LA-U dell'OLIVO
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Autore Discussione: Autonomia regionale ovvero "prendi il malloppo e scappa". Dei lombardo-veneti!  (Letto 9466 volte)
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« inserito:: Novembre 17, 2022, 11:49:28 am »

Roberto Cocchis
Non so come funzioni altrove ma qui il comune di Santa Maria ha preso come modello il viceré della canzone "'O cunto 'e Masaniello". Lì, ogni volta che Masaniello trovava il modo di sbarcare il lunario nonostante tutti i problemi di un periodo di crisi, il viceré si presentava prontamente, determinato a incamerare tutto in nome di un diritto del quale si era autoinvestito.
Con analogo spirito, anche se con minore prepotenza, il comune di Santa Maria aspetta pazientemente la fine dell'anno e il pagamento delle tredicesime per sganciare la doppia bomba dei canoni idrici e della Tari. Che saranno due tariffe necessarie da pagare per poter vivere civilmente, questo nessuno lo mette in dubbio, ma hanno un costo che sembra leggermente spropositato rispetto alla qualità dei servizi offerti. Perché credo che su un punto siamo tutti d'accordo, a prescindere dalle posizioni personali su qualsiasi argomento: la nostra città, che pure mena vanto di essere sede di tribunale e di università, pulita non è; come minimo, ogni giorno, chi va a piedi deve fare lo slalom tra le deiezioni canine sui marciapiedi; nonostante le continue richieste della cittadinanza in tal senso, nessuno dei sindaci avvicendati nel corso del tempo ha mai trovato la forza di emettere un'ordinanza che obbligasse i proprietari a dotarsi di paletta e sacchetto. E questo è solo un esempio.
Il fatto è che ai nostri amministratori sembra piacere molto il poter fare i galli sulla munnezza (anche con i modi di dire, rimaniamo sempre in tema). Poiché esistono, oggettivamente, comuni ancora più sporchi e con tariffe ancora più elevate, e i loro residenti, quando passano da noi, attaccano a lodarci manco fossimo la Svizzera di lingua tedesca, secondo loro, con quello che ci danno, ci hanno concesso anche troppo. Guai a pensare di guardare a un qualsiasi modello più efficiente, più civile: c'è il rischio che, abituandoci troppo bene, poi pretendiamo che funzioni anche tutto il resto. E questo significherebbe scuotere dalle fondamenta il patto sociale che dalle nostre parti unisce i cittadini e le istituzioni. Patto sociale che sarebbe il seguente: io (istituzione) chiudo un occhio e tu (cittadino) li chiudi tutti e due. Sarebbe un po' sbilanciato a favore delle istituzioni, ma rispetto ai tempi di Masaniello e del viceré rappresenta, oggettivamente, un passo avanti. Che poi si sia fatto solo questo passo in 400 anni, è un altro discorso.
Non posso fare a meno di pensarci proprio oggi che, nonostante il mio distacco dalle notizie, i miei contatti mi informano dell'iniziativa dell'ineffabile Calderoli riguardo l'accelerata sulla cosiddetta "autonomia differenziata", anche in mancanza di definizione dei livelli essenziali. Una delle tante versioni del principio "prendi il malloppo e scappa" che, a tutti i livelli, guida da sempre l'iniziativa politica da certe parti. Da un lato fa sperare che neanche loro si illudano di durare chissà quanto, ma da un altro l'illusione viene prontamente gelata dal fatto che il segretario in pectore del PD, Bonaccini, si trova praticamente sulla stessa lunghezza d'onda.

Ogni tanto mi pongo la questione del voto utile e quindi mi domando come mai sono ben 14 anni che non voto più il PD: e loro, evidentemente preoccupati di non farmi sentire a disagio, mi forniscono subito risposte tali da togliermi ogni dubbio.
Ci sarebbe da chiedersi, al netto delle clientele, dell'ignoranza e dei problemi di competenza freudiana, quanti tra quelli che qui al Sud hanno sostenuto gli uni e gli altri nonostante la campagna elettorale abbia più volte sollevato la questione, si rendano conto di ciò che significherebbe per noi un tale abuso, se fosse portato avanti. Ma poiché vivo qui da tanto tempo e ormai ho assimilato perfettamente la mentalità, pur chiamandomene fuori, stavolta non ho bisogno che la risposta me la dia qualcun altro. La civiltà e il benessere sono fatti di tante cose, alcune delle quali detestabili (lo sfruttamento e il depauperamento di chi ne è escluso, per esempio) e altre auspicabili, come l'ordine è il rispetto delle regole. La barbarie e il sottosviluppo si alimentano invece con l'abuso e la sottomissione. Lo stesso tipo di rapporto che ai tempi legava il viceré e Masaniello e che evidentemente molti rimpiangono, perché la loro massima aspirazione nella vita consiste nell'essere uno scagnozzo, anche l'ultimo, del viceré stesso. In effetti, a pensarci bene, dalle nostre parti potremmo benissimo ribattezzarci Scagnozzoland, la terra degli scagnozzi.

