Chi lo avrebbe mai detto?
Dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia il 24 di febbraio, i governi dell'Unione europea hanno dimostrato un'unità e una determinazione senza falle per rispondere alla guerra di Vladimir Putin, dando un contributo decisivo per trasformare il 2022 nell'anno della rivincita delle democrazie su autocrazie e populismi. Perché questa è stata la principale novità dell'anno che si è appena concluso: sulla Russia, sul Covid-19 o sulla politica economica, la democrazia liberale non solo è stata resiliente, ma ha mostrato la sua superiorità in termini di competenza ed efficacia. L'Ue ha adottato nove pacchetti di sanzioni contro la Russia e si sta liberando dalla sua dipendenza dal gas russo (sul petrolio ha imposto un embargo). I vaccini m-Rna hanno messo al riparo la popolazione europea dalle conseguenze più nefaste del Covid-19 e dal pericolo di altri lockdown. L'inflazione è a livelli record e la recessione è in agguato, ma la prudenza monetaria e fiscale dovrebbero limitare l'impatto dell'aumento dei prezzi e del calo del pil. Da parte dell'Ue ci possono essere state esitazioni, lentezze, contraddizioni e alcune divisioni. Ma l'obiettivo di proteggere i suoi cittadini è stato ampiamente realizzato, senza drammi o rotture.
I pessimisti, le cassandre e gli uccelli del malaugurio continueranno a predire il disfacimento imminente dell'Ue o della zona euro. Eppure il contrasto in termini di risultati tra democrazie da un lato e autocrazie e populisti dall'altro è evidente nel 2022 che si è appena concluso. Putin ha totalmente sbagliato i suoi calcoli lanciando l'invasione dell'Ucraina e usando l'arma del gas per dividere e piegare gli europei. L'Ue non solo è rimasta unita e ha garantito un inverno al sicuro sul gas, ma ha rafforzato la sua alleanza con gli Stati Uniti. Svezia e Finlandia hanno abbandonato la loro neutralità per chiedere l'ingresso nella Nato. Altri paesi neutrali, come Irlanda e Austria, non hanno opposto obiezioni agli aiuti militari dell'Ue (attraverso la Peace facility) all'Ucraina. L'Ue ha adottato la decisione storica di concedere all'Ucraina (e alla Moldavia) lo status di paese candidato. Per contenere le mire russe (e cinesi) nel suo vicinato, l'Ue ha anche rilanciato il processo di allargamento ai Balcani occidentali, aprendo formalmente i negoziati con Albania e Macedonia del nord e concedendo lo status di candidato alla Bosnia-Erzegovina.
Nel frattempo, il presidente cinese, Xi Jinping, ha combinato un guaio planetario abbandonando all'improvviso la politica “zero Covid” senza una strategia per passare alla convivenza con il virus. L'uomo forte della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, ha piombato il suo paese in una grave crisi economica e inflazionistica che rischia di compromettere la sua rielezione alla presidenza. Nel Regno Unito Boris Johnson e Liz Truss sono stati costretti alle dimissioni per il loro populismo politico ed economico. In Brasile Jair Bolsonaro ha seguito l'esempio di Donald Trump uscendo sconfitto alle presidenziali di fronte al candidato dell'establishment, l'ex presidente Lula. Il successo di Joe Biden alle elezioni di mid-term, che ha permesso al Partito democratico di mantenere la maggioranza al Senato, conferma il declino del trumpismo anche negli Stati Uniti.
Questo 2023 sarà l'anno in cui le democrazie dovranno confermare la loro rivincita. Autocrati e populisti non sono scomparsi. Putin continua a scommettere sulla guerra lunga per piegare la volontà non solo degli ucraini, ma anche degli europei. A differenza del 2022, quest'anno ci sarà meno gas russo (forse zero gas russo) per riempire gli stoccaggi. La riapertura della Cina potrebbe spingere ulteriormente verso l'alto i prezzi globali dell'energia. L'amicizia senza limiti tra Xi e Putin rappresenta una sfida esistenziale per l'ordine globale fondato sulle regole difeso dalle democrazie liberali. Il rafforzamento del legame transatlantico seguito all'elezione di Biden e alla guerra contro l'Ucraina rischia di sfaldarsi di fronte alle tentazioni protezionistiche degli americani (con l'Inflation reduction act) o dell'Ue (con i progetti di sovranità europea). Servirà perseveranza e determinazione all'Ue e ai suoi leader per non cadere nuovamente nelle loro tradizionali divisioni.
