Orlando lancia la sfida: “La politica è parlare, spiegare, ascoltare”
«Non possiamo non dire niente per due mesi sulla legge elettorale
Pubblicato il 12/03/2017
Ultima modifica il 12/03/2017 alle ore 17:54
Giuseppe Alberto Falci
Roma
Al teatro Eliseo, alle dieci del mattino, lo aspettano come fosse il salvatore. Perché Andrea Orlando, per dirla con la signora Emma - mai iscritta al Pd, ma da sempre elettrice del centrosinistra nelle sue varie forme - «il ministro è la pacatezza, lo spessore, il garbo profondo che risponde alla sfacciataggine del bullo di Firenze». In due parole, Orlando è l’anti Renzi.
Qui Verdini e Alfano vengono considerati «compari di Berlusconi», e sia solo un caso figlio dell’emergenza e della instabilità se ieri con Letta e Renzi, e oggi con Gentiloni, siano al governo con il Pd. Tutto ciò non si verificherà nella prossima legislatura, annota il barbuto Sergio, perché «con Andrea non ci saranno larghe intese. Quelle le vuole solo Renzi che ha già un accordo con Berlusconi».
Minuto dopo minuto il teatro di via Nazionale si riempie del popolo di un centrosinistra alternativo all’ex sindaco di Firenze e distante diverse miglia dalla kermesse del Lingotto. Minuto dopo minuto cresce l’attesa per l’arrivo del guardasigilli Orlando, candidato alle primarie del 30 aprile che milita a sinistra da quando aveva i calzoni corti: «Chiesi di iscrivermi al Pci all’età di tredici anni».
Nicola Zingaretti, padrone di casa della kermesse a sostegno di Orlando, viene accolto da mille strette di mano e pacche sulla spalla. «Ah Nicola, te ricordi quanno te sostenni per le provinciali?». In camicia celeste, giacca blu e jeans, Zingaretti non si sbottona con cronisti e spiffera che «Andrea sta arrivando». Intanto sfilano Cesare Damiano, la sottosegretaria Sesa Amici, l’ex renziana Gea Schirò Planeta, Elisa Simoni e Aurelio Mancuso.
Tutti accomodati nelle prime due file. Pochi metri più dietro si scorge Franca Chiaromonte, figlia d’arte, che tiene a far sapere che «Andrea è il miglior ministro della giustizia». Alle 10 e 40 ecco Orlando con il codazzo di telecamere e cronisti che provano a scippargli una dichiarazione. Lui non si scompone e tira dritto, saluta Zingaretti e si accomoda in prima fila. La regia lancia “Born to run” di Bruce Springsteen, «una canzone - dice Zingaretti - che incita tutti a cambiare l’esistente». E se il governatore del Lazio apre le danze spiegando le ragioni del suo sostegno ad Orlando («servono leader che uniscono non capi che impongono»), per sentire il guardasigilli bisogna attendere le 11 e 35.
La platea eterogenea in cui si alternano capelli grigi e clarks a più giovani al primo giro di boa nel Pd, non rivolge sguardi al telefono e si concentra ad ascoltare «Andrea». L’ex Ds inforca gli occhiali, osserva il pubblico e inizia con una battuta: «Cari compagni, adesso si può dire, no?». Risate e applausi.
Simonetta, democratica in tutte le stagioni, si lascia andare con l’amica Anna: «Meglio di così non poteva iniziare».
Parte da lontano il ministro che iniziò a frequentare il «partito» dall’età di tredici anni da quando conobbe Guelfo Delrio, «un saldatore di una azienda di La Spezia che ogni giorni mi chiamava per dirmi cosa pensava la signora della porta accanto o il ristoratore sul partito». Ecco, sottolinea Orlando, «la politica è parlare, spiegare, ascoltare». Sottotitolo non rivelato, non si fa colpi a tweet e di prese di posizioni che lasciano ferite e causano le scissioni.
Il discorso di Orlando è una critica spietata a Renzi e al renzismo. «Ho visto che si dice che ci sarebbe un complotto dell’establishment contro il Pd. Sarebbe il primo auto-complotto della storia». E ancora: «Non possiamo non dire niente per due mesi sulla legge elettorale. Se la legge elettorale non cambia o si torna a votare entro sei mesi o si fanno le larghe intese e io non voglio né l’uno né l’altro».
Secondo Orlando, dopo la debacle del 4 dicembre l’autocritica non è stata sufficiente. «In alcune realtà del mezzogiorno il risultato è stato 90 a 10 per il No, ci rendiamo conto?». Eppoi c’è un elemento che ha determinato la crisi attuale del Nazareno: il risultato delle europee del 2014, il 40,8% «c’ha dato alla testa» allontanando il Nazareno dalla realtà. L’obiettivo resta sempre Matteo Renzi. «Un partito - insiste - non è credibile se non lo è nella Capitale d’Italia. Se dovessi diventare segretario non starei lontano dalle vicende di Roma». Quando pronuncia queste parole si raggiunge il picco di applausi. Poi la chiosa: «Gli uomini nascono liberi ed uguali». Fra i partecipanti in tanti si accorgono che Orlando, da diversamente renziano, oggi si pone come l’unica alternativa credibile a Matteo Renzi. E alla domanda perché abbia preso le distanze dall’ex premier «Andrea» non si scompone e rilancia: «È una conseguenza di questi anni di governo».
Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.
Da -
http://www.lastampa.it/2017/03/12/italia/politica/orlando-la-politica-parlare-spiegare-ascoltare-kIGj6rOVMGfP14UnfrN8EP/pagina.html