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« Risposta #1 inserito:: Novembre 21, 2022, 10:12:56 pm »

Jack Daniel

Quel crine sottile che da 21 anni reggeva la spada di Damocle dell'Autonomia differenziata sembra che ormai stia per rompersi. Per piacere, però, risparmiamoci stupori ipocriti.


L'autonomia differenziata nasce con la riforma del titolo V della Costituzione, riforma promossa e voluta dal centro sinistra nel 2001. L'idea era di dividere lo scibile delle competenze in tre categorie: quelle statali, quelle regionali e quelle concorrenti, vale a dire quelle che possono essere in parte Stato e in parte Regioni. La medesima riforma prevedeva (art.116 della Costituzione) che se una Regione avesse chiesto di occuparsi lei delle materie concorrenti, anche se non tutte, allora lo Stato, con una legge approvata a maggioranza assoluta, provvedeva a delegarle.
Per lungo tempo la questione rimase di fatto sulla carta, ma il solo dividere le competenze aveva creato una serie di conflitti di attribuzione. Il famoso e fallito referendum Renzi del 2016, nel riscrivere parte della Costituzione, interveniva in maniera draconiana: aboliva le materie concorrenti dividendole tra Stato e Regioni e cercando di chiudere la questione una volta per tutte (https://tinyurl.com/292zma68 ).
Di fatto, se il referendum fosse passato, il titolo V ne sarebbe uscito completamente depotenziato, e dell'autonomia differenziata forse non avremmo più parlato. Per inciso: questa fu una delle ragioni per cui votai sì.
Fallito il referendum costituzionale, partì quindi, da parte delle Regioni del Nord, l'iter per chiedere l'attuazione dell'autonomia. Lombardia e Veneto tennero un referendum il 22 ottobre del 2017 che passò con percentuali di Sì superiori al 95%, con partecipazione di voto non elevata in Lombardia (38%) ma tale da ottenere la maggioranza assoluta dei voti in Veneto (57% dei votanti). Poco dopo, anche l’Emilia-Romagna si unì alla richiesta, anche se per meno materie e senza passare da referendum, e due anni dopo il Piemonte. Praticamente, considerando che Trentino, Friuli e Valle d'Aosta sono già autonome, tutto il Nord ha richiesto l'autonomia differenziata.
A questo punto manca solo il passaggio parlamentare che sancisca la nuova attribuzione di poteri, cioè la legge prevista dal 116.


