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Autore Discussione: Vittorio Malagutti Elezioni, cosa vogliono fare i no euro portati in Parlamento  (Letto 3759 volte)
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« inserito:: Marzo 15, 2018, 10:20:58 am »

Sovranisti d’assalto
Elezioni, cosa vogliono fare i no euro portati in Parlamento da Matteo Salvini

Arrivano alle Camere Borghi e Bagnai, pasdaran del movimento anti moneta unica ed economisti della Lega.
Ecco dove vorrebbero portare l’Italia

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Di Vittorio Malagutti
14 marzo 2018

Poche ore pr ima che un clamoroso successo elettorale lo trasformasse in un deputato della Repubblica, il leghista Claudio Borghi aveva affidato a Facebook la sua profezia. «Se arrivi impreparato alla dissoluzione dell’euro ti fanno nero, quindi io e Alberto siamo lì apposta per metterci in sicurezza». L’Alberto in questione di cognome fa Bagnai e da anni con l’amico Borghi va combattendo la comune battaglia per liberare l’Italia dalle catene della moneta unica europea, raccontata come la causa principale del declino della nostra economia.

Per loro, i più conosciuti tra i profeti del sovranismo nostrano, questi sono i giorni del trionfo. L’onda del successo leghista, del partito nuovo forgiato da Matteo Salvini, li ha portati fin sulla soglia delle istituzioni. Entrambi approdano in Parlamento, eletti nei listini proporzionali del centrodestra, versante Lega. «Il movimento Noeuro ha fatto una cosa epocale», esulta Borghi via Twitter. Difficile dargli torto. Dopo anni di attacchi a testa bassa contro i poteri forti e le élite al soldo di Berlino, adesso i leader di un movimento cresciuto a suon di promesse si sentono a un passo dal governo, dove, per la prima volta, avrebbero la possibilità concreta di cambiare le regole del gioco.

Il risultato delle urne lascia aperte diverse possibilità che, giorno dopo giorno, si concretizzano o vengono superate dai fatti. In questo articolo, che aggiorneremo per tutto il mese, cerchiamo di rispondere a tutti i dubbi
Il nemico è noto. L’economista Bagnai, professore ordinario all’università di Pescara, un paio di settimane fa ha scritto nel suo seguitissimo blog “Goofynomics” che l’europeismo è «la più fascista e insulsa delle ideologie». Calato nel mondo dell’economia, della competizione tra Stati, delle monete e dell’alta finanza, il tormentone salviniano “prima gli italiani” è diventato il denominatore comune degli slogan contro la casta che ha svenduto a Bruxelles l’interesse nazionale. Nel programma della Lega, l’Unione europea viene descritta come «un gigantesco ente sovranazionale privo di una vera legittimazione democratica (…) che detta l’agenda ai nostri governi anche a scapito della tutela fisica ed economica dei cittadini». Se queste sono le premesse, la conclusione non può che essere una: bisogna uscire al più presto da una gabbia in cui siamo stati rinchiusi senza che lo volessimo. Solo a questa condizione, l’Italia finalmente liberata potrà riprendere a crescere.

«Si può fare», ripetono da anni Bagnai e Borghi scontrandosi con lo scetticismo della maggioranza degli economisti e dei politici. E a chi tra gli addetti ai lavori paventava i rischi di un salto nel buio, con costi insostenibili per il nostro debito pubblico, entrambi hanno sempre opposto le virtù taumaturgiche del ritorno alla moneta sovrana, cioè sotto il diretto controllo di Roma. In una delle tante interviste rilasciate durante la campagna elettorale, Bagnai ha spiegato che «Polonia, Svezia e Regno Unito hanno affrontato e superato gravi difficoltà economiche senza avere problemi di spread perché quei Paesi hanno una moneta sotto il loro controllo e se serve la stampano». L’euro, quindi, è una calamità perché toglie al governo la flessibilità necessaria per gestire le crisi, che vengono risolte a spese dei lavoratori, tagliando i salari reali.

