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Autore Discussione: Nicoletta Polla Mattiot Dario Fo: il vero lusso è coltivare la meraviglia  (Letto 2291 volte)
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« inserito:: Ottobre 15, 2016, 07:28:37 pm »

Una delle ultime interviste del Nobel
Dario Fo: il vero lusso è coltivare la meraviglia

    –di Nicoletta Polla Mattiot 14 ottobre 2016

Per una volta il dono della sintesi andrebbe disatteso. Come pure il valore della misura e il senso del limite. Incontrare novant’anni di vita debordante di tutto, di troppo, significa accettare la prima regola del teatro, l’improvvisazione. Più che rassegnarsi all’incompletezza, si coglie l’estro del frammento. La capacità di creare meraviglia, da qualunque punto si cominci. Dario Fo mi accoglie nel suo studio con un grembiule da pittore, le mani variopinte di tempera e una di quelle «stramberie fantasticanti» che danno più saggezza alla vita. «Sai di avere nella schiena i segni dell’attacco delle ali? Potevi volare! E i segni delle branchie? Potevi essere un pesce». Ero venuta qui per sapere dal maestro di teatro e di letteratura, dal Nobel che ha avuto «un’esistenza esagerata, e nessun rimpianto», che cos’è davvero importante, irrinunciabile. Qual è il lusso dei lussi. La prima risposta è: «Darwin!»

Addio a Dario Fo

«Ho fatto una cosa folle, mi sono rimesso a studiare tutto quello che ha scritto. Cose stupefacenti sul piano del miracolo, della trasformazione, della metamorfosi degli esseri viventi. Non sono eccentricità di un folle, ma scienza. Io ho notato una cosa: i bambini, se tu fai un’affermazione qualsiasi, tipo “sta per piovere”, ti chiedono immediatamente perché. Tu gli rispondi “perché la terra ha bisogno di acqua” e loro ti ripetono perché. Come perché? Non potrebbe risolverla in un’altra maniera? Non potrebbe aprire un rubinetto? Un bambino vuole sapere, e soprattutto vuole la verità. Ama le fiabe, ma preferisce che tu gliele sviluppi in forma di verità. Ecco di cosa non si può fare a meno: di chiedere, di pensare, di avere dubbi, farsi delle idee, cercare di realizzare quello che contengono».

«Poi, io impazzisco per dipingere, raccontare storie attraverso incisioni e colori, metterli in relazione, cercando d’individuare la geometria stupenda che c’è nel disegnare e nel comporre, ma che si ritrova in tutto. Anche nel linguaggio, dove è metrica, ritmo. Il teatro ha bisogno del pubblico, di gente che partecipi, che si arrabbi, che ti insulti, che rida, che pianga, che si commuova, e soprattutto che si stupisca. Stupire, è questa la chiave di tutto, la fantasia, l’invenzione, l’immagine. Anch’io spero sempre di venir sorpreso, d’incontrare scoperte che non so spiegarmi».

Conferenza stampa in occasione della pubblicazione di ' Darwin. Ma siamo scimmie da parte di padre o di madre?' di Dario Fo (Fotogramma) 1/36

«Normalmente ricchezza è sinonimo di denaro, ma fare soldi non è sinonimo di arricchirsi. Ci si arricchisce di meraviglia. Di esperienze, slanci, sensazioni, di quello che migliora te e gli altri. Vale la pena di vivere solo per questo e per quell’altra cosa fondamentale, che è l’amore. Ma senza toglierne il fondamento, come ha fatto la religione, inventando un amore paradossale, metafisico, intriso di bellezza e armonia, ma in cui non c’è il fremito, il tremore, lo sgomento e appunto, l’incanto. Come può esserci amore senza sessualità? Allo stesso modo, non si può stare a guardare come va il mondo senza passione e quindi senza indignarsi e senza impegno, semplicemente distraendosi, pensando ad altro, facendo deviare l’attenzione da quel che conta, accettando di vivere anestetizzati».

La Festa del cinema di Roma rende omaggio a Dario Fo con il film «Lo svitato»

«Meglio dormire sereni e soddisfatti del nulla? Starsene tranquilli in un mondo asfittico, senza affacciare lo sguardo al di là del naso? Quando uno accetta le favole, se le sente ripetere e sa che gli stanno promettendo il falso – perché quel tal personaggio gli sta dicendo le stesse cose che quel tal altro già aveva millantato e disatteso, ed è già la terza, la quarta volta che ti raccontano la stessa storiella e tu la ingoi tranquillo, senza fare una piega e senza ribellarti, allora vuol dire che sei bollito, non hai più reazioni. Un uomo attento si accorge subito della menzogna perché ha memoria di sé. “Ma questo l’ho già sentito. Me l’hai già detto. Scusa, perché lo ripeti se non l’hai mantenuto?”. Io trovo, in ogni momento, motivi di orgoglio per essere uomini, capaci di far marciare l’evoluzione a velocità mille volte più rapida di qualsiasi altro animale. Trovo motivi di orgoglio persino per essere italiani, ma purtroppo devo andare di sguincio, fuori dal tempo, attraversare il Quattrocento, vedere il modo collettivo impressionante di realizzare città incredibili, Firenze, Milano, Venezia, e scoperte incredibili. L’aspetto terribile del presente è veder buttare via certi valori. Non teorici: vedere proprio sprecare ragazzi che sono un tesoro, talenti che andrebbero messi letteralmente a profitto e invece preferire perderli, farli andare all’estero».

    “Io non ho paura della morte, ma ho paura di chi mi dice di riposarmi, di chi mi indica come un fenomeno perché, a quest’età, ho ancora voglia di scossoni che risveglino la coscienza.”

«La bellezza è anche una forma di resistenza. Ma anziché fermarsi a dire che l’arte è importante, bisognerebbe farla contare davvero. In Francia il giro di denaro e posti lavoro che producono mostre, musei, cinema, libri, teatri, è sette volte superiore all’industria automobilistica (oltre il 3 per cento del Pil). Da noi non si può certo dire altrettanto. Per mia scelta, io sono qui che ancora lavoro, ogni giorno. Leggo, scrivo, guardo, mi confronto, continuo. Anche il Nobel, me lo sono dimenticato subito. Lo abbiamo deciso con Franca, immediatamente. Non abbiamo voluto dargli peso perché altrimenti era come sentirsi arrivati. Basta così, merito di essere lasciato in pace, di non far più fatica... Io ho scritto non so quante commedie, dopo, e quanti libri. Ho dipinto non so quanti chilometri quadrati di tela. Non ho mai smesso. Dei miei novant’anni, se ne sono resi conto gli altri. Io non ho paura della morte, ma ho paura di chi mi dice di riposarmi, di chi mi indica come un fenomeno perché, a quest’età, ho ancora voglia di scossoni che risveglino la coscienza. Ruzante diceva che “gran sorte è una vita piena di stralunamenti, come un albero che butta mille fiori e non gli importa di spampanarsi intorno…” Follia e allegrezza, aggiunte alla ragione, spingono a più lunga vita».

Questa intervista è stata pubblicata sul numero di How to spend it, mensile del Sole 24 Ore, 3 giugno 2016.

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Da - http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2016-10-14/dario-fo-vero-lusso-e-coltivare-meraviglia-110922.shtml?uuid=ADCGTScB
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