MIGRANTI
Il giallo dell’area di salvataggio: libica ma «coordinata da Malta»
di Marco Ludovico
22 luglio 2017
Mossa a sorpresa della Libia alla vigilia del vertice di lunedì a Tunisi sull’immigrazione dei ministri dell’Interno di Europa e Africa. Tripoli dichiara la sua zona Sar (search and rescue) marittima, l’area di propria competenza per la ricerca e il soccorso. Lo comunica alcuni giorni fa con una lettera ufficiale all’Imo (International Maritime Organization), agenzia specializzata dell’Onu per la cooperazione marittima e la sicurezza della navigazione. E «vista l’attuale carenza di risorse e di strutture, dovute al fatto che la guardia costiera e le capacità delle forze aeree sono state distrutte durante le operazioni militari del 2011- aggiunge nella lettera Omar Al Gawashi, presidente dell’Autorità dei Porti Libici e dei Trasporti Marittimi - il governo libico delegherà Malta a coprire la regione Sar di Tripoli». Anche sulla base «di un accordo bilaterale con il governo di Malta nel 2009».
L’iniziativa potrebbe cambiare posizioni e responsabilità in campo nel Mediterraneo. La latitanza di Malta nel soccorso migranti è un fatto storico. Così come è un fatto che La Valletta, interpellata dall’Italia sull’iniziativa libica, ha negato l’intesa con Tripoli sul coordinamento dei soccorsi. Ma il sasso è ormai lanciato: la Libia, così, mostra volontà d’azione coerente con l’Action Plan del 4 luglio. Il piano della Commissione europea per sostenere l’Italia, ridurre la pressione migratoria e aumentare la solidarietà, rileva, tra l’altro, come «i partner dell’Africa settentrionale, in particolare la Tunisia, l’Egitto e la Libia, dovrebbero essere incoraggiati a notificare formalmente le proprie aree di attività di ricerca e salvataggio e a creare Mrcc (Maritime rescue coordination center)». Tanto che è già in fase di valutazione la centrale operativa per la Libia: un progetto con finanziamenti Ue allo studio della Guardia costiera italiana. Come si possa conciliare con gli impegni di coordinamento richiesti ora da Tripoli a Malta non è chiaro. Ma l’iniziativa comunque è in campo e fa uscire allo scoperto La Valletta.
Certo la lettera della Libia all’Imo non era attesa. Così in Italia è stata acquisita dai ministeri interessati - Infrastrutture e Trasporti, Difesa, Affari esteri, Interno - per studiare implicazioni e contromosse se necessario. Il vertice di lunedì a Tunisi, del resto, è un passaggio cruciale per il ministro dell’Interno Marco Minniti. Si incontra il cosiddetto «gruppo di contatto» sull’immigrazione, già riunitosi a Roma su iniziativa di Minniti alla Scuola superiore della Polizia di Stato il 20 marzo. Ci sono i ministri dell’Interno di Tunisia, Libia, Ciad, Niger, Algeria; di Francia, Italia, Svizzera, Austria, Germania e il commissario europeo Dimitri Avramopoulos. La riunione si concluderà, come da prassi, con una dichiarazione di intenti. Ma Minniti terrà anche un orecchio teso verso Varsavia: sempre quel giorno, infatti, si vede per la seconda volta nella sede di Frontex il gruppo dei tecnici dei paesi membri dell’Unione. A distanza del primo incontro sollecitato dall’Italia, l’11 luglio, quando al termine fu deciso un gruppo di lavoro per rivedere il piano operativo della missione Triton, presente la delegazione italiana con dirigenti della Polizia di Stato, Guardia Costiera e Guardia di Finanza. Non è affatto escluso che la lettera della Libia con il richiamo all’impegno di Malta sia citata anche nel vertice di Varsavia di lunedì. Dove dovrebbe esserci anche il rappresentante de La Valletta.
Ieri, dopo l’Austria, anche l’Ungheria ha attaccato l’Italia. «Chiudete i porti» e creiamo «centri di accoglienza fuori dall’Ue» è stato il messaggio del premier ungherese Viktor Orban. «Lezioni improbabili» le ha definite il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: «Non accettiamo parole oltraggiose sul tema dei migranti» ha aggiunto. Già in settimana i leader dei Paesi del patto Visegrad - la polacca Beata Szydlo, il ceco Bohuslav Sobotka, lo slovacco Robert Fico, e Orban - avevano inviato una lettera a Palazzo Chigi per ribadire la necessità di identificare «i veri richiedenti asilo prima di entrare in Ue».«L’Europa dovrebbe darci solidarietà, non lezioni anche perché non è un pulpito che funziona» ha avvertito il ministro degli Esteri Angelino Alfano. La titolare della Difesa, Roberta Pinotti, sottolinea come dietro «i consigli non richiesti ognuno guardi al cortile della propria campagna elettorale». E il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani ha richiamato i Paesi dell’est al rispetto dell’accordo sui ricollocamenti.
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