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Autore Discussione: BEDA Romano. - Draghi: tassi cresciuti solo in Italia  (Letto 2037 volte)
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« inserito:: Settembre 28, 2018, 12:36:47 pm »

DOPO LE DICHIARAZIONI DEL GOVERNO

Draghi: tassi cresciuti solo in Italia

«Interessi su di 20 punti per pmi e consumatori e di 64 per le grandi imprese»

BRUXELLES
In un momento di nervosismo nella maggioranza che sostiene il governo Conte quanto alla prossima Finanziaria, il presidente della Bce Mario Draghi è tornato ieri a dirsi preoccupato da un dibattito che ha un impatto notevole sui mercati finanziari e quindi sul costo del debito per imprese e famiglie.
«Come ho detto la settimana scorsa – ha spiegato il banchiere centrale, rispondendo a una domanda dinanzi al Parlamento europeo qui a Bruxelles -, occorre aspettare i fatti, ovvero la presentazione del disegno di legge di bilancio e la discussione parlamentare. Entrambi sono importanti e delicati. Ho detto (di recente, ndr) che le parole hanno fatto danni perché le famiglie e le imprese pagano tassi più alti di quelli di prima».
Il presidente dell’istituto monetario ha offerto ai deputati europei interessanti cifre: da aprile in poi – ossia sulla scia delle elezioni legislative del 4 marzo – le banche hanno aumentato il costo dei prestiti alle piccole imprese e alle famiglie (credito al consumo) di circa 20 punti base. Per quanto riguarda le emissioni obbligazionarie delle grandi imprese, sempre in Italia i costi sono aumentati di 64 punti base.
«Non sono solo i tassi del credito bancario ad essere aumentati – ha aggiunto - ma sono diventate più esigenti le condizioni relative alle garanzie e alle clausole contrattuali. Questa è la situazione. Mentre le imprese degli altri paesi continuano a pagare tassi che erano quelli di prima, forse anche più bassi». Draghi ha imputato l’aumento dei tassi a un dibattito di politica economica dall’esito incerto e dai propositi poco rassicuranti per un paese indebitato come l’Italia.
Sul fronte di politica monetaria, il banchiere centrale ha poi notato un aumento dell’inflazione «relativamente vigoroso» nella zona euro, prevedendo un incremento medio annuo dei prezzi dell’1,7% ogni anno da qui al 2020. Infine, ha negato favoritismi all’Italia: «La Bce non ha fornito prestiti, la Bce ha comprato i titoli sovrani in ogni Paese a seconda della chiave di sottoscrizione dei capitali della Bce, facciamo una politica monetaria in tutti Paesi, non in uno o in un altro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Beda Romano

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« Risposta #1 inserito:: Novembre 18, 2018, 10:59:48 pm »

I FATTI DEL GIORNO 18 Novembre 2018 Il Sole 24 Ore domenica

Il meccanismo di stabilità al centro della riforma dell’euro

Domani l’Eurogruppo. L’Unione bancaria potrebbe fare passi avanti mentre si creano le basi per un compromesso: il bilancio della zona euro in cambio di un ruolo dell’Esm sui conti pubblici

BRUXELLES
Tra accelerazioni e frenate, il tema della riforma della zona euro tornerà domani sul tavolo dei ministri delle Finanze a Bruxelles durante una riunione straordinaria in vista del summit europeo di metà dicembre che dovrebbe negli obiettivi dei paesi membri mettere nero su bianco il futuro dell'unione monetaria. Il tentativo è di serrare i ranghi in un contesto internazionale molto incerto. Anche su questo fronte, come sul versante del bilancio, l’Italia appare isolata, se non assente.
L’agenda dell'incontro prevede che vengano discussi alcuni temi specifici. Prima di tutto, l’unione bancaria, vale a dire la riduzione dei rischi nei bilanci creditizi, la messa a disposizione di liquidità di emergenza nel caso di ristrutturazione bancaria, e la nascita di un paracadute per il Fondo di risoluzione bancaria che dovrebbe essere in ultima analisi il Meccanismo europeo di Stabilità (Esm). Inoltre, i ministri discuteranno anche di una riforma di quest'ultima istituzione. L’idea di una assicurazione dei depositi è invece per ora congelata, perché troppo controversa.
Le proposte si moltiplicano, si accavallano, e molte di queste rischiano di non piacere all'attuale maggioranza di governo in Italia. Tre aspetti in particolare potrebbero rivelarsi indigeribili a Roma. Il primo è quello fatto circolare venerdì sera dai governi di Francia e Germania che si sono finalmente messi d'accordo su una proposta di bilancio della zona euro, da integrare nel bilancio comunitario attualmente in discussione.
L’intesa è giunta a sorpresa, tenuto conto della freddezza tedesca all’idea francese, ed è probabilmente il risultato delle forti pressioni di Parigi su Berlino perché il presidente Emmanuel Macron possa sbandierare un proprio successo a pochi mesi dal voto europeo. Tra le altre cose, nel documento di due pagine, si legge: «I Paesi membri (…) potranno ricevere sostegno dal bilancio della zona euro solo se adottano politiche in rispetto dei loro obblighi secondo il quadro di coordinamento delle politiche economiche europee, incluse le regole di bilancio».
In un momento in cui la Finanziaria italiana per il 2019 rischia di far scattare una procedura per debito eccessivo, è facile immaginare la posizione italiana. Il secondo aspetto, che rischia di non piacere all’Italia, riguarda l’idea di introdurre nei contratti obbligazionari clausole per facilitare la ristrutturazione del debito (single limb collective action clauses, in inglese). «L'ipotesi – diceva venerdì un alto funzionario europeo qui a Bruxelles – riceve molto sostegno, ma è controversa».
Infine, il terzo tema è quello relativo alla trasformazione dell’Esm, dando a questa istituzione un ruolo nell’eventuale ristrutturazione di debiti pubblici non sostenibili. La proposta è stata fatta propria dalla neonata Lega anseatica di alcuni paesi (Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Svezia e Olanda). Quest’ultima se ne sta facendo la porta-bandiera: il ministro delle Finanze Wopke Hoekstra incontrerà nel corso della settimana i suoi omologhi di Belgio, Lussemburgo, Francia e Germania.
Al netto di altri fattori, non si possono escludere compromessi che inducano i paesi a cui non piace l’idea di un bilancio della zona euro di accettare questa ipotesi in cambio di una trasformazione dell’Esm. Più in generale, come non presumere che la dimensione italiana sia presente nel dibattito europeo di queste settimane? Le scelte del governo Conte preoccupano, e al lungo andare potrebbero spingere alcuni paesi ad accelerare sul fronte dell’integrazione per difendere la stabilità della moneta unica. A quel punto l’Italia potrebbe dover decidere veramente da che parte stare.

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Beda Romano

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