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Autore Discussione: Savona ha presentato all'Europa il suo 'Piano A'  (Letto 2579 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Settembre 17, 2018, 12:23:23 pm »

Savona ha presentato all'Europa il suo 'Piano A'
Bce prestatore di ultima istanza, un tetto del deficit "dinamico" e un piano di rimborso del debito a lunga scadenza. Le proposte del ministro per cambiare l'Eurozona e assicurare la sopravvivenza della moneta unica.

Un articolo di Milano Finanza
13 settembre 2018, 09:30

O l'Eurozona diventa una vera unione monetaria, con la Bce che garantisce sempre e comunque i debiti degli Stati membri, o la valuta comune rischia di il collasso. Accusato di voler uscire dall'euro per l'aver sottolineato la necessità di una "exit strategy" qualora si materializzi lo scenario peggiore, il ministro agli Affari Europei ci tiene a chiarire una volta per tutte che la sua nomea di euroscettico è una distorsione e che, anzi, per lui "la moneta unica è indispensabile per il buon funzionamento di un mercato unico". Ma perché l'euro sopravviva l'Europa deve cambiarne il funzionamento, traendo le opportune lezioni dal disastro greco. È questo il famoso "piano A" di Paolo Savona, che ha inviato a Bruxelles un documento dal titolo "Una politeia per un'Europa diversa, più forte e più equa". Politeia, termine che in greco antico indica la comunità di cittadini e il suo legame con lo Stato, non le pure e semplici istituzioni o le norme che esse applicano. Una parola scelta non a caso, per sottolineare la necessità di rinsaldare quel legame tra politica comunitaria e società che in questi anni si è lacerato fino a innescare un risorgere dei nazionalismi. Ma cosa significa in concreto?

Savona, spiega Milano Finanza, chiede di "istituire un Gruppo di lavoro ad alto livello, composto dai rappresentanti degli Stati membri, del Parlamento e della Commissione, che esamini la rispondenza dell'architettura istituzionale europea vigente e della politica economica con gli obiettivi di crescita nella stabilità e di piena occupazione esplicitamente previsti nei Trattati" con lo scopo di "sottoporre al Consiglio europeo prima delle prossime elezioni, suggerimenti utili a perseguire il bene comune". Savona ha già le idee chiare sui mutamenti necessari.

Bce prestatore di ultima istanza
"I divieti posti alla Bce di muoversi in aiuto degli Stati hanno creato condizioni favorevoli alla speculazione, che ha imperversato anche quando questi Stati si comportavano secondo gli impegni. Hanno fatto gravare sulle loro economie costi aggiuntivi in termini di interessi sul debito pubblico e sul credito. Se i poteri di intervento della Bce contro la speculazione fossero veramente pieni, gli spread tra rendimenti dei titoli sovrani si dovrebbero azzerare". Savona vuole in sostanza una banca centrale che, come ogni altra omologa a partire dalla Fed americana, abbia il potere illimitato di garantire il debito delle nazioni, evitando differenziali del costo del debito tra Paesi che condividono la stessa valuta.

Tetto del deficit non più fisso
"Le regole dei disavanzi pubblici non hanno previsto alcuna correzione strutturale delle bilance dei pagamenti correnti, privando il sistema europeo di una rilevante componente di domanda e aggravando la tendenza alla deflazione. Servono investimenti pubblici consistenti, a livello di Unione e di singoli Stati, rispettando una sola regola aurea: la percentuale di disavanzo del bilancio non deve essere superiore al saggio di crescita nominale del Pil che ne risulta". In sostanza, il tetto del massimo rapporto stabilito tra deficit e Pil non dovrà essere fissato al 3% ma oscillerà a seconda della crescita dell'economia.

Un piano di rientro straordinario per il debito
Ma se i Paesi più virtuosi temessero così di dover pagare per chi sfora? "Esistono le soluzioni tecniche per garantire che ciò non avvenga. Si tratta di attivarle in pratica effettuando scelte politiche, come quella di concordare un piano di rimborsi a lunghissima scadenza e ai tassi ufficiali praticati, fornendo una garanzia alla Bce fino al rientro nel parametro del 60% rispetto al Pil, in contropartita di una ipoteca sul gettito fiscale futuro o di proprietà pubbliche in caso di mancato rimborso di una o più rate. Ovviamente tra le clausole di un siffatto accordo vi sarebbe anche quella che il disavanzo di bilancio pubblico si collochi in modo dinamico entro la regola indicata di coerenza rispetto al saggio di crescita nominale del Pil e quindi non comporti un nuovo superamento del rapporto debito pubblico/Pil".
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/economia/paolo_savona_europa_euro_ue_piano_a-4371029/news/2018-09-13/
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 18, 2018, 10:56:44 pm »

«Il governo cerca il dialogo, l’Europa no»

