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Autore Discussione: Quel che ci racconta il Dna trovato nei libri medievali  (Letto 1760 volte)
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« inserito:: Febbraio 10, 2020, 10:32:42 am »

Quel che ci racconta il Dna trovato nei libri medievali Quel che ci racconta il Dna trovato nei libri medievali
The York Gospels (Credit: York Minster)

Dall'idea di uno scienziato emerge un affresco bio-artistico-letterario in cui si intrecciano i Dna di tutte le specie e i virus di cui soffrivano, le tecniche amanuensi e le migrazioni delle mandrie e degli esseri umani, le tragedie, le carestie e le pestilenze con le tecniche librarie e queste con la letteratura. Tutte da studiare

Di PAOLO PONTONIERE
28 gennaio 2020

SAN FRANCISCO - A guardarli non lo si direbbe ma i libri medioevali celano tutti un segreto, una seconda storia nascosta dietro quella scritta dagli amanuensi. E' una storia assai singolare: fatta di pelli, di Dna umano e animale, di virus, migrazioni e fenomeni climatici. La scoperta appartiene a Matthew Collins, un archeologo biomolecolare dell'università di York autore con un gruppo di ricercatori francesi, irlandesi e statunitensi di The York Gospels: a one thousand year biological palimpsest, (I Vangeli di York; un palinsesto biologico di mille anni) un articolo appena pubblicato dal giornale scientifico Royal Society. "Quei documenti sono una sorgente inimmaginabile di informazioni biologiche", ha affermato entusiasta Collins, che ha passato gli ultimi 5 anni studiando anche una edizione medioevale del Vangelo Secondo Luca, "sono un cassa piena di dati molecolari. Un tesoro". L'idea di fare l'analisi del Dna ai libri medioevali può sembrare balzana, ma nei fatti - dal momento che sono stampati per la gran parte su pelle animale e sono stati smaneggiati, abbracciati, baciati da migliaia di persone nei mille a passa anni dalla loro creazione - la pensata è tutt'altro che bizzarra.

Come spesso accade, un'idea brillante scaturisce da un sonoro fallimento. In questo caso l'impossibilità di estrarre il Dna dalle ossa di reperti animali trovati da un gruppo di archeologi inglesi durante gli scavi di un antico accampamento vichingo. Sebbene il sito avesse prodotto migliaia di reperti ossei e i ricercatori ne avessero triturati una buona parte, solo sette ossa avevano prodotto un po' di Dna. "Troppo poco per essere significativo dal punto di vista statistico", aveva lamentato Collins, che insegna alla York University di Toronto, Canada. Da li, però, a spostare la sua attenzione verso pergamene e libri medioevali il passo è stato breve. Considerando che sono scritti su pelli di mucca, pecora, di cervo, di capra o di daino, quei documenti rappresentano migliaia di mandrie animali, tutte pronte ad essere analizzate sugli scaffali delle biblioteche. Per studiare la genetica dei ceppi animali, quindi, non bisognava nemmeno più recarsi a scavare sul campo. Il ragionamento non faceva e non fa una piega. Eccetto che oltre al Dna degli animali, dalle briciole di patina secolare ottenute strofinando le pagine dei documenti con un cancellino, i ricercatori hanno anche tratto il Dna di tutti coloro che hanno lavorato, toccato, baciato, pianto e quant'altro sui documenti millenari.

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Ne sta emergendo un affresco bio-artistico-letterario di proporzioni inaspettate. Vi si intrecciano fattori che prima sembravano non correlati come il Dna di tutte le specie e i virus di cui soffrivano, le tecniche amanuensi e le migrazioni delle mandrie e degli esseri umani, le tragedie, le carestie e le pestilenze con le tecniche librarie e queste con la letteratura, spalancando così un orizzonte biologico allo studio della storia, delle arti e della letteratura. Collins adesso sta analizzando i Vangeli di York (The York Gospels), un libro sacro della Chiesa d'Inghilterra prodotto più di mille anni fa e che ancora oggi gli Arcivescovi di York usano per far giurare fedeltà alla chiesa Anglicana. Il giuramento prevede che i vescovi debbano baciarne le pagine consegnando di conseguenza anche loro un frammento di Dna alla collezione di dati genetici preesistente diventando pure loro collaboratori nella scrittura di una seconda storia nascosta dietro quella scritta dagli amanuensi.

"E' una scoperta che spalanca le porte di quel mondo fatto di monaci, cavalieri, scrivani, poeti, damigelle e mercanti che popolavano l'Europa durante il Medio Evo e che hanno toccato i documenti", ha affermato Timothy Stinson, studioso di poesia medioevale all'Università della Carolina del Nord. Una delle scoperte correlate ai Vangeli di York è quella di una potenziale moria dei cervi che deve aver afflitto la Gran Bretagna intorno all'anno milledue, e che fu risolta solo con l'importazione di un'altra specie di cervi dal continente Europeo da parte degli invasori normanni.

Dei circa 5000 manoscritti e pergamene studiati fino ad ora dal team di Collins e da altri ricercatori è emersa una abbondanza di indizi da permettere addirittura di stabilire le infezioni virali di coloro che li maneggiavano e, derivandolo dall'età del manoscritto, l'anno dell'infezione, dando così anche un'idea dell'evoluzione di batteri come lo Staffilococco aureo e il Propionibacterium. Il primo alberga per lo più nel naso ed coinvolto nella gran parte delle infezioni del tratto respiratorio e il secondo caratterizza eruzioni di acne. La stessa cosa sta accadendo per la comprensione delle modificazioni nell'etnia delle persone che hanno usato i vari documenti nel corso del tempo.
Anche il Dna dei vermi che ne hanno corrotto le pagine è servito a amplaire il livello di conoscenza di conoscenza dei ricercatori. Nel caso dei Vangeli di Luca, per esempio, è servito a stabilire che il libro era stato prodotto in Nord Europa piuttosto che in Europa meridionale come si era inizialmente pensato. L'analisi del Dna ha infatti rivelato che si trattava di vermi di Anobium punctatum, una specie di coleottero carattteristica della Gran Bretagna e dei paesi scandinavi.  "Il Dna dei vermi ci fornisce indizi relativi alla data e il luogo di origine dei manoscritti e dove e come sono stati trasportati", ha spiegato Stephen Blair Hedges, biologo evolutivo della Temple University di Filadelfia e membro del team di Collins.

Ma sebbene sia stato il primo a condurre questo tipo di analisi su larga scala, Collins non è il primo ricercatore a ricavare Dna dalle pergamene. A precederlo era stato proprio Stintson, allora professore di inglese alla North Carolina State University. Nel 2009 aveva pubblicato un articolo sull'argomento. E sebbene fosse riuscito a dimostrare con l'aiuto del fratello biologo che la cosa era fattibile, Stintson non era riuscito ad ottenere finanziamenti per passare dalla teoria alla pratica. Purtroppo il carattere interdisciplinare della sua ricerca è stato un freno. Stintson ha dovuto attendere che Collins ricevesse un sostanzioso finanziamento dall'Unione Europea per rientrare in gara con il suo gruppo e su obbiettivi ben più ambiziosi, come per esempio raccogliere il Dna di scienziati come Isaac Newton, che durante la sua vita aveva prodotto una sostanziosa collezione di quaderni d'appunti. Tutti da studiare
 
Da - https://www.repubblica.it/scienze/2020/01/28/news/caccia_al_dna_dei_libri_medievali-246990415/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_31-01-2020
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