Dentro l'Ue i populisti rimangono forti. Nel 2022 Viktor Orbán ha vinto le elezioni per la quarta volta consecutiva in Ungheria. In Italia Giorgia Meloni è il primo premier post-fascista a salire al potere nell'Ue. In Francia Marine Le Pen si è avvicinata come mai prima d'ora alla vittoria al ballottaggio delle presidenziali. Ma l'Ue ha dimostrato di avere anticorpi efficaci. Il premier ungherese è stato costretto a fare importanti concessioni all'Ue sullo stato di diritto per beneficiare dei fondi della coesione e di quelli del Recovery fund. Meloni ha dovuto fare marcia indietro su alcuni provvedimenti della sua prima legge di bilancio, dopo le obiezioni sollevate dalla Commissione. Le Pen può avere ottenuto un risultato senza precedenti, ma il presidente rimane Emmanuel Macron. Le scadenze elettorali di questo 2023 fanno venire i brividi: marzo in Estonia, aprile in Finlandia, luglio in Grecia, ottobre in Polonia, dicembre in Spagna. Che si chiamino Ekkre, Veri Finlandesi, Syriza, PiS o Vox, i populisti sono sempre in agguato. Il test ultimo per le democrazie è quello delle elezioni: saranno i cittadini a decidere le sorti della rivincita democratica. Ed è giusto così.
Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 2 gennaio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.
Durante il weekend
Zelensky promette la vittoria nel 2023 - Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha promesso di fare del 2023 l'anno della vittoria sulla Russia e del ritorno alla normalità per l'Ucraina in uno straordinario discorso di capodanno, pochi minuti prima che Kyiv fosse oggetto dell'ennesimo attacco di droni russi. I 17 minuti del discorso di Zelensky sono il miglior modo per iniziare questo nuovo anno. Ecco un passaggio: "Facciamo in modo che questo anno sia l'anno del ritorno. Il ritorno del nostro popolo. Dei soldati alle loro famiglie. Dei prigionieri alle loro case. Degli immigrati nella loro Ucraina. Il ritorno delle nostre terre" e "il ritorno alla vita normale, ai momenti felici senza coprifuoco, alla gioia senza allarmi aerei, il ritorno di ciò che ci è stato rubato, l'infanzia dei nostri bambini, la vecchiaia pacifica dei nostri genitori, in modo che i nipoti possano visitare i loro nonni durante le vacanze e mangiare cocomeri a Kherson e ciliegie a Melitopol".
Metsola rinuncia a nominare il cognato capogabinetto - Da ieri il Parlamento europeo ha un nuovo segretario generale. Alessandro Chiocchetti ha preso il posto di Klaus Welle alla testa dell'amministrazione del Parlamento, dopo una procedura di nomina che ha sollevato numerose polemiche per la promozione lampo dell'italiano. Ma c'è un'altra nomina che avrebbe potuto fare molto discutere. Come abbiamo svelato sul Foglio, la presidente Roberta Metsola aveva scelto suo cognato, il maltese Matthew Tabone, come nuovo capogabinetto al posto di Chiocchetti. La motivazione non era molto convincente: Metsola voleva una persona di fiducia per portare a buon fine le riforme del Parlamento europeo dopo il Qatar gate. “La presidente ha ritenuto necessario nominare un sostituto internamente e rapidamente, con il minor numero di attriti all'interno della sua squadra e dell'istituzione, al fine di aiutare a portare avanti le riforme urgenti”, ci aveva spiegato il portavoce di Metsola. Il nostro piccolo scoop ha fatto saltare i piani di Metsola. Dopo le rivelazioni del Foglio, Metsola ha fatto marcia indietro e scelto la spagnola Leticia Zuleta de Reales Ansaldo come suo nuovo capogabinetto.
Quando un cognato non è un parente stretto - La nomina di Tabone “è in linea sia con lo spirito sia con la lettera delle regole”, ci aveva assicurato il portavoce di Metsola: "Questo è un incarico di fiducia" e "spetta solo alla presidente nominare qualcuno di cui abbia fiducia". Eppure la scelta di un cognato a capo-gabinetto del presidente del Parlamento europeo sollevava diversi interrogativi di prassi e opportunità, se non di carattere legale. Contrariamente ai precedenti capigabinetto, Tabone non è un funzionario interno all'amministrazione del Parlamento o della Commissione. La sua carriera è in gran parte legata a Metsola, di cui è stato assistente parlamentare sin dal 2013. Dal 2009 i deputati non possono assumere come assistenti dei “parenti stretti”. Il matrimonio con la sorella di Metsola, Lisa Tedesco Triccas, risale al 5 settembre del 2015, dopo l'inizio della collaborazione con l'attuale presidente del Parlamento europeo. Tecnicamente Tabone è considerato un “affine” e non un parente di primo grado di Metsola. “La presidente crede fermamente che alle persone dovrebbe essere permesso di amare chi desiderano amare”, ci aveva detto il suo portavoce. In ogni caso, Metsola “non ritiene opportuno o legale chiedere (a Tabone) di divorziare per assumere” il nuovo incarico. Le polemiche e le critiche, pubbliche e private, provocate dalle rivelazioni del Foglio hanno convinto Metsola che i suoi argomenti erano un po' deboli.
