LA-U dell'OLIVO
Novembre 25, 2024, 10:07:45 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Scienza e Filosofia - John Jost Cervelli di destra e di sinistra  (Letto 7001 volte)
Arlecchino
Global Moderator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 7.763


Mostra profilo
« inserito:: Gennaio 17, 2017, 11:45:41 am »

Scienza e Filosofia
Cervelli di destra e di sinistra

Di John Jost 14 gennaio 2017

Anche in condizioni ottimali, vi sono comunque minacce al buon funzionamento dei sistemi democratici che derivano dalla natura umana. Ci sono, ad esempio, l’apatia politica, il cinismo, l’alienazione, la decisione di una parte dei cittadini di ritirarsi dal processo elettorale, così come vi sono tentativi egemoni da parte delle élite politiche di mantenere il controllo escludendo determinati segmenti della popolazione dal voto. Già da decenni gli scienziati della politica lamentano l’ignoranza e la mancanza di conoscenza e sofisticatezza che caratterizza l’elettore medio. La maggior parte dei cittadini pone infatti meno attenzione e meno impegno a comprendere i dettagli dei candidati, delle loro politiche e delle loro piattaforme di programma rispetto -ad esempio- a comprendere sport e intrattenimento.

E poi ci sono i problemi del «ragionamento motivato». I ricercatori si sono bersagliati l’un l’altro con studi su preconcetti, errori e irrazionalità da parte del cittadino medio e hanno preso per assiomatico che i cittadini sono maestri nell’auto-inganno, incapaci di oggettività, specialmente quando si tratta di materie di controversia sociale, morale o politica. Vi sono moltissime evidenze di psicologia sociale e politica che mostrano come i preconcetti ideologici e di parte portino la gente fuori strada - per lo meno alcune volte. E pochissimi hanno accettato di difendere le virtù epistemiche del grande pubblico.

Ciò nonostante, la ricerca ci fornisce spunti di riflessione per chiunque presuma che i deficit di elaborazione dell’informazione siano permanenti oppure siano distribuiti in maniera paritaria nell’ambito dello spettro ideologico. Alcune persone, in realtà, riescono meglio di altre quando si tratta di scovare, elaborare e soppesare elementi di prova discordante e tirare conclusioni che siano ragionevolmente accurate. Negli Stati Uniti, così come altrove, sembra esistere una asimmetria destra-sinistra nel ragionamento motivato e nella suscettibilità alle false credenze. Tra altre differenze psicologiche, i conservatori tendono a mostrare un tipo di pensiero più intuitivo ed euristico mentre i liberali mostrano un pensiero più deliberato, sistematico, impegnato. Questo forse aiuta a comprendere perché il mercato delle “false notizie” si posizioni prevalentemente sulla destra politica.

Molti si sorprendono che possano esistere anche correlati neurofisiologici dell’ideologia politica. In un esperimento che abbiamo condotto con i miei colleghi, sono stati collocati degli elettrodi di registrazione sul capo di soggetti politicamente di destra o di sinistra, in modo da potere registrare specifiche onde cerebrali (Event-Related Potentials) mentre questi eseguivano un compito al computer, specificamente studiato per indurli a sviluppare uno schema di risposta dominante (vale a dire, abituale). Ogni tanto nel corso del test ai partecipanti veniva richiesto di dominare le loro risposte abituali e di rispondere in maniera flessibile, mettendo in atto un comportamento diverso. Questo test è studiato per misurare la «capacità di monitorare un conflitto», cioè la capacità dei soggetti di gestire pezzi di informazione in potenziale conflitto fra loro, in altre parole la capacità di gestire la tensione psicologica fra agire come d’abitudine ed essere pronti alla flessibilità in risposta a mutate contingenze esterne.

Da questo esperimento sono emerse molte osservazioni. Primo, i conservatori facevano più errori di procedura rispetto ai liberali, rimanendo erroneamente legati alla risposta abituale anche quando era richiesta una risposta di tipo diverso. Secondo, i liberali mostravano una maggiore attività neurale correlata al conflitto, quando era richiesta una inibizione della risposta abituale: questo suggerisce che questi erano più in sintonia con la presenza di un conflitto e con la necessità di monitorare un tale conflitto interno. Terzo, esistevano differenze nel pattern di attivazione cerebrale e queste differenze erano localizzate nella corteccia cingolata anteriore, una parte del cervello preposta a cogliere e risolvere conflitti cognitivi. Nel loro insieme, questi risultati suggeriscono la stuzzicante possibilità che le differenze fra le ideologie destra-sinistra sono, tra altre cose, anche manifestazioni di processi psicologici (e neuronali) fondamentali che appartengono all’ambito dell’elaborazione dell’incertezza.

