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Autore Discussione: Di Tomaso MONTANARI. La lista Grasso, una grande occasione perduta.  (Letto 2518 volte)
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« inserito:: Dicembre 03, 2017, 06:47:01 pm »

NOTA DEL PRESIDENTE DI LIBERTÀ E GIUSTIZIA

08 Ottobre 2017

Desidero sottolineare ancora una volta, anche a beneficio dei mezzi di comunicazione, la radicale distinzione e separazione tra il mio ruolo di presidente di Libertà e Giustizia e il mio ruolo di firmatario dell’‘appello del Brancaccio’ per una lista unica a Sinistra.

Nelle assemblee che sono scaturite da quell’appello, si incontrano persone iscritte a moltissime associazioni (all’Anpi, a Libera o all’ARCI, per esempio), spesso anche investite di ruolo dirigenziali. Ma in tutti questi casi, come nel mio, l’adesione è puramente personale e non impegna mai le rispettive associazioni.

Ho detto fin dall’inizio, e ribadisco, che in nessun caso mi sarei candidato al Parlamento: perché intendo questo impegno ‘solo’ come un pieno dispiegamento della mia cittadinanza. Nonostante questo, so che non è facile mantenere distinti (nel discorso pubblico, e più ancora in quello mediatico) i miei due ruoli: e dunque torno a farlo con forza in questa nota.

È per questo che tengo a confermare che Libertà e Giustizia non prende e non prenderà posizione a favore di alcun schieramento elettorale. Come sempre.

Tomaso Montanari

Da - http://www.libertaegiustizia.it/event/ginevra-democrazia-diretta-e-democrazia-rappresentativa/
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 08, 2017, 10:39:53 am »

La lista Grasso, una grande occasione perduta

Di Tomaso Montanari,
da huffingtonpost.it

È successo qualcosa, a Sinistra. Finalmente.

La nascita di "Liberi e uguali" è un sasso nello stagno. E davvero si deve guardare con enorme rispetto alla soddisfazione delle migliaia di compagne e compagni che hanno partecipato all'assemblea di Roma.

E c'è un "però". Non è possibile non chiedersi se i milioni che a quel processo non hanno partecipato ­– i cittadini di sinistra – saranno altrettanto soddisfatti di questa nascita. Al punto di votare in massa per la nuova lista.

Bisogna farlo con delicatezza, per quanto possibile. Perché in un momento così terribile nessuno ha il diritto di uccidere un entusiasmo, per quanto piccolo o magari mal fondato. E perché, è vero: non abbiamo più voglia di prendere atto di fallimenti e insuccessi. "Non facciamo troppo i difficili", pensano in molti: "prendiamo quel che si può, e tiriamo avanti". E poi, nell'Italia di Salvini, Berlusconi, Renzi, quale persona di buon senso e con un cuore normalmente a sinistra potrebbe dare la croce addosso a Civati, Fratoianni, Speranza, o all'ottimo Piero Grasso?

E però. E però non si può tacere. Perché se vogliamo che questa Italia non sia più appunto quella di Salvini, Berlusconi, Renzi, non possiamo continuare a fare quello che si è fatto ieri a Roma: continuare a perdere ogni occasione di svolta.

Perché il succo della vicenda è che tre partiti (due piccoli, uno minuscolo) hanno fatto una lista comune. Hanno costruito un'assemblea dividendosi le quote di delegati. Che sono tutti loro iscritti tranne un piccolissimo numero (meno del 3%, cioè circa 40 sui 1500, cui però si aggiungono altri "interni" al sistema, e cioè quasi 200 membri "di diritto": parlamentari, assessori, sindaci...). Niente di male: ma questa è la cucitura del vecchio, non c'è niente di nuovo. È un progetto fatto per chi è "dentro" la politica, non è un progetto capace di parlare a chi è fuori. Ed è perfino umiliante che quella "società civile" alla quale non si è voluta cedere sovranità attraverso una partecipazione vera e senza piloti occulti, sia poi stata chiamata a fare da "centrotavola" attraverso dei "testimonial". Come alla Leopolda, nella peggiore tradizione del marketing politico.

L'aspetto ironico è che poi questi delegati non hanno fatto che "acclamare" un capo deciso altrove: senza nemmeno votarlo. Il Fatto quotidiano l'ha definita una cerimonia: ecco, non era un'assemblea, era una bella cerimonia. E allora perché, ci si chiederà, blindare con tanta ferocia le quote dell'assemblea? Ma perché sarà poi questa stessa assemblea a dover ratificare le decisioni delle tre segreterie sulle candidature e i loro criteri, e cioè sull'unica cosa che venga ritenuta importante.

