Il crollo della diga in Libia è la catastrofe del decennio
Più di 10mila dispersi solo a Derna. L’uragano Daniel ha dimostrato cosa accade quando al Climate Change si unisce l’instabilità politica ed economica.
Di Davide Piacenza Pubblicato: 13/09/2023
Derna, in Libia, 250 chilometri a est di Bengasi, è una città costiera ricca di storia, ex capitale dell’antica Cirenaica ed ex capoluogo di provincia durante l’occupazione italiana; negli ultimi anni ha avuto diverse sfortune, a volerle chiamare così, prima soccombendo alla violenza fondamentalista dell’Isis, che l’ha resa per qualche tempo la capitale del suo califfato libico, e poi arrendendosi, per ultima fra le città della regione, alle bombe della campagna bellica del generale Haftar. Quello che le è successo nelle ultime ore, però, è persino peggio: i suoi 100mila abitanti sono stati travolti da alluvioni e inondazioni, dopo che le piogge torrenziali dell’uragano Daniel arrivate domenica hanno fatto cedere due dighe sul fiume Wadi Derna, e Hisham Chkiouat, tra i primi emissari dell’esecutivo detto di stabilità nazionale che governa nell’est della Libia, ha dichiarato di essere rimasto «scioccato» da ciò che ha visto: «È come se la città fosse stata colpita da uno tsunami».
A Derna sono crollati quattro ponti e almeno 10mila persone, secondo i comunicati della Mezzaluna Rossa, sono attualmente disperse: le vittime accertate, per il momento, sono tra le 5mila e le 6mila, ma il bilancio dell’ecatombe è destinato a gonfiarsi di ora in ora. Hisham Abdullah Abushekiwat, ministro dell'Aviazione nel governo di Tobruk, ha dichiarato che un quarto della città è «scomparso» sott’acqua o è stato trascinato verso il mare. La Libia è uno dei luoghi peggiori che sarebbero potuti essere colpiti da una disgrazia del genere: la coabitazione di due governi in lotta fra loro sul suo territorio rende complicata e disagevole l’organizzazione dei soccorsi, e le sue infrastrutture e la sua edilizia sono fiaccati da decenni di occupazioni e guerre. In aggiunta, molte strade risultano inaccessibili, impedendo l’arrivo dei soccorsi, e le comunicazioni risultano impossibili da giorni.
L’uragano Daniel nei giorni scorsi aveva già causato ingenti danni in Grecia, Bulgaria e Turchia, facendo anche alcune vittime, ma il governo della Libia non ha preparato piani di evacuazione per i residenti di Derna, che sono stati colpiti dall’inondazione senza avere tempo e modo di ripararsi.
Tragicamente, la città della Cirenaica ha incontrato la tempesta perfetta, risultato dell’unione fra instabilità politica, economia in declino e impreparazione ambientale e ai cambiamenti climatici. In tre giorni, sulla costa di Derna sono caduti 227 millimetri di pioggia, in una zona che in media riceve meno di un millimetro al giorno. La foga del ciclone Daniel viene dalla temperatura eccezionalmente elevata del Mediterraneo: si tratta di un ciclone tropicale, una depressione alimentata dal mare molto caldo. Un nuovo, terribile saggio di ciò che il climate change può significare, specie per i Paesi con le infrastrutture più impreparate e le popolazioni più povere. Il New York Times riporta che alcuni profughi hanno lasciato Derna senza nulla in mano, «come se fossimo nati oggi»: anche stavolta, a pagare sono sempre gli stessi.
Davide Piacenza
Scrive di attualità e cultura sui giornali italiani da un decennio. Ha lavorato nelle redazioni di Rivista Studio, Forbes e Wired. La sua newsletter Culture Wars racconta ogni settimana i casi in cui i nuovi codici e i discorsi intorno al “politicamente corretto” riplasmano il mondo in cui viviamo.
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