Altri studi di neuroscienze della politica hanno valutato l’attività funzionale globale del cervello (piuttosto che di aree specifiche del cervello stesso): un gruppo di ricercatori di Londra guidato da Geraint Rees -e dei quali, da notare, faceva parte anche l’attore Colin Firth- ha esplorato la relazione fra l’orientamento politico e il volume delle strutture cerebrali. Specificamente, hanno considerato la possibilità che il cervello dei conservatori e dei liberali potesse differire in termini di strutture fisiche. In due campioni di studenti universitari britannici, hanno osservato che nella scansione dei cervelli dei liberali la corteccia cingolata anteriore aveva più materia grigia. I cervelli dei conservatori, invece, mostravano maggiore materia grigia nell’amigdala, una parte del cervello coinvolta nell’elaborazione della salienza emotiva, della paura e della gratificazione.

È pensabile, forse, che un giorno le differenze nella dimensione dell’amigdala potranno spiegare la ragione per la quale -in sondaggi dell’opinione pubblica come quello condotto da Ipsos/Reuters l’anno scorso negli Stati Uniti - i conservatori più spesso dei liberali descrivono come «altamente minacciosi» un’ampia gamma di nazioni, leader, gruppi ed eventi (ad esempio Iran, Cina, Russia, Yemen, Siria, Cuba, l’Islam, Al Qaeda, l’Isis, il terrorismo, il traffico di droga, i cyber-attacchi, l’immigrazione, l’ateismo e i diritti dei gay). A questo punto le evidenze neuroanatomiche conferiscono una certa credibilità alla nozione che l’ideologia politica sia legata all’orientamento psicologico di base verso l’incertezza e la paura. Tuttavia è importante tenere presente che il rapporto di causalità rimane ancora ambiguo. Potrebbe darsi, infatti, sia che le differenze osservate nell’attività e nelle strutture cerebrali contribuiscano all’emergere di ideologie diverse ma anche che sia l’adottare una specifica ideologia a produrre, nel tempo, tali differenze di struttura e funzione cerebrali. Nelle neuroscienze politiche questo è ancora una specie di dilemma dell’uovo e della gallina.

Queste differenze fisiologiche e psicologiche possono aiutare a comprendere perché coloro che sono a destra e a sinistra spesso non trovano accordo su quale sia il problema, tanto meno su quale potrebbe essere la soluzione. Quando sono presenti conflitti di personalità, stile cognitivo e priorità motivazionale questi possono solo aggravare legittimi disaccordi sulle politiche da assumere. Le implicazioni per il funzionamento democratico sono del tutto scoraggianti.

La questione è peggiorata dal problema dell’autoritarismo. Più che qualsiasi altro sistema politico, la democrazia possiede la capacità intrinseca di decretare la propria fine, come diceva Platone molto tempo fa. Manipolando il sistema democratico, le élite politiche possono implementare politiche che limitano la libertà dei cittadini e possono insediare leader che non sono inclini alla democrazia. In modo molto concreto, possiamo dire che la democrazia dipende dalla capacità e dalla motivazione dei cittadini ad assorbire valori democratici e tollerare coloro che hanno bagagli sociali, culturali, etnici e ideologici diversi. Dappertutto in Europa siamo testimoni della rinascita di partiti di destra estrema e coalizioni di governo che promettono riforme “illiberali” e politiche vendicative verso l’immigrazione: una volta al potere questi soggetti politici abbracciano pratiche autoritarie, come l’intimidazione di chi manifesta, di giornalisti, di accademici e di chiunque altro essi ritengano potenzialmente deleterio.