Calderoli ci ha lavorato di buona lena e ha già presentato un DDL ((https://tinyurl.com/ypdn2bc2 ) che contiene punti controversi (https://tinyurl.com/4cat4ncs ) ma che prevede tempi molto rapidi. Se la legge Calderoli dovesse procedere nei tempi previsti, l'autonomia differenziata, dopo 21 anni, sarà realtà. Cosa comporterà?
Facile immaginare che le distanze tra Nord e Sud, già presenti nei fatti, aumenterebbero. Come e di quanto? Ora non è prevedibile: si metterebbe in moto un processo storico che in qualche anno potrebbe ridisegnare l'Italia, una pallina di neve che potrebbe diventare valanga. Tra le materie concorrenti c'è infatti l'istruzione, ci sono le grandi reti di trasporti, la ricerca scientifica e il sostegno all'innovazione, la produzione e distribuzione di energia. Sono capitoli importanti della vita economica e sociale: se ogni Regione comincia a legiferare per conto suo su questi temi, il rischio è che in capo a pochi anni l'Italia diventi ancora più eterogenea. Il tutto poco dopo aver affrontato una pandemia che ha posto il problema se la risposta più adeguata sia quella decentrata (https://tinyurl.com/2p93mvbx ). Non abbiamo finito di chiederci se il modello regionale della sanità sia il migliore (molti sospettano che vada quanto meno rivisto) che subito affidiamo alle Regioni altre competenze esclusive? 
Ma, ormai quasi in dirittura d'arrivo, ecco che, oggi, ci si sveglia con stupore dal letargo, con Emiliano che scopre l'acqua calda, vale a dire che c'è un accordo Lega/FdI che prevede l'autonomia differenziata (cara alla Lega) e il presidenzialismo (cavallo di battaglia di FdI) (https://tinyurl.com/yz42c6j6 ). Ed ecco De Luca che denuncia come, se passasse la legge Calderoli, il Sud sarebbe destinato alla morte (https://tinyurl.com/58c3spf3 ).
Ciò che lascia perplessi, però, è che a questo fondamentale passaggio ci sia arrivati in scioltezza e quasi per forza d'inerzia, tanto che nessuna forza politica oggi di opposizione, all'epoca dei referendum lombardoveneti, espresse netta contrarietà. In Lombardia il PD era d'accordo sull'autonomia ma non sullo strumento referendario, i 5stelle erano invece d'accordo e sul referendum e sul votare sì (https://tinyurl.com/4yfp4kwb ).


In Veneto, invece, sia PD che 5stelle erano a favore del sì (https://tinyurl.com/2p8x7hc3). Successivamente, la Regione Emilia Romagna, che chiese l'autonomia, era ovviamente governata dal PD, e in Piemonte la delibera passò in consiglio regionale coi voti del PD e l'astensione dei 5stelle (https://tinyurl.com/ycyrxcew ). Detto in breve: nessuno si è realmente opposto all'autonomia differenziata, perché si sapeva quanto fosse popolare nelle Regioni del nord, e nessuno aveva interesse ad andare contro il proprio elettorato.
Quindi riassumiamo: la riforma del titolo V è stata fatta dal centro sinistra. Renzi tentò di smontarla, ma il referendum non passò. Quando poi le Regioni del nord chiesero, ad una ad una, l'autonomia differenziata, nessuno dei partiti oggi di opposizione fu contrario, al più qualche distinguo non di sostanza. E, nel caso dell'Emilia Romagna, fu proprio un partito oggi all'opposizione che la chiese. Presentare ora l'autonomia differenziata come un colpo di mano della Lega appare quindi, come minimo, eccessivo. Come dicevo in apertura: risparmiamoci stupori ipocriti e tardivi.
Il risultato finale è che dopo un secolo di intensi dibattiti, la famosa e mai risolta questione meridionale sta (probabilmente) per avere la più importante risposta da decenni in qua. E' una risposta che avviene in sordina e, per come è stata condotta e presentata, assume il fastidioso carattere della secessione dei ricchi. Nulla contro il federalismo, in teoria, ma il fatto che a chiedere l'autonomia siano, guarda caso, le regioni più ricche del Paese, quelle che presentano, cioè, il residuo fiscale maggiore (https://tinyurl.com/3tka83ay ) non credo proprio che sia un caso. E' come se, dopo un secolo di dibattiti e tentativi, si sia tacitamente deciso di gettare la spugna, di prendere atto che la questione meridionale non è (più) argomento di interesse nazionale e che, arrivati a questo punto, ognun per sé, e si salvi chi può.

Jack Daniel

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Commenti

Sebastiano Gulisano
Proprio la parte sul Titolo V della riforma Renzi mi fece tentennare dal votare "no".

Vittorio Olivati
Sebastiano Gulisano anch'io; se si fosse votato sui singoli quesiti il risultato sarebbe stato variegato e personalmente ammetto che il mio "NO" fu nel senso di un referendum su Renzi, che è in fondo quello che voleva

Sebastiano Gulisano
Vittorio Olivati stesso ragionamento, da parte mia.

Jack Daniel
Sebastiano Gulisano e Vittorio Olivati E così siete (siamo) cascati nella trappola. Perché i Renzi passano, e infatti dopo pochi mesi se ne andò via. Ma il Titolo V e l'Autonomia differenziata ce la porteremo avanti per decenni, se non per sempre.

Vittorio Olivati
Jack Daniel e però c'erano anche dei punti molto pericolosi. .. bisognava votare il "pacchetto completo", tutto o niente.