Armando Siri, l’ideologo dell’aliquota unica al 15 per cento, ha patteggiato una condanna a un anno e 8 mesi per un crac. Due società in cui il guru del leader leghista ha avuto ruoli di spicco hanno trasferito la sede legale in un paradiso fiscale. E uno dei suoi soci è indagato dall'antimafia di Reggio Calabria
Nella visione sovranista il nemico sta a Berlino, che ha usato la moneta unica per rafforzare il proprio potere dentro la Ue e battere la concorrenza di Paesi come l’Italia. Gli attacchi all’Unione europea, insieme all’abolizione della legge Fornero e alla flat tax al 15 per cento, sono stati i tre cavalli vincenti della campagna elettorale di Salvini. Secondo molti analisti avrebbero portato addirittura più voti della polemica contro l’immigrazione incontrollata. E poco importa se quasi tutti gli studi in proposito segnalano che i costi della riforma delle pensioni targata Lega sarebbero insostenibili per il bilancio dello Stato. Per non parlare delle ricette fiscali.

Quanto all’euro, non ci sono alternative: per Bagnai e Borghi bisogna sganciarsi il prima possibile dal treno europeo, che ci porta fatalmente al disastro. Individuata la meta, resta da capire quale sarà il percorso per arrivarci, i tempi e i modi del viaggio verso la ritrovata sovranità. Lunedì 5 marzo, ad urne appena chiuse, Salvini ha affrontato l’argomento scegliendo con cura le parole.

Il leader leghista, nei panni di presidente del Consiglio in pectore, ha detto che «al governo lavoreremo per cambiare alcuni trattati europei, togliere alcuni vincoli (…) e vedremo quali tra le altre forze politiche condivide la nostra voglia di avere un’Europa più forte su alcuni temi e di lasciare maggior libertà ai popoli su altri». E l’euro? «Abbiamo ben chiaro in testa - ha scandito Salvini - che il sistema della moneta unica è destinato a fallire e quindi vogliamo arrivare preparati a quel momento». Una preoccupazione condivisibile.

Il voto del 4 marzo non fornisce una maggioranza parlamentare chiara. Per questo gli scenari del dopo voto sono molto diversi tra loro. Scegliete quello che preferite
Chi può permettersi di vivere alla giornata, se davvero l’impalcatura monetaria su cui si regge l’economia europea è destinata a crollare miseramente? Allacciare le cinture di sicurezza in vista dello schianto appare prima di tutto come una scelta di buon senso. Un conto, però, è attrezzarsi per un evento collocato in un futuro non meglio definito. Altra cosa invece è provocare quell’evento, battersi perché finalmente l’euro finisca nello sgabuzzino della storia. Precisamente questa è la promessa su cui da sempre si fonda tutta la battaglia dei sovranisti all’italiana. E qui l’orizzonte si fa più confuso, nonostante un successo elettorale che a prima vista sembra aprire prospettive inaspettate.

Da una parte c’è l’alleato Silvio Berlusconi, lo stesso che in campagna elettorale si è precipitato a Bruxelles a incassare il sostegno dei vertici del Partito Popolare Europeo, quello, per intenderci, dove detta legge la tedesca Angela Merkel, bersaglio fisso delle invettive noeuro. Il Cavaliere è uscito molto indebolito dalle urne, ma difficilmente Salvini potrà prescindere dai voti di Forza Italia per formare un governo a guida leghista. A meno di non puntare su un’intesa con i Cinque Stelle, un’ipotesi fin qui sempre smentita dal successore di Umberto Bossi.

D’altra parte, se nei prossimi mesi, come extrema ratio per dare una guida al Paese, prendesse corpo una qualche forma di “grande coalizione” tra centrodestra e il Pd, pare difficile anche solo immaginare che i temi cari ai sovranisti finiscano in cima all’agenda del nuovo esecutivo. La ricerca di un’intesa potrebbe costringere Salvini a sacrificare parte dei proclami elettorali alle logiche di una convenienza politica di breve periodo.

E così la strombazzata resa dei conti con Bruxelles finirebbe per essere rimandata a data da destinarsi. In altre parole c’è il rischio concreto che Bagnai e Borghi debbano rassegnarsi a convivere con la moneta unica ancora per un bel po’. I dioscuri del movimento noeuro dovranno temporaneamente accantonare almeno una parte delle promesse che li hanno portati fino al seggio in Parlamento. La rivoluzione può attendere. E anche la lira.

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14 marzo 2018

Da - http://espresso.repubblica.it/palazzo/2018/03/12/news/cosa-vogliono-fare-i-no-euro-portati-in-parlamento-da-salvini-1.319444?ref=RHRR-BE
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