006
Dall'autunno-inverno del 2005 si delinea la "nuova identità" dell'Ulivo, che si materializza come accordo-base (proiettato alla nascita di un partito unitario) fra i due maggiori partiti dell'Unione, i DS e la Margherita, con la partecipazione di movimenti e forze e di culture che si richiamano al riformismo, alla tradizione socialdemocratica, cristiano-sociale, repubblicana, liberaldemocratica.

In conformità con le decisioni e gli accordi stipulati qualche mese prima, l'Ulivo è presente sulla scena politica delle elezioni 2006 nella competizione per la Camera dei deputati[22], dove viene presentata la lista unitaria in tutte le circoscrizioni.

Le elezioni si risolvono con una vittoria dell'Unione, ma soltanto per poche decine di migliaia di voti: alla Camera, il centrosinistra, con un vantaggio di 24 000 voti, ottiene il premio di maggioranza che assicura stabilità parlamentare; al Senato, la coalizione guidata da Prodi prevale per soli due seggi (determinanti i voti ottenuti nella circoscrizione Estero), pur avendo preso complessivamente meno voti della Casa delle Libertà.

L'Ulivo si conferma come la lista più votata, ottiene quasi 12 milioni di voti con una percentuale del 31,3. I risultati elettorali, e il fatto che il simbolo dell'Ulivo abbia raccolto più voti della sommatoria Ds-Margherita, pone come tema centrale la costituzione del grande partito unitario, il Partito Democratico, tant'è che a livello parlamentare si assume la decisione di costituire gruppi unitari nel nome dell'Ulivo. Alla Camera, l'Ulivo ottiene 218 deputati: ai 220 ottenuti dalla lista unitaria, se ne aggiungono cinque ottenuti all'estero sotto il simbolo dell'Unione; quattro sono detratti a favore dell'Udeur[23] e tre a favore dell'Italia dei Valori[24], a titolo di diritto di tribuna qualora le due formazioni non avessero superato gli sbarramenti previsti. Al Senato, l'Ulivo ottiene 107 parlamentari: 62 eletti nei DS, 39 nella Margherita, 1 nell'Ulivo (Molise), 4 all'estero sotto il simbolo dell'Unione, 2 attraverso candidature comuni con la SVP; un deputato è invece devoluto all'Italia dei Valori[25]. I capigruppo sono Dario Franceschini alla Camera e Anna Finocchiaro al Senato.

All'indomani delle elezioni politiche, si svolgono le elezioni del nuovo presidente della Repubblica, che portano al Quirinale Giorgio Napolitano. Il nuovo Capo dello Stato, il 17 maggio 2006, affida a Prodi l'incarico di formare il nuovo governo[26]. Tra l'altro, per una singolarità degli eventi, Prodi aveva ricevuto il medesimo incarico esattamente dieci anni prima (il 17 maggio 1996)[27].

Dall'Ulivo al Partito Democratico

Lo stesso argomento in dettaglio: Partito Democratico (Italia).
Romano Prodi, appena re-insediatosi come capo del Governo, conferma l'obiettivo di portare a compimento il grande progetto del "Partito Democratico", fondato sull'esperienza dell'Ulivo, nel quale far confluire DS, DL e movimenti portatori di altre culture. Visti i nuovi obiettivi (la costituzione di un partito unico), viene archiviata l'iniziativa della Federazione che, pur avendo previsto di riunirsi all'indomani delle elezioni politiche, finisce definitivamente in soffitta.

Il 17 luglio 2006 si svolgono le assemblee nazionali di DS e DL che danno un indirizzo favorevole alla costruzione del soggetto unitario. Ma il sigillo ufficiale all'iniziativa è rimandato ai congressi nazionali che i due partiti tengono nell'aprile 2007: la Margherita presenta un'unica linea - sostenuta dal suo presidente Rutelli insieme all'area ulivista - di avviare la fase costituente del PD; i DS, invece, svolgono un congresso a mozioni dove, accanto alla mozione (che ottiene il 75% dei consensi) del segretario Fassino protesa e spedita verso il PD, si contrappongono altre due mozioni, l'una contraria, l'altra scettica.