Ma torniamo alla cerimonia. Nessuna persona di buon senso ce la può avere con Pietro Grasso: anzi, sarà un piacere avere una voce come la sua nella canea dei leaders politici italiani. Ma è fin troppo scoperto il gioco che ha portato Grasso all'incoronazione di ieri: il gioco di un calcolo mediatico (non fatto da lui, sia chiaro: ma su di lui). Un calcolo fatto sui sondaggi. Una scelta di palazzo: ombelicale, priva di fantasia. Senza un grammo della forza che hanno, per esempio, le storie di Pablo Iglesias, Jeremy Corbyn, Alexis Tsipras, Bernie Sanders. E il dettaglio per cui sul simbolo dovrebbe essere scritto "Liberi e uguali per Grasso" suona come una drammatica smentita del nucleo più carico di futuro della Sinistra che ancora non c'è: tutto quello che sta cambiando in meglio il Pianeta è fondato sul "Noi", non sull' "Io", sulla comunità e non sul capo. Per questo, la fotografia dei quattro piccoli capi insieme al grande capo – tutti maschi – della "nuova sinistra" rischia di essere il rovesciamento simbolico di tutto quello che potranno dire.

Il vicedirettore dell'Huffington Post, Alessandro De Angelis, ha detto ieri, a mezzora in più, che "ci voleva più cuore", più coraggio, più radicalismo, più voglia di cambiare: perché così si sta costruendo solo un piccolo "Pd dal volto umano" che non recupererà né i voti degli astenuti, né quelli dei 5 stelle. Lo penso anche io.

E lo penso anche perché ieri il capo è stato acclamato senza un progetto. Senza un programma. Senza aver prima esplicitato quale visione del paese abbia questa nuova forza elettorale. E senza aver chiarito quale rapporto c'è – se c'è – tra quella visione e la scelta del leader.

C'è, è vero, un manifesto di cinque cartelle: che conosco bene perché ho contribuito a scriverlo anche io. Ma proprio per questo so che è solo una sommaria dichiarazione di direzione. E soprattutto so quanta fatica si è dovuta fare per arrivarci. E so che se ieri un vero programma non è stato presentato è perché su molti nodi cruciali non c'è accordo, tra i contraenti.

Un aneddoto, che serve a spiegare cosa intendo. Nella prima versione di un lungo testo che Guglielmo Epifani (incaricato da Mdp della trattativa per quel manifesto) ci propose, si leggeva questa imbarazzante frase:

Vanno eliminate le forme contrattuali più precarie, e i contratti a termine privi di casuale, il lavoro precario deve essere più costoso per l'impresa rispetto a quello stabile, e vanno introdotti elementi di costo aggiuntivi per le imprese che non rinnovino o stabilizzino. i contratti a termine.

Quello stesso giorno, per puro caso, Papa Francesco aveva detto:

Anche il lavoro precario è una ferita aperta per molti lavoratori (...). Precarietà totale: questo è immorale! Questo uccide! Uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Lavoro in nero e lavoro precario uccidono.

E niente: è tutto qua. La distanza abissale tra il linguaggio del Papa e quello dell'ex segretario della Cgil è la distanza che una nuova Sinistra avrebbe dovuto esser capace di coprire. Non ci riuscimmo allora: chiudemmo su quelle poche pagine, rimandando al dopo un lavoro serio sul programma. Che però avrebbe dovuto esser fatto prima della presentazione della lista: perché altrimenti, di cosa esattamente parliamo? Per non fare che un esempio: cosa pensano Liberi e Uguali della riforma Fornero?

Se non è ancora possibile, a cerimonia conclusa, rispondere a questa e a moltissime analoghe domande è perché Mdp non ha ancora fatto i conti con la storia del centrosinistra. Se tutto si risolve nell'antirenzismo, se a essere profondamente rimessi in discussione sono solo gli ultimi tre anni, e non gli ultimi venticinque, nulla di nuovo potrà nascere. Il problema della presenza dei vari D'Alema e Bersani è tutta qua: nulla di personale, ovviamente. Ma se la loro presenza lì dentro impedisce di dire la verità su quello che proprio loro hanno fatto, se non si ha il coraggio di sconfessare una storia, allora il nuovo non può nascere. Durante una delle nostre discussioni, Epifani, con il suo garbo, mi disse: "Ma allora tu vuoi dire che nulla di quello che abbiamo fatto quando eravamo al governo andava bene?". Sì, vorrei dire proprio questo. La pagina del centrosinistra alla Tony Blair è una pagina da cui liberarsi. Senza se e senza ma.