Il primo passo falso di Metsola da quando è presidente - Forse Metsola sperava che la scelta del cognato come capogabinetto passasse inosservata grazie alle vacanze di Natale e Capodanno. In ogni caso, l'episodio rappresenta il primo vero passo falso dal suo arrivo sullo scranno del Parlamento europeo poco meno di un anno fa. Noi abbiamo chiesto un commento a Alberto Alemanno, professore dell'Hec di Parigi, che da anni si batte per la trasparenza e l'etica nelle istituzioni dell'Ue con la sua organizzazione The Good Lobby. “Salutata come la rappresentante di un nuovo modo di fare politica in Europa - giovane, transnazionale e aperta al dialogo - Metsola rischia di passare alla storia come un politico vecchia scuola, che usa il potere per premiare i fedeli in barba a ogni forma di controllo democratico”, ci ha detto Alemanno: “Dopo la procedura farlocca per nominare Ciocchetti nuovo segretario generale, ora sarà suo cognato che lo rimpiazzerà in qualità di capogabinetto della medesima. E lo fa nel momento meno propizio per l’Europa, quando il Parlamento europeo e tutta l’unione sono sotto osservazione a seguito del Qatargate. Alla fine, tutto il mondo - anche l’europeo - è paese”, ci ha detto Alemanno.
Le quattro priorità della presidenza svedese - Dalla mezzanotte del primo gennaio, la Svezia ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell'Ue. A Bruxelles c'è un certo timore per l'attitudine poco europeista del nuovo governo a Stoccolma. Anche se l'estrema destra euroscettica dei Democratici svedesi non ha ministri, la sua influenza è forte sul nuovo esecutivo. Il primo ministro conservatore, Ulf Kristersson, non ha la fama di un euro-entusiasta. Il suo Partito dei moderati è molto più euroscettico di quello di Fredrik Reinfeldt, il suo lontano predecessore come premier conservatore e presidente di turno del Consiglio dell'Ue. La presidenza svedese intende concentrarsi su quattro priorità: sicurezza, competitività, transizione verde ed energetica, e valori democratici e stato di diritto.
La Croazia è entrata nell'euro e in Schengen - Alla mezzanotte del primo gennaio, la Croazia è diventata il ventesimo membro della zona euro, confermando il potere di attrazione della moneta unica tra i paesi dell'Ue. L'abbandono della kuna dovrebbe portare enormi benefici a un paese di quattro milioni di abitanti la cui economia dipende dal turismo, dal commercio esterno e dagli investimenti stranieri diretti. Eppure tra la popolazione croata c'è chi teme un aumento ulteriore di un'inflazione già alle stelle. Sul piano politico, la Croazia rappresenta comunque una storia di successo: l'ingresso nell'euro e nell'area Schengen completano il processo di integrazione di un paese che meno di 30 anni fa era ancora in guerra. In autunno la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, aveva spiegato che l'entrata della Croazia costituisce anche “un voto di fiducia per l'area euro”. "L'euro è una delle nostre migliori conquiste collettive. Ed è, ovviamente, molto più di una valuta. È un segno di unità, oltre i confini e oltre le lingue", ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Il prossimo candidato è la Bulgaria.