Da una parte c'è l'area del cosiddetto correntone della sinistra DS, guidato dal ministro Fabio Mussi, che, per il congresso nazionale del partito, ha presentato una mozione distinta da quella del segretario Fassino, denominata "A Sinistra. Per il socialismo europeo". La mozione Mussi è contraria ad una deriva moderata del partito e a qualsiasi allontanamento (anche solo formale) dal Partito del Socialismo Europeo, il cui legame anzi è giudicato troppo debole. Si propone piuttosto la nascita di una grande forza socialista di sinistra e non di un progetto riformista-democratico di centrosinistra. Tra gli altri firmatari, ci sono Cesare Salvi, Fulvia Bandoli, Valdo Spini, Paolo Nerozzi, Paolo Brutti, Olga D'Antona;
Favorevole alla nascita di un nuovo partito, ma non esattamente del Partito Democratico, è invece la corrente guidata da Gavino Angius e Mauro Zani, che ha presentato la mozione "Per un partito nuovo. Democratico e Socialista".
Il 5 maggio 2007, le aree diessine che si rifanno alla mozione Mussi e a parte della mozione Angius, contrarie alla nascita del PD, danno vita ad un nuovo movimento, denominato Sinistra Democratica che si pone l'obiettivo di unificare la sinistra nel nome del socialismo europeo[28].

Il percorso del PD (che in questa fase costituente assume il nome di L'Ulivo-Partito Democratico e mantiene lo storico simbolo ulivista) intanto prosegue con la predisposizione delle regole per l'elezione dell'Assemblea Costituente, attraverso il metodo delle primarie, in programma per il 14 ottobre 2007, data di nascita ufficiale del nuovo partito. A tale scopo viene costituito un "Comitato 14 ottobre", composto da 45 rappresentanti politici e della società civile[29].

Con le Primarie del Partito Democratico del 14 ottobre 2007 l'esperienza politica dell'Ulivo ha una battuta di arresto che diviene definitiva in seguito alla decisione del Partito Democratico di presentarsi solo con l'Italia dei Valori alle elezioni politiche del 2008.

Leader
Romano Prodi (1995–1998, 2004–2007)
Massimo D'Alema (1998–2000)
Francesco Rutelli (2000–2004)
Simboli storici
L'Ulivo - Alleanza per il governo simbolo elettorale per le elezioni politiche del 1996.
L'Ulivo - Alleanza per il governo
simbolo elettorale per le elezioni politiche del 1996.
 
