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Autore Discussione: Tony Jop - Mostra e Festa si pestano gli alluci (Venezia e Roma)  (Letto 2370 volte)
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« inserito:: Gennaio 14, 2008, 12:24:30 am »

Mostra e Festa si pestano gli alluci

Tony Jop


Santa pazienza, rieccoci dove non volevamo: di nuovo ai ferri corti la Festa del Cinema di Roma e la Mostra veneziana e tutto per una questione di calendario, già vista e sofferta, per un anno addirittura superata. Ma questa è l’Italia, l’unico luogo della terra, temiamo, in cui le risorse si gettano con le immondizie indifferenziate, dove l’iniziativa è una rottura di balle e la materia ha solo voglia di dormire. Quando la svegliano lei s’incazza e infatti è finita a ceffoni, per esempio tra il governatore della Regione Veneto, Galan, Forza Italia, e Goffredo Bettini, patron della Festa romana nonché braccio destro di Veltroni. Stessa strada, stessa osteria, stessa donna, una sola, la mia.

Roma ha fatto sapere che quest’anno è costretta a piazzare l’inizio della sua kermesse il due ottobre, una ventina di giorni dopo la chiusura della Mostra lagunare; un soffio di tempo, le due signore vanno quasi in sovrapposizione, l’esatto contrario di ciò che tutti si auguravano, nonché di quel che il ministro Rutelli aveva auspicato e in qualche modo preteso. Venezia, alla notizia, gela. Invece Galan, che con la Regione sta dentro il consiglio di amministrazione della Biennale alla quale la Mostra fa capo, si scalda e assume toni, nella loro irritualità, quasi divertenti ma destinati a un pubblico adulto: «Non posso dire quel che ho pensato di Veltroni - trasmette - non appena ho letto la miserabile notizia che la Festa del Cinema “buiaccaro” si aprirà il prossimo due ottobre». Neanche il Wayne di Berretti verdi che forse non ha mai pranzato in una trattoriaccia romana. La Festa del cinema - stiamo annoiando? Badate che la storia non è poi così male - reagisce con lo stile di un collegio per ragazze di buona famiglia e, labbra strette e nasino all’insu, pronuncia indignata: «Galan si dimostra anche in questa occasione il solito maleducato»; segue raccomandazione affinché il presidente della Regione si preoccupi di tutte quelle città che non vedono l’ora di staccarsi dal suo veneto dominio. Uguale a un dito nell’occhio, come faceva Stan Laurel al vecchio Oliver. Rutelli, ai veneziani, comunica intanto paterna irritazione per quel che sta accadendo in barba ai suoi consigli, ma è evidente che il messaggio è destinato a Roma, è Lei che ha anticipato le date. Gli costerà, infatti c’è carne anche per il ministro rammaricato: «Qualsiasi soluzione riesca a trovare Rutelli per poter posticipare al mese di ottobre la Festa, in accordo con Santa Cecilia (istituzione fortemente finanziata dal ministero), sarà accolta con grandissimo entusiasmo». Così, almeno, si capisce che l’anticipo romano è dovuto alla programmazione delle sale dell’Auditorium, che spetta di diritto all’Accademia di Santa Cecilia e alla sua capacità di pianificare con anni di anticipo; e siccome la Festa ha scelto di concentrarsi proprio in quell’area, non può che stare al gioco. È fatta; evitando di essere coinvolto nella rissa, Rutelli allarga le braccia e recita un Machbeth mai scritto: «Che devo fare? Mandare la cavalleria, le truppe corazzate? Le decisioni spettano alle istituzioni che sono autonome». Cambiamo passo e quindi ci trasferiamo al punto due, come vedrete non meno interessante.

Dietro le quinte

Vi sembrerà strano, ma chi soffre di più, in questo frangente, è Venezia, nonostante la apprezzatissima performance dell’anno scorso e nonostante abbia compreso che Roma non le farà ombra, comunque vada. Le «rogne» sono due: 1) ancora una volta i tempi forse non solo burocratici che fin qui non hanno messo in grado la Mostra di lavorare sul cartellone di questo settembre e, 2), il nuovo palazzo del Cinema, sul quale grava un fluttuare incontrollato di cifre e la minaccia del focoso Galan di tirarsi indietro dall’affare tuttavia già passato a una fase di realizzazione debitamente stoppata. Non perdete il filo. Pareva fosse indispensabile licenziare in fretta il vecchio presidente, Davide Croff, per dare respiro all’istituzione veneziana. Croff è stato liquidato in tempi record senza una ragionevole motivazione che non avesse un fronte comico involontario, molto presto è stato reclutato un nuovo presidente già sperimentato e a suo tempo licenziato, Paolo Baratta, che per fortuna ora piace a tutti. Ma Marco Muller, il direttore della Mostra tanto osannato, attende l’eventuale rinnovo dell’incarico per poter lavorare, tuttavia siamo a metà gennaio e il consiglio di amministrazione forse si riunirà la prossima settimana per vedere cosa fare. Intanto, d’ufficio, tutti i suoi collaboratori sono stati congelati e lui deve starsene con le mani in mano mentre Roma - tra una risposta piccata a Galan e una altrettanto pepata a Rutelli - gira il mondo da mesi ed è già stata due volte a Los Angeles a caccia di film da portare sul Tevere. Come mai Croff l’hanno fatto uscire di scena senza attendere che si infilasse le scarpe e invece ci mettono tanto a ridare l’incarico a Muller? O sanno quel che fanno o non lo sanno: non sappiamo che tipo di consapevolezza gli convenga. Nella migliore delle ipotesi, Muller potrà iniziare a fare il suo gioco a febbraio e se raccatterà qualche cosa di buono sarà quasi un miracolo della fede, un altro.

A Palazzo, a Palazzo

Nebbia anche in questo caso. È un fenomeno dell’umidità. Progetto pronto, parte il concorso per la realizzazione dell’opera che darà, si dice, futuro certo alla nobile scena veneziana. Ma, a gara conclusa, Galan è furibondo: l’operazione Palazzo è affidata a un commissario che è già in attività, ma lui, il diffidente presidente della Regione, aveva chiesto un sub commissario che ha visto la luce a tempo, secondo lui, scaduto, quando cioè la Sacaim aveva già l’incarico in tasca. Ah è così? - ha obiettato e minacciato il governatore - e allora non vedrete i miei dieci milioni di euro. Dieci milioni? Ma non erano venti? si chiede qualcuno cercando gli appunti sugli impegni orginari. Lui dice «sono stato imbrogliato», qualcun altro pensa «questo si prepara a imbrogliarci». Mentre il Tar, allertato da concorrenti che non hanno partecipato alla gara, blocca il concorso e quindi anche il futuro della Mostra. Se la vita media degli italiani corresse sui duecento anni cadauno, non andrebbe poi così tanto male.

Pubblicato il: 13.01.08
Modificato il: 13.01.08 alle ore 15.24   
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