La scorsa settimana
Ritorno alla cacofonia sulle frontiere chiuse alla Cina per il Covid - E' stato come fare un balzo indietro di tre anni: la Commissione giovedì 29 dicembre ha convocato una riunione d'emergenza del Comitato di sicurezza sanitaria dell'Ue per discutere della risposta all'esplosione della pandemia in Cina, dopo che gli stati membri hanno iniziato ad andare in ordine sparso sui controlli sui voli in ingresso. L'Italia ha imposto tamponi obbligatori negli aeroporti per gli arrivi dalla Cina. Francia e Spagna hanno fatto la stessa scelta negli ultimi giorni. La Germania, per contro, ha detto di non ritenere necessario imporre restrizioni sui voli in ingresso. L'Austria ha salutato positivamente l'arrivo di migliaia di cinesi che rappresentano la fetta più importante del suo turismo dall'Asia. Secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), imporre sistematicamente il tampone ai viaggiatori attualmente è una misura "non giustificata". La riunione del Comitato di sicurezza sanitaria per adottare misure “coordinate” non sembra aver portato a risultati. “Dobbiamo agire insieme”, ha detto la Commissione, salvo aggiungere: “Continueremo le nostre discussioni”. Tradotto: non c'è un accordo sulle restrizioni agli ingressi dalla Cina. La presidenza svedese dell'Ue ha convocato per il 4 gennaio una nuova riunione degli stati membri per cercare di arrivare a un approccio coordinato. "la Svezia sta cercando una politica comune per l'intera Ue quando si tratta dell'introduzione di possibili restrizioni all'ingresso", ha detto il governo svedese in un comunicato.
L'Ue di nuovo di fronte al problema Serbia - Serbia e Kosovo si sono trovati nuovamente sull'orlo di una guerra la scorsa settimana, dopo che Belgrado aveva messo il suo esercito in stato di massima allerta da combattimento. Martedì il presidente serbo, Aleksandar Vučić, aveva accusato il Kosovo di prepararsi ad attaccare i serbi nel nord e, ricorrendo alla retorica putiniana, promesso di "proteggere il nostro popolo". Le pressioni di Unione europea e Stati Uniti, nonché alcune concessioni del premier kosovaro, Albin Kurti, hanno permesso di calmare un po' la situazione. “La diplomazia ha prevalso nella riduzione delle tensioni nel nord del Kosovo. La violenza non può mai essere una soluzione”, ha detto l'Alto rappresentante, Josep Borrell, parlando di “leadership responsabile” del presidente Vučić e del primo ministro Kurti. Ma, se gli ultimi mesi insegnano qualcosa, è che la calma sarà di breve durata. In un editoriale Il Foglio spiega che l'Ue ha un problema Serbia: che sia sulle sanzioni alla Russia o la pace con il Kosovo, prima o poi gli europei dovranno mettere Vučić di fronte a una scelta sul futuro europeo o putiniano del suo paese.
Exxon fa causa all'Ue per la tassa sugli extra profitti - ExxonMobil ha annunciato un ricorso davanti al Tribunale dell'Unione europea contro la tassa sugli extra profitti delle società di idrocarburi adottata dagli stati membri per far fronte alla crisi del prezzo dell'energia. Secondo il colosso petrolifero, il Consiglio - l'istituzione in cui sono rappresentati i governi dei ventisette - non aveva l'autorità legale per imporre una nuova tassa usando i poteri emergenziali previsti dal trattato. La Commissione ha scelto come base giuridica l'articolo 122, che prevede la possibilità di adottare, “in uno spirito di solidarietà tra stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, qualora sorgano gravi difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell'energia". Ma il settore fiscale è regolato da un altro articolo del trattato, il 113, che impone deliberazioni all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo. La Commissione di Ursula von der Leyen ha scelto di chiamarla “prelievo di solidarietà”, dando un carattere molto politico alla tassa: con i prezzi di petrolio e gas alle stelle i colossi degli idrocarburi fanno enormi profitti e devono dare il loro contributo. In un editoriale Il Foglio spiega che ci sarebbero state buone ragioni economiche e geopolitiche per essere prudenti su una tassa che è al limite del populismo.
Il calendario
Martedì 3 gennaio
• Commissione: discorso della commissaria Simson alla Tallinn University of Technology
• Eurostat: dati sui soggiorni di breve periodo offerti dalle piattaforme dell'economia collaborativa nel secondo trimestre del 2022
Giovedì 5 gennaio
• Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
• Eurostat: prezzi della produzione industriale a novembre 2022; prezzi dei servizi nel terzo trimestre del 2022; permessi di costruzioni nel terzo trimestre del 2022; turnover industriale a ottobre 2022; dati sul commercio di sci e snowboard nel 2021
Venerdì 6 gennaio
• Commissione: la commissaria Simson partecipa a un seminario sull'energia organizzato dal ministero degli Esteri dell'Estonia
• Eurostat: stima flash dell'inflazione a dicembre 2022; dati sul commercio al dettaglio a novembre 2022; produzione dei servizi a ottobre 2022
Domenica 8 gennaio
• Commissione: discorso della commissaria Johansson alla Security Conference 2023 di Sälen in Svezia
Da -
https://mailchi.mp/ilfoglio/anno-conferma-democrazie?e=fbfc868b87