L'Ulivo per Rutelli - Insieme per l'Italia simbolo elettorale per le elezioni politiche in Italia del 2001.
L'Ulivo per Rutelli - Insieme per l'Italia
simbolo elettorale per le elezioni politiche in Italia del 2001.
Risultati elettorali
Elezione   Voti   %   Seggi   Note
Politiche 1996   Maggioritario Camera   15.747.455   42,2   
247 / 475
(1)
Senato   13.013.275   39,9   
152 / 315
Politiche 2001   Maggioritario Camera   16.288.228   43,7   
189 / 475
(2)
Senato   13.106.860   38,7   
125 / 315
Politiche 2006   Camera   11.930.983   31,3   
220 / 630
Senato   -   -   
107 / 315
(3)
(1) Compresi i 14 deputati eletti su liste comuni L'Ulivo-Lega Autonomia Veneta, i 4 deputati eletti su liste comuni L'Ulivo-Partito Sardo d'Azione e Ciriaco de Mita, eletto nella lista Democrazia e Libertà senza l'appoggio del PRC. Al netto di questi: 228 deputati eletti.
(2) Compresi i 5 deputati eletti su liste comuni Südtiroler Volkspartei-L'Ulivo e il deputato eletto su lista comune L'Ulivo-Con Illy per Trieste. Al netto di questi: 183 deputati eletti.
(3) Somma degli eletti nelle liste dei Democratici di Sinistra e di Democrazia è Libertà - La Margherita presentatesi autonomamente, nella lista dell'Ulivo in Molise, nella lista l'Unione-SVP in Trentino-Alto Adige (non afferenti al partito sudtirolese) e nella lista L'Unione nella ripartizione estero.
Note
^ Con un ulivo contro il Cavaliere, su archiviolastampa.it.
^ Donald F. Busky, Communism in History and Theory: The European Experience, in Greenwood Publishing Group, 1º gennaio 2002, p. 57. URL consultato il 24 luglio 2013.
^ Mario B. Mignone, Italy Today: Facing the Challenges of the New Millennium, in Peter Lang, 1º gennaio 2008, p. 58. URL consultato il 24 luglio 2013.
^ James L. Newell & James Newell, The Politics of Italy: Governance in a Normal Country, in Cambridge University Press, 28 gennaio 2010, p. 39. URL consultato il 24 luglio 2013.
^ Claudia Fusani, Veltroni stravince con il 76% ma è la festa dei cittadini elettori, in La Repubblica, 14 ottobre 2007. URL consultato il 24 gennaio 2010.
^ Nel segno dell'Ulivo.
^ Gianluca Luzi, Berlusconi, 225 giorni e poi l'addio, in La Repubblica, 21 dicembre 1994, p. 2. URL consultato il 25 maggio 2010.
^ e nasce il " PATTO PER L'ITALIA ", in Corriere della Sera, 04 gennaio 1994, p. 2. URL consultato il 25 maggio 2010.
^ Gianna Fregonara, e nasce il " PATTO PER L'ITALIA ", in Corriere della Sera, 04 gennaio 1994, p. 2. URL consultato il 25 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2013).
 Sergio Stimolo, Ulivo, i prodiani all'attacco di D'Alema, in Corriere della Sera, 02 luglio 2000, p. 11. URL consultato il 25 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2013).
^ (EN) Berlusconi's return, in The Economist, 8 maggio 2001. URL consultato il 12 febbraio 2023.
 La storia del governo Prodi, in La Repubblica, 09 ottobre 1998. URL consultato il 20 maggio 2010.
^ Da Ocalan al Kosovo i 500 giorni di D'Alema, in La Repubblica, 19 aprile 2000. URL consultato il 25 maggio 2010.
^ Gianna Fregonara, Il governo dell'Ulivo affonda per un voto, in Corriere della Sera, 10 ottobre 1998, p. 2. URL consultato il 20 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2013).
 Polo. Dalla scesa in campo di Berlusconi alla nuova alleanza varata nel 2000 Dopo Tangentopoli la vittoria del Cavaliere, in La Nuova Sardegna, 13 maggio 2001, p. 1. URL consultato il 25 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2015).
 Barbacetto, Gomez e Travaglio.
^ La sorpresa di Rutelli "Un gesto da galantuomo", in La Repubblica, 25 settembre 2000. URL consultato il 20 maggio 2010.
^ Rutelli battezza la Margherita con l'obiettivo del 20%, in La Repubblica, 03 febbraio 2001. URL consultato il 20 maggio 2010.
^ Marco Marozzi, L' Ulivo presenti liste uniche alle elezioni europee del 2004, in La Repubblica, 18 luglio 2003, p. 7. URL consultato il 30 gennaio 2010.
 Roberto Zuccolini, Partito democratico Amato: torno militante, in Corriere della Sera, 18 marzo 2007, p. 12. URL consultato il 24 maggio 2010.
^ Dopo il listone nasce la Gad La nuova proposta: si chiami Alleanza, in Corriere della Sera, 25 novembre 2004, p. 12. URL consultato il 24 gennaio 2010.
^ Gianna Fregonara, Accordo Ds-Margherita: lista unica alla Camera, in Corriere della Sera, 19 ottobre 2005, p. 5. URL consultato il 30 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2015).
^ Si tratta di Paolo Affronti, Sandra Cioffi, Mauro Fabris, Antonio Satta
^ Massimo Donadi, Felice Belisario, Silvana Mura
^ Si tratta di Aniello Formisano, eletto nei DS in Umbria
^ Vincenzo Vasile, Napolitano dà l’incarico a Prodi Consultazioni brevi, la prima innovazione del nuovo presidente. Poi alle 19,30 l’investitura, in l'Unità, 17 maggio 2006, p. 2. URL consultato il 30 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2013).
^ Prodi giura di nuovo dopo 10 anni, in La Repubblica, 17 maggio 2006. URL consultato il 30 gennaio 2010.
^ Simone Collini, Mussi: «Il mio sogno è riunire la sinistra» Nasce Sinistra democratica: «Saremo un movimento, alleati del Pd», in l'Unità, 06 maggio 2007, p. 7. URL consultato il 30 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2013).
^ Partito democratico, via al comitato da 45, in Corriere della Sera, 24 maggio 2007. URL consultato il 30 gennaio 2010.
Bibliografia
Romano Prodi, Governare l'Italia. Manifesto per il cambiamento, MicroMega, 1995, ISBN 88-7989-153-7.
Walter Dondi, Bologna Italia. L'esperienza emiliana e il governo dell'Ulivo, Roma, Donzelli Editore, 1998, ISBN 978-88-7989-420-3.
Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio, Mani pulite. La vera storia. Da Mario Chiesa a Silvio Berlusconi, Roma, Editori Riuniti, 2002, pp. 487-488, 580-598, ISBN 88-359-5241-7.
Saverio Lodato e Marco Travaglio, Intoccabili. Perché la mafia è al potere. Dai processi Andreotti, Dell'Utri & C. alla normalizzazione. Le verità occultate sui complici di Cosa Nostra nella politica e nello Stato, in BUR, introduzione di Paolo Sylos Labini, Milano, Rizzoli, 2005, pp. 120-128, ISBN 88-17-00537-1.
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Collegamenti esterni
Ulivo, L', su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata
L'Ulivo, su sapere.it, De Agostini. Modifica su Wikidata
Statuto della Federazione del 2005 (PDF), su deputatids.it. URL consultato il 12 ottobre 2007 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2007).
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