La Commissione dichiara di volere il dialogo con il Governo italiano, ma verba volant, scripta manent. Se dialogo si vuole veramente, e noi lo vogliamo, si deve partire dal nobile discorso pronunciato dal Presidente Mattarella in Svezia, da quello che si può considerare il podio dei Premi Nobel, ivi incluso quello della pace. Il quesito è quale risposta deve dare l’Italia a una nuova caduta della crescita, già insoddisfacente, e a una disoccupazione e una povertà insostenibili?
La risposta implicita da parte dei conservatori di un’Europa che non assolve a tutti i compiti concordati è «colpa vostra che non avete fatto le riforme che avevamo richiesto», ignorando che i destinatari politici non sono più quelli ai quali quelle richieste erano state rivolte e con i quali gli accordi erano stati raggiunti. Lo Stato è naturalmente responsabile del rispetto degli impegni internazionali da chiunque assunti, ma il punto di partenza del dialogo deve restare la questione che l’attuale Governo ha sollevato: «che fare per reagire alla caduta del Pil, di cui l’Italia ha la sola responsabilità di farsi cogliere in un perenne stato di debolezza, e per affrontare i rischi gravi di un aumento della disoccupazione e della povertà?».
La via del dialogo è stata già indicata dal Governo italiano fin dall'inizio di settembre nel documento intitolato “Una politeia per un’Europa diversa, più forte e più equa”.
Esso propone di costituire a Bruxelles un Gruppo di lavoro ad alto livello che invii il messaggio ai cittadini europei che l’Unione sta esaminando i modi per completare l’architettura e le politiche europee, con un respiro più ampio dei negoziati oggi in corso sul tema. Chi continua a ripetere che il Governo intende pilotare l’Italia fuori dall’euro e dall'Unione spera che la situazione peggiori per tentare di recuperare la sconfitta del 4 marzo e si appella al mercato affinché crei ulteriori squilibri, senza dare una risposta ai tre problemi indicati.
La soluzione allo scontro, che doveva essere evitato, passa attraverso una decisione che, come suol dirsi, salvi la faccia di tutte le parti in causa: quella del Governo, che ha indicato una strada per affrontare i tre problemi (caduta della crescita, disoccupazione e povertà), offrendo un luogo di discussione, il citato gruppo ad alto livello; quella della Commissione, che avrebbe dovuto aprire un dialogo diverso dal semplice «rispettate i parametri fiscali»; e quella degli altri Stati Membri che ignorano il problema da affrontare.
Un verba volant è che sarebbero alcuni Stati membri a non volere aprire un dialogo e, quindi, non ci sarebbe spazio per la Commissione di dare avvio alla discussione proposta. I Paesi Bassi e l’Austria si sono espressi a favore di una doverosa procedura di infrazione; se i primi avessero accompagnato la richiesta con l'impegno di riassorbire l'inaudito surplus di bilancia corrente che sottrae crescita all'Unione, e se l'Austria avesse svolto in questo frangente con più equilibrio il suo ruolo istituzionale di Presidenza di turno dell’Ue, forse avrebbero favorito il dialogo.
Il dialogo può essere avviato in forme diverse, utili e razionali, come quello avviato dall'ottima e paziente (nei miei confronti) collega francese Loiseau, che nella sua risposta al documento del Governo mi ha indicato i punti sui quali si poteva discutere. Una pari cortesia, non meno apprezzata, mi è stata usata da altri colleghi europei. Altri, compreso il Presidente Juncker, si sono trincerati in un silenzio che voglio rifiutarmi di considerare mancanza di volontà di dialogo sui veri problemi dell’Unione.
Poiché tutti dichiarano di volere l’Europa unita la strada non può essere se non quella indicata dal Presidente Mattarella nel corso della sua visita in Svezia: dialogare e recuperare l'Esprit d'Europe. L’Italia vuole dialogare. Sta agli altri dimostrare che vogliono occuparsi seriamente del futuro dell'Unione Europea.
La Commissione dichiara di volere il dialogo con il Governo italiano, ma verba volant, scripta manent. Se dialogo si vuole veramente, e noi lo vogliamo, si deve partire dal nobile discorso pronunciato dal Presidente Mattarella in Svezia, da quello che si può considerare il podio dei Premi Nobel, ivi incluso quello della pace. Il quesito è quale risposta deve dare l’Italia a una nuova caduta della crescita, già insoddisfacente, e a una disoccupazione e una povertà insostenibili?
La risposta implicita da parte dei conservatori di un’Europa che non assolve a tutti i compiti concordati è «colpa vostra che non avete fatto le riforme che avevamo richiesto», ignorando che i destinatari politici non sono più quelli ai quali quelle richieste erano state rivolte e con i quali gli accordi erano stati raggiunti. Lo Stato è naturalmente responsabile del rispetto degli impegni internazionali da chiunque assunti, ma il punto di partenza del dialogo deve restare la questione che l’attuale Governo ha sollevato: «che fare per reagire alla caduta del Pil, di cui l’Italia ha la sola responsabilità di farsi cogliere in un perenne stato di debolezza, e per affrontare i rischi gravi di un aumento della disoccupazione e della povertà?».
La via del dialogo è stata già indicata dal Governo italiano fin dall'inizio di settembre nel documento intitolato “Una politeia per un’Europa diversa, più forte e più equa”.

Paolo Savona
Ministro per gli Affari europei
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