Negli Stati Uniti vi è diffusa apprensione, all’indomani dell’elezione alla presidenza di Donald Trump. Il suo stile segnerà un cambiamento nella politica americana, il pericolo che l’autoritarismo di destra possa finalmente trionfare? Sondaggi nell’opinione pubblica durante il ciclo elettorale hanno rivelato che i sostenitori di Trump differiscono da altri elettori nella loro affinità al populismo autoritario. Trump non soltanto ha coltivato aggressività e violenza contro i suoi detrattori, ma ha anche richiesto sottomissione ad altri, compresi, durante il dibattito delle primarie, gli stessi avversari repubblicani, che ha sminuito in vari modi. Il cinismo e la distruttività di Trump sono palpabili: «Il mondo è un posto spietato» ha detto alla rivista Esquire nel 2004 ed è determinato a battere tutti i “perdenti”. Molto meglio se può anche umiliarli. «Quando qualcuno ti fa del male, bisogna andargli dietro nella maniera più crudele e violenta possibile» ha scritto nel libro How to Get Rich.

Esiste dunque motivo di preoccuparsi che le istituzioni e i meccanismi democratici di oggi potrebbero non essere all’altezza di affrontare e di riconciliare i conflitti ideologici a livello di valori, priorità e policies, ancor meno i conflitti psicologici e sociali. Fintanto che gli attori politici che sono in disaccordo -spesso aggressivamente- su quali valori debbano sovrastarne altri sono motivati da reti di credenze, opinioni e valori che non si sovrappongono e -a un livello più profondo- da interessi, inclinazioni e bisogni psicologici divergenti, è difficile immaginare istituzioni politiche che producano soluzioni soddisfacenti. Per «soddisfacente» intendo soluzioni guidate da spinte di oggettività, razionalità e «ragionevolezza», compreso l’impegno ad riconsiderare le proprie opinioni sulla base della logica e dell’evidenza. Queste spinte, a loro volta, vengono rafforzate dalla tenace promozione della giustizia procedurale e di meccanismi non coercitivi di comunicazione e decisione, al contrario dell’esercizio spietato del potere politico o economico. Quel che serve è solo questo: un sistema che risolva i conflitti che originano dalla psicologia, dall’ideologia e un elevato grado di pluralismo, in modo che siano possibili compromessi già difficili, e gli interessi primari della società siano non soltanto dichiarati e trasparenti, ma anche adottati in accordo con standard di giustizia. Si può solo sperare che sia nella natura dell’umanità concepire un sistema che sia democratico in tutti questi aspetti e che, una volta stabilito, sia anche rispettato

L’autore è co-Director del Center for Social and Political Behavior della New York University e presiederà il Workshop «The Neural Basis of Political Behavior» presso la Neuroscience School of Advanced Studies a Siena, il 3-6 Maggio 2017. I precedenti delle serie «Neuroscienze e Società» pubblicati dalla Domenica e curati dalla Neuroscience School of Advanced Studies sono di Giulio Tononi (13 Novembre 2016) e Patricia Churchland (4 Dicembre 2016)

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2017-01-14/cervelli-destra-e-sinistra-152402.shtml?uuid=ADHO4KTC&cmpid=nl_domenica
« Ultima modifica: Ottobre 31, 2017, 10:54:20 pm da Arlecchino » Registrato
Arlecchino
Global Moderator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 7.763


Mostra profilo
« Risposta #1 inserito:: Ottobre 30, 2017, 01:42:03 pm »

RICETTO
ri|cèt|tos.m.av. 1313; dal lat. receptu(m), acc. di receptus, -us, v. anche 1ricettare.


1. LE - luogo in cui si alloggia o sosta, ci si rifugia o ci si nasconde; dimora, abitazione: avendo un suo ricetto vicino ad una strada (Boccaccio)

2. CO - fig., accoglienza, ospitalità, ricovero: dare, offrire, trovare ricetto

3. TS - stor. nel Medioevo, raggruppamento di costruzioni cintate da mura munite di torri, in cui gli abitanti delle zone rurali si rifugiavano in caso di pericolo

ggiannig
« Ultima modifica: Ottobre 31, 2017, 11:26:09 am da Arlecchino » Registrato
Arlecchino
Global Moderator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 7.763


Mostra profilo
« Risposta #2 inserito:: Ottobre 31, 2017, 11:25:29 am »

Il RICETTO delle PAROLE è una nuova idea di apertura alla partecipazione di scrittori e lettori, cui viene offerta la possibilità di esprimersi e di farsi leggere come persone libere.

Unica regola generale il rispetto del prossimo e della buona educazione, secondo la consuetudine ormai consolidata di un buona partecipazione ad un forum pubblico.

Segue...

ggiannig
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!