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Autore Discussione: KRISTALINA GEORGIEVA Giù le armi dagli operatori umanitari  (Letto 2193 volte)
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« inserito:: Agosto 21, 2010, 06:15:24 pm »

19/8/2010

Giù le armi dagli operatori umanitari
   
KRISTALINA GEORGIEVA*


Caro direttore,
gli operatori umanitari svolgono un mestiere difficile - e in questi giorni li vediamo operare in mezzo a incendi e inondazioni. Il compito più pericoloso, però, spetta a chi è impegnato in zone di guerra. Sapevate che l’anno scorso ci sono stati più morti sul campo tra gli operatori umanitari che nel contingente di pace Onu? Sapevate che nell’arco di un decennio il numero di uomini e donne che hanno perso la vita nel prestare aiuti umanitari è triplicato - da 30 a 102 tra il 1999 e il 2009 - e che il numero dei sequestri di persona è aumentato da 20 a 92?

Prima che assumessi l’incarico di Commissaria dell’Unione europea per gli aiuti umanitari questi dati mi erano sconosciuti. Da allora ho visitato molti luoghi in cui la gente è quotidianamente alle prese con rischi legati alla propria incolumità e sicurezza personale. Lo scorso giugno mi sono recata nelle zone del Darfur interessate da progetti d’aiuto umanitario finanziati dall’Ue. Ho incontrato operatori umanitari nella città di Nyala, una delle rare località del Darfur a esser considerata, per loro, relativamente sicura. Due giorni dopo la mia visita, due membri del personale umanitario impegnato nella zona sono stati rapiti nei locali del loro stesso quartier generale. Per fortuna sono stati poi rilasciati, ma le preoccupazioni in materia di sicurezza personale nella zona in cui essi operano restano serie.

Oggi l’azione umanitaria è sempre più esposta ai rischi di sicurezza - vessazioni, minacce, sequestri e addirittura uccisioni. Solo un paio di giorni fa 8 operatori umanitari stranieri sono stati brutalmente assassinati in Afghanistan. In un altro attentato a sangue freddo avvenuto nel corso di quest’anno in Pakistan sono stati uccisi sei operatori. Erano professionisti e non hanno certo perso la vita per imprudenza. La triste verità è che, con l’andar del tempo, essi sono diventati dei bersagli premeditati.

Originariamente la protezione degli operatori umanitari si basava sulla loro «accettazione» da parte dei belligeranti, in linea con l’applicazione rigorosa dei principi umanitari di neutralità, indipendenza e non discriminazione. Tale accettazione, tuttavia, è sempre più contestata negli attuali conflitti. A volte gli operatori umanitari sono presi di mira poiché considerati «testimoni oculari» scomodi di atrocità perpetrate contro i civili, ad esempio nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo. In altri casi ciò rientra in un preciso piano politico e ideologico, come avviene in Afghanistan. In alcune aree, inoltre, il sequestro di operatori umanitari è diventato un’attività economica redditizia. Indipendentemente dai motivi di fondo, tutti questi atti non causano solo danno alle persone, ma minano anche la nostra stessa fiducia nei valori universali di umanità e solidarietà - a prescindere da considerazioni religiose, culturali, razziali o politiche.

Di fatto, le zone più pericolose per gli operatori umanitari, quali l’Afghanistan, la Somalia e il Sudan, sono anche quelle in cui maggiori sono le esigenze umanitarie. Con il continuo restringersi dei loro margini di manovra, si trovano spesso di fronte a un angoscioso dilemma morale: continuare a fungere da ancora di salvezza per le vittime o proteggere le loro stesse vite? È questo il motivo per cui noi dobbiamo a queste persone ben più di una semplice espressione di solidarietà e ammirazione per l’impegno e il coraggio dimostrati. Dobbiamo loro un’azione forte a livello internazionale per cambiare le prospettive - e con esse i dati statistici - di uno dei mestieri più pericolosi al mondo. Nella sua veste di donatore umanitario e attore politico di primo piano, l’Europa intende assumersi in pieno le sue responsabilità.

In settembre l’Ue presenterà all’Assemblea generale delle Nazioni Unite un progetto di risoluzione sull’incolumità e la sicurezza degli operatori umanitari e sulla protezione del personale delle Nazioni Unite. Lavoreremo di concerto con le altre parti negoziali per garantire il più alto livello possibile di impegno collettivo nei confronti di questa risoluzione Onu e ai fini di una sua efficace attuazione in loco. Amplieremo il sostegno politico, tecnico e finanziario a favore dei nostri partner umanitari (agenzie Onu, Croce Rossa/Mezzaluna Rossa, Ong) per il miglioramento della loro sicurezza e protezione. Stiamo facendo - e continueremo a fare - tutto il possibile per promuovere azioni preventive, quali la divulgazione del diritto umanitario internazionale tra le parti in conflitto o l’elaborazione di protocolli di informazione pratica in materia di sicurezza e, qualora tutto ciò fallisse e fossero commessi crimini contro operatori umanitari, allora adotteremmo misure punitive severe. L’uso di armi contro gli operatori umanitari è un crimine di guerra secondo le convenzioni internazionali. Qualunque atto criminale nei loro confronti deve pertanto essere punito - non solo come atto di giustizia, ma anche come forte strumento deterrente nella lotta contro l’impunità.

La Giornata mondiale degli aiuti umanitari, che si celebra oggi, è il momento opportuno per rendere omaggio a tutti quegli uomini e donne che mettono a repentaglio la loro vita per salvare quella di chi ha bisogno d’aiuto. Uno striscione posto sull’edificio della Commissione europea a Bruxelles segnerà l’inizio di una campagna europea dal titolo «Giù le armi! Sono un operatore umanitario», mirante a sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità sui pericoli e le difficoltà cui devono far fronte gli operatori umanitari. Non possiamo assolutamente lasciare che queste persone vengano uccise, perché con esse si spengono anche la fiducia e la speranza nel genere umano. Giù le armi! Siamo operatori umanitari.

*Commissaria europea per la cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi

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