E il fatto che il programma non sia ancora uscito, significa che questa liberazione non c'è ancora stata. Se, nelle prossime settimane, Mdp si mangerà Sinistra Italiana sui contenuti, come già se l'è mangiata nei rapporti di forza dell'assemblea, allora il disastro sarà completo.

È questa la principale ragione per cui chi si è riconosciuto nel progetto del Brancaccio ieri non era a Roma: perché quel progetto invocava una radicale discontinuità con i governi del centrosinistra (che hanno sfigurato l'Italia non meno di quelli del centrodestra), una totale democraticità del percorso, una alleanza tra cittadini e partiti, un e un nuovo linguaggio radicale capace di riportare al voto gli astenuti e di contendere i voti non tanto al Pd, quanto ai 5 Stelle.

Nulla di tutto questo c'è, nella "nuova proposta" di Liberi e Uguali.

Certo, molti di noi la voteranno comunque: per mancanza di meglio. Ma è davvero impossibile non dire che questo è l'estremo tentativo di rattoppare il vecchio, non è l'inizio di qualcosa di nuovo.

Per il nuovo bisognerà lavorare ancora molto, duramente e per altre strade. Lo faremo: non c'è altra scelta.

(7 dicembre 2017)




Dado Derrick · Scuola Media Sinopoli
Caro Montanari,
La lista LeU è quanto di meglio i vecchi politici (non nel senso dell'età, ma in quello del deja vu ) potessero produrre. E' evidente che chi vuole l'inizio di qualcosa di nuovo non ci si può ritrovare. Temo che il problema sia nella sfiducia in se' stessi che gli anni trascorsi hanno seminato a piene mani tra le nuove generazioni. In esse , anche a sinistra, mi pare che prevalga il contrasto tra il bisogno di avere un'entità solida e riconosciuta a cui far riferimento e il rifiuto di riconoscerla in partiti che hanno vissuto e in buona parte condiviso il degrado politico ed economico degli anni trascorsi .La partecipazione da protagonisti in prima persona è oggi vista come impossibile e/o inutile dalla grande maggioranza del popolo, come dimostra lo scarso numero degli iscritti e dei votanti nelle iniziative dei 5 stelle.

Corrado V. Giuliano · Titolare presso Studio legale giuliano
Caro Tomaso è convincente la Tua analisi, li voteremo "comunque", ma basta questo? Sicuramente non solo non basta ma resta una occasione perduta, la carica di frustrazione sarà capace di condurre ad una rinascita del progetto? Non è la via migliore nè quella che avrebbe dovuto lastricare il percorso di una sinistra che si lascia dietro venticinque e più anni di riflessioni radicali e lucide, di rivendicazioni mancate, di rassegnazioni attendiste, di rimandi ad un momento di energia che pure resiste e resta forte nella società italiana, restando però sempre dentro l'ambito asfissiante e parali...Altro...

Francesca Castelli · Roma
Secondo Montanari io sono una persona che non ha buon senso. Sarà anche così ma qualche parola voglio spenderla sull'ottimo Grasso. Ho sempre ritenuto che l'esperienza della vita lavorativa di ognuno di noi gioco forza tende a caratterizzare i nostri pensieri ed a forgiare la nostra mente dandole una peculiare visione della vita. Senza andare a scomodare i nostri filosofi classici chi è chiamato ad esercitare l'arte della politica deve possedere delle virtù che certamente non si conciliano con chi, seppure in modo estremamente lodevole, ha trascorso buona parte della sua vita a giudicare secondo legge. Il politico è tutt'altra cosa: egli si forgia attraverso quanto meno nella militanza in attività politiche sin da giovane. Non c'è da meravigliarsi quindi se Montanari si lamenta che la neonata compagine politica di sinistra sia nata senza un programma, un progetto il cui capo è stato eletto per acclamazione. E' qui secondo me il grande errore compiuto da Grasso: avrebbe dovuto pretendere una votazione sulle sue idee che avrebbero dovuto dare inequivocabili risposte alle domande sacrosante che oggi si pone Montanari. A questo punto mi nasce una domanda ma se all'uomo Grasso non fosse stata fatta la promessa di guidare il nuovo partito di sinistra, avrebbe sempre dato con tanta baldanza l'addio al PD? Sono sincero ora mi sovvengono le storiche querelle che non permisero al giudice Caselli di sedersi a pieno diritto sullo scranno di capo dell'antimafia, ma lo sappiamo a suo posto fu "preferito" altro magistrato.

Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-lista-grasso-una-grande-occasione-perduta/
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