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« inserito:: Agosto 03, 2017, 05:42:15 pm » |
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La denuncia del blogger cinese: "Pechino è un tumore, qui si fa finta di vivere" Il profilo di Zhang Guochen su Sina Weibo, il sito cinese di microblogging Il 23 luglio Zhang Wumao ha postato in Rete un breve saggio molto critico sulla vita a Pechino e sui suoi abitanti. Dopo essere stato letto da 7milioni di persone, l'articolo è stato rimosso e l'autore 'costretto' a scusarsi
Di RAFFAELLA SCUDERI 01 agosto 2017
"PECHINO è un tumore. Un fiume dai confini indefinibili che nessuno è in grado di controllare né fermare", è solo una delle tante metafore al veleno contenute nel breve saggio del blogger Zhang Wumao, dal titolo:"Pechino ha venti milioni di abitanti che fanno finta di vivere". Postato in Rete il 23 luglio e visualizzato da sette milioni di persone in due giorni, è stato rimosso definitivamente il 25 luglio. Gli utenti che hanno cercato di collegarsi alla pagina si sono trovati davanti alla scritta: "La pagina non può essere caricata perché viola le regole dei contenuti". Il 27 luglio l'autore si è scusato pubblicamente dichiarando che la sua era solo una goliardata. Ma sono in molti a sostenere che sia stato costretto a farlo dalle autorità.
Blogger e scrittore, originario della provincia di Shaanxi, Zhang Wumao, il cui vero nome è Zhang Guochen, non ha risparmiato niente e nessuno. Nel suo articolo critica ferocemente la capitale cinese e i suoi residenti: "In questa città non c'è calore umano. Non solo verso gli stranieri. Anche tra gli stessi abitanti. Se due persone si sentono un paio di volte all'anno, è una buona amicizia. Se si pranza insieme spostandosi dalla parte orientale della città a quella occidentale, allora si è amici per la vita". Zhang dà la colpa all'industrializzazione e alla migrazione con il conseguente rialzo dei prezzi.
Nell'ultimo decennio, ma soprattutto negli ultimi anni, Pechino ha subito un'imponente metamorfosi, con la demolizione dei quartieri popolari, la incessante costruzione di grattacieli e l'espansione dei suoi confini. "La sua anima è scomparsa", sostiene l'autore. Questa trasformazione, secondo Zhang, ha tolto identità alla città, facendone un luogo che nessuno può definire casa. "La vità è diventata insostenibile. I pechinesi non riconoscono più i loro quartieri che sono presi d'assalto dai lavoratori che vengono da fuori. I migranti hanno causato l'innalzamento dei prezzi delle case e usano la città come un dormitorio." Nel saggio non ci sono solo critiche e strali, ma anche dimostrazioni di solidarietà ed empatia nei confronti di chi ha bisogno di una mappa o di un navigatore per ritrovare la casa della propria famiglia. E conclude: "Non c'è più vita qui. Sono rimasti solo i sogni e il lavoro".
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Il blogger, nato agli inizi degli anni '80, è arrivato a Pechino nel 2006. Anche lui migrante, da una zona rurale della Cina, ha cominciato da subito a esprimere le sue opinioni in Rete. Prima di questo, una storia sulla migrazione in Cina e l'esperienza del trasferimento. Sui media governativi l'articolo ha avuto poca visibilità. Non tanto quanto le sue scuse: "Il mio articolo contiene diverse inesattezze. Volevo solo scrivere un pezzo umoristico. E' stata una goliardata. Grazie per avermi dato l'opportunità di spiegarmi e scusarmi", avrebbe detto all'Economic Observer. L'agenzia di notizie Xinhua ha immediatamente risposto alle accuse di disumanità dei pechinesi: "Questo articolo è diventato virale ma non dice la verità. In realtà, Pechino non è così poco accogliente. Tutti sanno che non è facile vivere in una grande città. Il futuro di Pechino è nelle mani di persone competenti e intraprendenti."
In Rete c'è chi lo difende, definendone il pensiero, onesto e vero, e chi invece lo contesta duramente. Ad esempio Little Fish su Weibo, così gli ha risposto: "Chi gli ha dato il permesso e il coraggio di parlare a nome di venti milioni di persone? Io sono tra questi e scusate, ma la mia vita non è finta. Io la sto vivendo".
Al di là della bufera mediatica scatenata, dei pro e dei contro di tali contenuti, fatto sta che l'articolo non c'è più. E questo è solo uno degli ultimi casi di censura in Cina. Tutto ciò che viene scritto su Paese e sulla sua amministrazione, con contenuti critici, molto spesso è bersaglio di censura governativa. A marzo 2015, uscì un documentario che denunciava il problema dell'inquinamento: "Under the Dome". Dopo essere stato visualizzato 100 milioni di volte, il filmato è stato rimosso.
© Riproduzione riservata 01 agosto 2017
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