Sebastiano Gulisano
Jack, a me in realtà non convinceva (né convince) il moncameralismo (anche se lì era un punto un po' incasinato) e, soprattutto, temevo una verticalizzazione delle istituzioni, specie nell'abbinamento con la legge elettorale.
Insomma, Titolo V a parte, era l'insieme della riforma a non convincermi, fino a temerla.


Jack Daniel
Vittorio Olivati Lo so benissimo. Quando arrivò la proposta, mi presi il tempo necessario per studiarle bene. Alla fine, arrivai a un qualcosa del genere: ci sono 55 cose che mi piacciono contro 45 che no.
Alla fine, dato che 55 è un po' di più di 45, voto sì. E in quella differenza che fece pendere il piatto verso il sì, il titolo V ebbe parte preponderante.
Invece, Sebastiano Gulisano, sul monocameralismo sono a favore da sempre, come del resto lo era la sinistra alla Costituente. La quale sinistra prevedeva sue camere, di cui una, appunto, su base regionale. La cosa buffa è che, per quell'aspetto, Renzi riprese molto dalle posizioni del PCI.
Ma in generale, trovo spesso deboli gli argomenti a favore del bicameralismo. Perché sono quasi sempre argomenti di interdizione: vale a dire si parte dal presupposto che ci si trovi all'opposizione e che sia necessario far di tutto per ostacolare l'operato del governo.
Trovo che questo habitus sia un retaggio che noi vecchioni abbiamo dalla prima repubblica: più ostacoli mettiamo, più controlli e passaggi inseriamo meglio ci garantiamo.
Il guaio, però, è che alla fine ti ritrovi nella palude. Con l'impossibilità di fare alcunché, con tempi che si dilatano e con il risultato ben poco brillante che il paese va a vanti a decreti legge perché un normale iter parlamentare sarebbe troppo faticoso e lungo.
Ne guadagniamo? Abbiamo il bicametralismo di facciata, di fatto legiferiamo con i decreti.

Sebastiano Gulisano
Jack Daniel, sì, ormai governare coi decreti è prassi. Solo Ciampi provò a frenare l'andazzo, richiamando il governo Prodi al dettato costituzionale, quand'era Presidente della Repubblica.


Alex
Io votai no al referendum di Renzi proprio per quella questione.


Carlo Galeazzi
Niente di nuovo sotto il sole.
Basta confrontare due regioni che hanno già l'autonomia; Sicilia e Alto Adige

Jack Daniel
Carlo Galeazzi In che senso?

Carlo Galeazzi
Jack Daniel pur avendo entrambe l'autonomia, l'Alto Adige è un modello, la Sicilia un disastro


Jack Daniel
Carlo Galeazzi Ma con l'autonomia le cose cambieranno anche per la Sicilia, perché è inevitabile che venga rivisto anche il meccanismo di riparto fiscale. Non fa parte della riforma, ma, per come è avvenuto l'iter è tappa conseguente.

Carlo Galeazzi
Jack Daniel speriamo, perché l'attuale confronto è sconfortante


Vittorio Olivati
La mancanza di
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« Risposta #2 inserito:: Novembre 21, 2022, 10:17:55 pm »

Perché sfasciare l'Italia, invece di correggerne le storture e cancellarne gli errori commessi da tutti?

Regioni comprese.

Quali sono i meriti sin qui acquisiti dalle regioni, e i vantaggi portati agli Italiani.

Revisionare il Federalismo per valorizzare il localismo è materia molto delicata da non affidare a Personaggi e Partiti con finalità poco chiare e compromessi di fatto con poteri stranieri.

ggiannig ciaooo
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« Risposta #3 inserito:: Novembre 22, 2022, 04:46:48 pm »

 Gianni Gavioli ha condiviso un link.
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La prima cosa da cambiare, visto il punto in cui siamo arrivati, è l'inconsapevolezza epidemica che ha infettato almeno il quaranta per cento della popolazione italiana.
Il M5STELLE e le LEGA hanno ottenuto che il dittatore di una federazione straniera sia arrivato a condizionare la nostra società e minacciare la Nostra Democrazia.
Ovviamente senza l'indolenza e la stupidità politica di coloro che saranno da domani Opposizione, la cosa orrenda non sarebbe stata possibile e non sarebbe riuscita.
Che la parte dormiente della nostra popolazione si renda finalmente conto di quanto é avvenuto negli ultimi anni ma, Peggio, di quanto sta accadendo al vertice della nostra Italia, sarebbe già un segno positivo del cambiamento necessario per una Nuova Resistenza di Popolo.
Questa volta non violenta!
I nostri Alleati Occidentali non permetteranno una guerra civile putiniana, nel nostro Paese.

