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« inserito:: Agosto 29, 2022, 05:29:18 pm » |
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Gustavo de Paredes Han pasado seis meses desde que Rusia inició la invasión en Ucrania, acto que para algunos comenzó en 2014, con la anexión de Crimea mediante un referendo legitimado por el Kremlin. La ofensiva militar contra Ucrania ―considerada la más fuerte contra un país europeo desde la Segunda Guerra Mundial― no es producto de la casualidad. Desde los años 90, el gobierno ruso ha visto con enfado y suspicacia cómo la OTAN, alentada por los Estados Unidos, ha acogido a naciones que antes eran parte del Pacto de Varsovia. En la actualidad, Polonia, Bulgaria, Rumania, la República Checa, y algunos países más, en otra época plegados a las decisiones del Kremlin, forman parte de la OTAN. Al inicio de la invasión rusa a Ucrania, los indicadores apuntaban a que sería rápida y contundente. Sin embargo, la decidida repuesta de esta pequeña nación, respaldada militar y financieramente por la OTAN, ha cambiado tal percepción y ahora se piensa que el conflicto se prolongará por tiempo indefinido, siguiendo los pasos de lo sucedido en Vietnam o Afganistán. Numerosos expertos en política internacional consideran que mientras más se extienda la guerra, mayores serán las tensiones y el riesgo de que se usen armas químicas o nucleares para terminarla. Esta versión se apoya, por una parte, en las reiteradas advertencias y acusaciones del presidente Putin contra la OTAN y la Unión Europea; y por otra, en las debilidades que comienzan a mostrar el ejército ruso, cada vez más necesitado de armamento y pertrechos, el gobierno mismo, confrontado en la toma de decisiones, y el pueblo ruso, afectado por las sanciones financieras y comerciales de Occidente. Es cierto que la ausencia de resultados en la mesa de negociaciones concita el surgimiento de juicios catastróficos y escenarios apocalípticos. Pese a ello, es necesario observar a los mecanismos políticos y diplomáticos como los más adecuados para zanjar el conflicto. También es necesario reflexionar que el presidente ruso, pese a su inocultable megalomanía, no es un suicida. En esa línea, existe la posibilidad de que el conflicto finalice con el uso de la misma fórmula que se aplicó con Crimea: un referendo que decida la anexión del Donbás, región pro-rusa que desde hace años ha buscado independizarse de Ucrania, que conserva el orgullo de haber sido uno de los motores industriales más potentes de la URSS, y a la que Putin espera con brazos abiertos, sonrisas largas y sueños expansivos.
Traduzione in italiano.
Sono passati sei mesi da quando la Russia ha iniziato l'invasione in Ucraina, atto che per alcuni è iniziato nel 2014, con l'annessione della Crimea attraverso un referendum legittimato dal Cremlino. L'offensiva militare contro l'Ucraina ―considerata la più forte contro un paese europeo dalla Seconda Guerra Mondiale ― non è il prodotto del caso. Fin dagli anni '90, il governo russo ha visto con rabbia e sospetto come la NATO, incoraggiata dagli Stati Uniti, abbia accolto nazioni che prima facevano parte del Patto di Varsavia. Attualmente Polonia, Bulgaria, Romania, Repubblica ceca e alcuni altri paesi, in un'altra epoca piegati alle decisioni del Cremlino, fanno parte della NATO. All'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, gli indicatori indicavano che sarebbe stata rapida e forte. Tuttavia, la risoluta risposta di questa piccola nazione, sostenuta militare e finanziariamente dalla NATO, ha cambiato tale percezione e ora si pensa che il conflitto si protrarrà per un tempo indefinito, seguendo le orme di quanto è accaduto in Vietnam o Afghanistan. Numerosi esperti di politica internazionale considerano che più si diffonde la guerra, maggiori saranno le tensioni e il rischio che vengano usate armi chimiche o nucleari per porvi fine. Questa versione si appoggia, da un lato, sui ripetuti avvertimenti e accuse del presidente Putin contro la NATO e l'Unione Europea; dall'altro, sulle debolezze che iniziano a mostrare l'esercito russo, sempre più bisognoso di armamenti e pertretti, il governo stesso, affrontato nella processo decisionale, e il popolo russo, colpito dalle sanzioni finanziarie e commerciali dell'Occidente. È vero che l'assenza di risultati al tavolo dei negoziati comporta l'emergere di giudizi catastrofici e scenari apocalittici. Ciononostante, è necessario osservare i meccanismi politici e diplomatici come i più adatti per risolvere il conflitto. È anche necessario riflettere sul fatto che il presidente russo, nonostante la sua inoculabile megalomania, non è un suicida. In questa linea, c'è la possibilità che il conflitto finisca con l'uso della stessa formula applicata con la Crimea: un referendum che decida l'annessione del Donbas, regione filo-russa che da anni cerca di essere indipendente dall'Ucraina, che con serva l'orgoglio di esserlo stato dei motori industriali più potenti dell'URSS, e che Putin aspetta a braccia aperte, sorrisi lunghi e sogni espansivi.
da FB del 29 agosto 2022
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