Motivazione a cambiare
Cinzia insegna da quando aveva 23 anni, ha due figli "unici di 12 e 24 anni, accuratamente distanziati"
Cinzia Botta, 56 anni, prof di ruolo da 28, insegna Italiano e Latino al Liceo Gobetti di Torino
“Insegno da tanto tempo e non ho mai smesso di studiare. Questo il bello, anzi, senza iperbole, il meraviglioso dell'insegnamento per me. Anni di vita trascorsi (anche) così, non mi hanno logorata, né tediata, né resa risentita o delusa. E qualcosa di simile all'entusiasmo mi ha invasa proprio in questo anno per molti versi catastrofico per l'umanità intera: travolta, così è parso, da una perturbazione totale del modo di vivere. L'entusiasmo cui mi riferisco mi ha pervasa quando ho capito quanta libertà di sperimentare mi concedesse la nuova contingenza".
"Mi sono lanciata a capofitto in una didattica nota da anni, definita classe capovolta, approfondendone la conoscenza e adattandola alla mia formazione, alla mia visione del mondo e della scuola, al mio progetto individuale (sogno lo definisce Danilo Dolci) che riguarda ogni studente affidatomi. La didattica capovolta è, per quanto ho potuto constatare in questa contingenza, quello che ci vuole per rendere entusiasmante per tutti insegnamento e apprendimento. Per il modo in cui è concepita, rende possibile restituire centralità, come si scrive spesso, senza costrutto, nei nostri Piani triennali dell’offerta formativa, al pensiero critico, il grande assente dalle scuole di ogni ordine e grado, conquistate dalla retorica di un insegnamento uguale per tutti".
"In perfetta contraddizione col fatto che gli stili cognitivi siano tanti (per fortuna), come le dotazioni di talenti, e che le idee si nutrano tra l'altro di contraddizioni, di varietà e di confronti, di stimoli colti attraverso discussioni condotte nel rispetto reciproco, animati dal desiderio di capire prima di ribattere, di pensare prima di parlare, di meditare e di lasciar modo alla riflessione di far maturare e rendere proficue per tutti le acquisizioni raggiunte".
"La didattica capovolta sovverte, tra l’altro, un rapporto convenzionale e cristallizzato: l'insegnante che discetta e l'allievo che ripete, nella migliore delle ipotesi, senza contributi, senza domande vere (quelle che non prevedono già la risposta), senza il disegno comune di andare da qualche parte insieme, una parte nuova, diversa, non già tracciata e ripetuta. Ebbene, questa è la mia lettera di motivazione per l'anno che verrà. Al centro della motivazione ci sono i desideri, e senza questi nessuno può essere una buona guida. Per quanto momentanea e interscambiabile essa sia".
7 commenti
3 ore fa
Patrizia Manni
Ecco: in questa maniera credo si possa tirar fuori da ogni allievo e da ogni Maestro quello che vale, quello che fa maturare. BRAVA, quando ho trovato Insegnanti così sono cresciuta nella vita. AUGURI
4 ore fa
Salvatore Del Vecchio
Complimenti alla prof Cinzia Botta per l'incipit della sua riflessione e per l'entusiasmo che esprime nel descrivere il suo lavoro: uno dei più belli assieme a quello del medico che in genere cura solo il corpo.
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4 ore fa
Angela Stellacci
Condivido interamente le idee di Cinzia: anch'io ho sperimentato nuove forme di didattica che hanno dato la possibilità, per assurdo, ai ragazzi in difficoltà di esprimersi e realizzarsi più liberamente rispetto alla didattica tradizionale. Tuttavia direi di utilizzare il meglio di ciascuna pratica, considerando che il nuovo non rinnega necessariamente il vecchio.
4 ore fa
Apostolos Petratos
Cara Cinzia grazie per il modo gioioso di raccontarci la sua d'insegnante restituendo alla sua esperienza il valore essenziale che la caratterizza. Mi ha fatto piacere il ricordo di Danilo Dolci e del suo approccio maieutico all'affrancamento dalle forze che opprimono l'uomo. La didattica capovolta richiede grande amore per il lavoro con e per i ragazzi. Molte altre attività si dovrebbero ispirare a questo e a simili approcci. Spesso su questa rubrica si è parlato della Sanità. Se i medici e in generale gli operatori sanitari vedessero l'importanza di non interrompere mai lo studio mentre esercitano la loro professione, sono sicuro che i risultati sarebbero molto incoraggianti. Il rapporto di rispetto reciproco tra questi e i pazienti ne guadagnerebbe tanto. Insegnamento con amore ed entusiasmo ed esercizio dell'attività medica con al centro sempre e comunque il malato, anche se ambiti diversi, contribuirebbero a farci vivere meglio.
6 ore fa
Franco Bifani
Non sono convinto che il nuovo sistema di didattica possa indurre un cambiamento radicale positivo
nei metodi di insegnamento. Penso che possa essere un utile complemento audiovisivo della
didattica tradizionale, cui venire affiancato, ma non da sostituirla per intero.
Da migliaia di anni, la figura del maestro, fisicamente presente, con tutti i suoi pregi e difetti, tra isuoi allievi, rimane, per me, centrale e insostituibile, specie se al suo posto deve comparire un gelido schermo di PC. Una lezione telematica può e deve essere integrativa, non sostitutiva, di quella tra docente ed allievi n carne ed ossa. Il che non significa una misera lezione frontale a base di blabla da ripetere a pappagallo, ma suscitatrice di input e curiosità di approfondimento ed ulteriore ricerca.
3 ore fa
Cristina Picciolini
Sono d'accordo, la scuola è anche teatro dove si impara a rispettare i ruoli, e dove c'è la bellezza di sentirsi qualche volta protagonisti e altre volte antagonisti.
2 ore fa
Franco Bifani
Preferisco pensare ad una scuola dove tutti siano protagonisti, e nessuno antagonista. Si cresce insieme, maestri, prof, alunni. Si impara tanto, reciprocamente, nessun adulto è perfetto ed imperfettibile. In quasi 40 anni di insegnamento, i miei alunni mi hanno trasmesso tante cose, c’era un doppio binario a due sensi, tra me e loro. Ho 75 anni, me li ricordo tutti, specie quelli delle serali, dove io avevo vent’anni e loro il doppio.
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