ggiannig
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« Risposta #4 inserito:: Dicembre 22, 2022, 05:55:25 pm »

Francesco Grollo, l’ex poliziotto trevigiano diventato tenore: «L’inno nazionale? Intenso, solenne, energico

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« Risposta #5 inserito:: Gennaio 25, 2023, 03:58:13 pm »

BABELE - (o Babilonia; babilonese Bāb-ilu o Bāb-ilāni)

Città antica, la più importante dell’Asia Anteriore.
Era situata sul canale Arakhtu dell’Eufrate, nella parte settentrionale della Babilonia. Se ne attribuisce la fondazione a Sargon di Akkad (2350-2294 a.C.), che forse ampliò un villaggio preesistente e vi eresse un palazzo reale.
Fu ingrandita anche da Hammurabi (1728-1686 a.C.), che fondò pure la città gemella di Borsippa, e da Samsuiluna (1685-1649 a.C.); dopo un periodo di decadenza, sotto le dominazioni ittita e cassita, divenne di nuovo capitale di Nabucodonosor I (1137), ma sofferse durante le contese tra Babilonesi e Assiri, che la presero più volte.

Sennacherib la distrusse nel 690; cacciata la tribù caldea insediatasi tra le rovine, Assarhaddon (681-69) e Assurbanipal (668-26) la riedificarono e abbellirono.
Subì gravi danni quando quest’ultimo, lottando contro il re locale Shamashshumukīn, la prese, dopo un assedio di 2 anni (648).
Rifiorì sotto la dinastia caldea: Nabopolassar (625-605) e Nabucodonosor II (604-562) intrapresero grandi lavori, specie il secondo, che la fortificò.

Ciro, che la prese nel 538, vi risiedette per qualche tempo, e così Cambise: è questa la città descritta con ammirazione dagli scrittori classici, abitata da genti di nazioni e lingue diverse.
Anche sotto i Persiani rimase città fiorente, capitale della più importante satrapia dell’impero, sebbene in lenta decadenza.
Nel 331 a.C. fu conquistata da Alessandro Magno, che iniziò a ricostruirla, ma perse quasi tutta la sua importanza sotto i Seleucidi, benché Antioco IV la fondasse di nuovo, probabilmente col nome di Antiochia; la rovina fu completa dopo che fu presa e arsa dal satrapo parto Evemero (126-125 a.C.).

---

Fu scavata con regolarità a partire dal 1811.
Le fasi di frequentazione più documentate risalgono al 7°-6° sec. a.C. quando la città raggiunse l’estensione di 950 ha circa. Attraversata dall’Eufrate, era divisa in un settore est, con i centri politico-amministrativi, il palazzo reale e gli edifici templari, e in uno ovest, di più recente formazione. Il polo orientale era dotato di una doppia cinta muraria in mattoni crudi, con fossato esterno difeso da una muraglia in mattoni cotti. Il centro della vita religiosa era il santuario del dio poliade Marduk, costituito da un tempio, caratteristica costruzione babilonese quadrata in mattoni crudi, e dalla colossale ziqqurat Etemenanki, di cui si conserva solo la parte inferiore. Sotto i Seleucidi e gli Achemenidi la città si arricchì di edifici tipicamente greci (teatro, agorà). L’attuale sito archeologico, presso Hilla, ha subito notevoli danni a seguito della guerra del 2003.

Torre di B. Il libro della Genesi racconta (connettendo erroneamente il nome della città con l’ebraico bālal «confondere») che gli abitanti di Sennaar decisero di costruire una città e una torre «la cui cima raggiungesse il cielo» (cioè «altissima»); ma Dio, volendo punire il loro orgoglio, confuse le lingue, cioè le idee e i propositi di costoro che, interrotta la costruzione della città, si dispersero per il mondo.

da -
https://www.treccani.it/enciclopedia/babele
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« Risposta #6 inserito:: Marzo 26, 2023, 03:32:41 pm »

 Cerasa a Tagadà: "Certi discorsi della Lega sull'Ucraina sembrano scritti da Lavrov"

Quella del Carroccio, è "una risposta ai 5 stelle, schierati sul pacifismo farlocco, per non farsi scippare un pezzo di elettorato"
23 mar 2023

Il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo, ieri in Aula, ha annunciato il voto favorevole del suo gruppo sul sostegno a Kyv, ma espresso "la forte preoccupazione su come stanno andando le cose sul fronte della guerra tra Russia e Ucraina", con una pericolosa escalation rappresentata dall'invio di "armi sempre più potenti" alla resistenza ucraina.

 "E' ridicolo pensare sia la posizione personale di un senatore: esprime la posizione del partito. Sembra un discorso scritto dal ministro degli Esteri russo Lavrov. Esprime una linea netta nella quale la Lega considerà responsabilità dell'occidente la mancanza di pace in Ucraina", dice il direttore del Foglio a Tagadà su La7. "E dopo un anno, tocca ripeterlo ancora: per fermare la guerra non bisogna fermare la resistenza Ucraina, bisogna semplicemente fermare Putin".

Quella del Carroccio, aggiunge Cerasa, è "una posizione che nasce anche in risposta a quella dei 5 stelle, schierati sul pacifismo farlocco. Questo crea competizione e la Lega cerca di non fasri sfuggire quel pezzo di elettorato"
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« Risposta #7 inserito:: Aprile 14, 2023, 12:32:18 pm »

VESCOVI E TRIVELLE

   Buongiorno, ecco una serie di notizie selezionate per te dal Corriere del Veneto. Silvia Madiotto parla di vescovi e trivelle. Buona lettura!

Di incontri con gli esperti ne vengono organizzati relativamente spesso. Li promuovono Comuni, comitati, associazioni di categoria. Ma a Porto Viro (Rovigo), un evento improntato all'analisi scientifica e concreta sulle trivellazioni in Adriatico, al largo del Delta del Po, è stato organizzato da tre vescovi: Gianpaolo Dianin, della diocesi di Chioggia, Pierantonio Pavanello, della diocesi di Adria-Rovigo e Gian Carlo Perego, della diocesi di Ferrara-Comacchio. Il sottotitolo era «Domande per il presente, responsabilità per il futuro», senza intento di dire quale fosse la posizione più giusta, o auspicabile, o quella da prendere in considerazione con maggiore impegno, ma con il chiaro intento di spiegare e informare, "lontano da ogni lotta di parte".
L'incontro pubblico era stato organizzato per rendere edotta la popolazione sui pro e i contro delle trivellazioni metanifere approvate nel decreto «Aiuti Quater» del governo. Il presidente della Regione Luca Zaia aveva già pronunciato il suo no al governo Meloni (un esecutivo amico, a ben vedere la composizione) e come lui anche i primi cittadini del Polesine. Ma l'impegno del governo va avanti. La sala era gremita. C'erano i sindaci, c'era l'assessore Corazzari della Regione Veneto, c'erano tanti cittadini desiderosi di ascoltare voci esperte, docenti universitari e tecnici.
Si è parlato del problema della subsidenza e del progressivo abbassamento del terreno, già registrato con le precedenti escavazioni in mare negli anni Cinquanta ("il territorio del delta è sprofondato di almeno un metro e mezzo rispetto al livello del mare", hanno spiegato), e una forte preoccupazione è emersa diffusamente. Si è parlato anche della necessità di una commissione tecnica, che attraverso studi e dati possa confutare gli elementi presentati dalle società che si occupano delle estrazioni.
E i vescovi, seduti in prima fila per sentire le voci di chi, sul palco, argomentava ricerche e approfondimenti, hanno ascoltato. E posto delle domande. Domande che riguardano il futuro del Polesine, di un angolo fra Veneto ed Emilia-Romagna così delicato e complesso come il delta del Po, che nell'ultimo anno ha sofferto anche la siccità. Così, se la politica "ad alti livelli" - dicono i vescovi - nell'ultimo periodo è risultata assente, almeno nel dialogo con i territori, sono i pastori delle diocesi a mostrare quale sia l'importanza dell'informazione e del confronto. Sul piatto c'è la tutela di un territorio fragile che anche i vescovi vogliono mettere al primo posto. E per una sera scienza e religione hanno parlato la stessa lingua. 

Se volete scriverci la mail è: web@corriereveneto.it
da corriere del veneto.
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